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L'impresa ha diritto al compenso pattuito anche se il committente contesta la regolarità delle opere

Il diritto dell'impresa al compenso pattuito è tutelato anche in caso di contestazioni sulle opere, a condizione che il committente non richieda l'eliminazione dei vizi riscontrati.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il titolo può sembrare una provocazione e pure le cose stanno davvero così. Lo ha detto la Cassazione, in verità senza affermare nulla di nuovo, con la sentenza n. 20707 depositata in cancelleria il 10 settembre 2013.

Vediamo più da vicino perché si è arrivati a questa decisione.

Il contesto è quello classico che porta a questo genere di contenzioso. Un'impresa esegue delle opere che non vengono, a dire del committente, realizzate a regola d'arte: insomma ci sono dei difetti.

Costruzione,il termine per la denuncia dei vizi decorre dal momento della loro conoscenza

Il committente non paga l'appaltatore che, allora, propone ricorso per decreto ingiuntivo. L'opposizione della stazione appaltante viene accolta in primo e secondo grado. Da qui il ricorso per Cassazione il cui esito è sintetizzato nel titolo.

Norme di riferimento per l'azione di garanzia contrattuale nell'ambito dell'appalto sono gli artt. 1667-1668 c.c.

Il primo, rubricato Difformità e vizi dell'opera, recita:

L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta.

La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.

L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.

L'art. 1668 c.c. completa il precedente specificando che:

Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore.

Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto.

Denuncia dei difetti entro sessanta giorni dalla scoperta e azione entro due anni dalla consegna dell'opera. Un mix che può portare facilmente ad incorrere in decadenze.

In questo contesto il committente può chiedere alternativamente la riparazione ad opere dell'appaltatore, la riduzione del prezzo e nei casi più gravi la risoluzione del contratto.

E se chiede solo il risarcimento del danno? Allora l'appaltatore avrà diritto al compenso pattuito.

In questo senso la sentenza della Cassazione citata in principio, sulla scorta d'un consolidato orientamento, ha specificato che "in tema di appalto, qualora il committente, rilevata l'esistenza di vizi dell'opera, non ne pretenda l'eliminazione diretta da parte dell'esecutore del lavoro, chiedendo, invece, il risarcimento del danno per l'inesatto adempimento, il credito dell'appaltatore per il corrispettivo permane invariato".

Che poi nel caso specifico sottoposto alla sua attenzione è significato rinvio della causa alla Corte d'appello competente che dovrà decidere in base a questo principio di diritto.

E' chiaro che in condizioni del genere è molto facile la compensazione tra compenso e risarcimento con saldo a favore di chi ha diritto alla somma più alta.

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