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Quando l'impresa è responsabile dei lavori mal eseguiti?

Interventi di manutenzione, quando l'impresa risponde dei lavori mal eseguiti.
Avv. Alessandro Gallucci 

L'impresa appaltatrice di interventi di manutenzione (o costruzione) di un edificio non è responsabile dei difetti e delle difformità dell'opera consegnata se dimostra di avere agito quale mera esecutrice materiale degli ordini imparatiti, senza possibilità di agire diversamente.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7373 del 13 aprile 2015, è tornata sulla questione sui limiti della responsabilità dell'appaltatore nel caso di contestazioni concernenti l'esistenza di vizi e difetti (anche gravi, ai sensi dell'art. 1669 c.c.) e di difformità dell'opera appaltata.

La norma generale che disciplina il contratto di appalto è l'art. 1655 c.c. che recita:

L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.

Si tratta di un contratto a prestazioni corrispettive (si paga a fronte della realizzazione di un'opera) con gestione del rischio connesso all'esecuzione dell'opera a carico di chi la deve realizzare, ossia dell'appaltatore, il quale assume un'obbligazione di risultato, cioè stipulando il contratto s'impegna a consegnare quanto pattuito.

Le norme successive all'art. 1655 c.c. disciplinano gli aspetti concernenti lo svolgimento del contratto Quando viene stipulato un contratto d'appalto sulla base di una delibera nulla. (si pensi ai pagamenti in acconto o per stato di avanzamento, cfr. art. 1665 c.c.) o le responsabilità nel caso di vizi, difetti e difformità (cfr. art. 1667-1669 c.c.).

Gestione a proprio rischio vuol dire anche e soprattutto assunzione di responsabilità rispetto al prezzo pattuito (salvo casi particolari le variazioni restano a carico dell'appaltatore) ed alla conformità dell'opera rispetto al progetto.

Eppure, ricorda sovente la Cassazione, esiste un'ipotesi rispetto alla quale il committente non può rimproverare all'appaltatore – che quindi va esente da responsabilità – che le cose non siano andate secondo i piani. Quando esattamente?

La sentenza n. 7373 ci ricorda che "l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo”.

Come dire: se l'appaltatore può dimostrare di aver fatto notare al committente che c'era qualcosa che non andava e che questi gli aveva di proseguire senza obiettare, egli potrà fare valere una sorta di “te lo avevo detto” che lo esonera da responsabilità per quelle specifiche problematiche evidenziate.

Se tale prova manca (si badi è sufficiente che manchi la prova del fatto e non che l'avvertimento non sia mai stato fatto) “l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore del lavori." (Cass. n. 8016 del 21/05/2012)” (Cass. 13 aprile 2015 n. 7373).

Una responsabilità gravosa che fa comprendere come l'appaltatore debba essere molto attento nell'esecuzione degli ordini e nelle modalità di contestazione degli stessi se vuole andare esente da responsabilità connesse anche agli errori altrui.

Da non perdere: Si distacca l'intonaco dopo l'esecuzione dei lavori di manutenzione. Paga l'impresa edile?

Sentenza
Scarica Cass. 13 aprile 2015 n. 7373
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