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Perché il committente può recedere dal contratto di appalto in qualsiasi momento?

Il condominio può sempre recedere dal contratto di appalto salvo il pagamento degli indennizzi.
Avv. Alessandro Gallucci 

In tema di recesso dal contratto di appalto è da ritenersi lecito il recesso ad nutum (ossia senza necessità di giustificazione) esercitato dal committente, purché l'appaltatore sia tenuto indenne dalle conseguenze di tale scelta nei modi indicati dalla legge.

La Cassazione, con la sentenza n. 21595, depositata in cancelleria il 13 ottobre 2013, è tornata ad occuparsi della disciplina del recesso dal contratto di appalto e lo ha fatto, conformemente ai propri precedenti, ricordando che il committente è libero di sciogliere il vincolo contrattuale poiché l'appaltatore non ha nessun interesse o diritto a finire l'opera o il servizio commissionato, salvo il diritto a vedersi indennizzato per l'esercizio di tale facoltà.

La sentenza citata riguarda un contratto di appalto per la prestazione di un servizio, ma il principio espresso è tranquillamente applicabile anche ai contratti per le opere edili.

Contratto di appalto

L'art. 1655 c.c. definisce l'appalto come "il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro".

Il contratto di appalto, dicono dottrina e giurisprudenza, è un contratto a prestazioni corrispettive:

a) il committente deve pagare il prezzo pattuito;

b) l'appaltatore, con gestione e a proprio rischio, deve realizzare l'opera o prestare il servizio affidatogli.

Quella dell'appaltatore è un'obbligazione di risultato; in buona sostanza egli è tenuto a realizzare quanto deciso e l'errata realizzazione o la mancata o ritardata esecuzione dell'opera, salvo il caso di circostanze eccezionali estranee alla sua volontà, restano a suo totale carico.

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L'appaltatore, si diceva appena sopra, ha l'obbligo di realizzare quanto commissionatogli, ma non il diritto a portare a termine ciò.

È chiaro in tal senso l'art. 1671 c.c. a mente del quale:

Il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

Come dire: "ti affido l'opera ma posso bloccarti, salvo riconoscerti tutto quello che ti spetta e ti sarebbe spettato se l'avessi portata a termine" (chiaramente se non vi sono contestazioni, poiché in tal caso la situazione diviene più complessa ed il recesso non è la soluzione).

In tal senso la Cassazione, nella sentenza n. 21595, ha ribadito che "mentre è preclusa al committente la facoltà di risolvere unilateralmente il contratto per inadempimento dell'appaltatore, non essendo egli titolare di poteri di autotutela, l'esercizio del diritto di recesso non è subordinato a particolari presupposti, ma può aver luogo per qualsiasi causa, il cui accertamento non è neppure richiesto ai fini della legittimità del recesso, non essendo configurabile un diritto dell'appaltatore alla realizzazione dell'opera o allo svolgimento del servizio, la cui prosecuzione risponde esclusivamente all'interesse del committente (cfr. Cass., Sez.

II, 2 maggio 2011, n. 9645; 24 aprile 2008, n. 10742; 29 luglio 2003, n. 11642)" (Cass. 13 ottobre 2014 n. 21595).

Che poi altro non vuol dire, tradotto in ambito condominiale, che: il condominio può sempre recedere dal contratto di appalto, salvo pagamento degli indennizzi nella misura individuata dalla legge.

Quando viene stipulato un contratto d'appalto sulla base di una delibera nulla.

Sentenza
Scarica Cass. 13 ottobre 2014 n. 21595
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