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Parcheggi abusivi e selvaggi nelle parti condominiali: i poteri di intervento dell'amministratore di condominio

Ma quali sono poteri di intervento ha l'amministratore per evitare i parcheggi abusivi in condominio?
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 

Le liti sulle modalità di utilizzo dei parcheggi condominiali sono tra le più ricorrenti fra i condòmini e si registrano soprattutto negli edifici più datati, che hanno spazi per parcheggiare inadeguati a contenere i mezzi in possesso dei residenti, sia perché i mezzi moderni sono di dimensioni più imponenti rispetto al passato e sia perché i condòmini moderni possiedono più mezzi.

Ma si sa che modernità e gestione privata non sempre vanno di pari passo con le leggi, soprattutto quando l'area di parcheggio condominiale non risponde a soluzioni organizzative adatte ai condòmini. A tal proposito si osserva che le norme sul condominio non prescrivono specifiche misure per i parcheggi sulle parti comuni, e pertanto non resta che affidarsi al buon senso, sebbene il D.P.R. 495/1992 stabilisca le dimensioni minime, per un parcheggio auto su uno spazio libero da ingombri. In particolare le dimensioni devono corrispondere almeno a 4,5 x 2,3 metri, anche se al giorno d'oggi 2,50 metri di larghezza, per uno stallo, potrebbero anche non bastare, per alcune auto moderne, se si conteggiano le corsie di manovra.

A ciò si aggiunga il fatto che l'Italia detiene il primato europeo di auto private pro-capite, che rappresenta un problema non soltanto per l'inquinamento atmosferico, ma anche per l'amministratore di condominio.

Basti pensare che sono all'ordine del giorno le segnalazioni dei condòmini, che lamentano parcheggi abusivi di mezzi negli spazi condominiali e pretendono pure interventi risolutivi ed immediati degli amministratori.

Ma quali poteri di intervento ha l'amministratore per evitare i parcheggi abusivi in condominio?

Innanzitutto, sebbene possa sembrare scontato, occorre evidenziare che un parcheggio può definirsi abusivo quando viene effettuato in uno spazio non abilitato alla sosta, come nel caso in cui un mezzo venga parcheggiato nei pressi di un cancello o davanti ad un portone o innanzi alla serranda di un garage, o anche in un'area destinata alla manovra o perfino in modo tale da impedire ad altro mezzo di parcheggiare in uno spazio adibito alla sosta o di poter circolare e così via.

In questi casi è bene precisare che non sono ammesse forme di autotutela, tipo la rimozione forzata del mezzo, con l'intervento di ditte specializzate, in quanto la ditta di soccorso stradale, eventualmente incaricata dal singolo condomino, non può procedere a rimuovere un veicolo in sosta nell'area condominiale, anche se ostacola il libero godimento dei beni personali (Cass. n. 3180/2011). L'amministratore non può procedere a rimuovere, per esempio, un ciclomotore posteggiato sotto il portico del condominio, anche se siano presenti cartelli con l'indicazione "proprietà privata divieto di sosta" e con l'avvertimento che i motoveicoli vengono rimossi a spese dei trasgressori, in quanto, eventualmente, spetta alla polizia stradale effettuare la rimozione coattiva e non al condominio (Cass. n. 10323/2008).

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È noto che la rimozione forzata dei veicoli, generalmente riguarda l'ambito pubblico ed è di competenza della polizia municipale, della polizia di stato o dell'arma dei carabinieri, tant'è che prelevare un'auto in parte privata, senza autorizzazione di un pubblico ufficiale, equivale ad esercitare abusivamente le proprie ragioni. Basti pensare che anche nel caso in cui, per esempio, un'auto sia stata abbandonata in un cortile condominiale, senza targhe, con le ruote bucate ed in evidente stato di degrado, è sempre necessario rivolgersi alla polizia municipale, per farla rimuovere, non essendo ammesso chiamare direttamente il carro attrezzi.

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Nel caso di specie, al massimo, qualora il mezzo fosse fuori uso e destinato alla demolizione, cioè risultasse in evidente stato di abbandono e/o sia privo delle targhe, potrebbe essere considerato come un "rifiuto speciale", ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs 5 febbraio 1997, n. 22, e s.m.i., così come stabilito dall'art. 3 del D.Lgs. n. 209 del 2003 relativo ai veicoli fuori uso (Cass. Pen., n. 40747 del 02/04/2013).

Ma anche in questo caso l'amministratore non potrebbe agire direttamente, chiamando il carro attrezzi, in quanto dovrebbe dapprima rintracciare ed invitare il proprietario dell'auto a rimuoverla e solo a seguito di perpetrata negligenza potrebbe rivolgersi all'Autorità Giudiziaria, chiedendo la pronuncia di un provvedimento di urgenza, ex art 700 c.p.c., per ottenere l'autorizzazione alla rimozione, da eseguire secondo le modalità individuate dal giudice.

Peraltro, neanche un regolamento di condominio potrebbe prevedere la rimozione forzata di un'auto in sosta abusiva nelle parti comuni, con addebito di spese a carico dei protagonisti del parcheggio irregolare.

Il regolamento di condominio, al massimo, potrebbe prevedere delle sanzioni pecuniarie nei limiti dell'art. 70 disp. att. c.c., per infrazioni a norme regolamentari riferite alle modalità di parcheggio, e cioè il pagamento di una somma da 200,00 euro in su, fino a 800,00 euro in caso di condotta reiterata, che in ogni caso andrebbe irrogata con delibera dall'assemblea.

Nel caso in cui, invece, un'auto dovesse impedire l'ingresso ad un garage privato, per esempio, si potrebbe configurare un vero e proprio reato a carico del parcheggiatore abusivo, che si rifiutasse di rimuovere il veicolo, nonostante la richiesta della persona offesa, in quanto tale condotta andrebbe ad integrare il reato di "violenza privata" di cui all'art. 610 c.p. (Cass. SS.UU. n. 28487/13).

È ovvio che nell'ipotesi la competenza a sporgere la denuncia spetterebbe, di sicuro, alla persona offesa, che dovrebbe recarsi presso polizia o carabinieri, provvedendo a descrivere i fatti, meglio se con testimoni, fornendo quantomeno delle fotografie, meglio se con data impressa, per poter agire penalmente contro il colpevole.

In effetti la denuncia può essere sporta da chiunque venga a conoscenza di un reato, ma nel caso del condominio l'amministratore avrebbe bisogno di una delibera assembleare, che lo autorizzi in tal senso, dovendosi muovere nell'area della dialettica condominiale e quindi degli attriti tra condòmini e non potendo discernere tra i comportamenti abusivi quelli integranti violenza privata. L'azione diretta dell'amministratore di condominio a tutela dello stato di fatto del bene comune non si estende alle azioni che non afferiscono ad atti conservativi, tant'è che rappresenta un orientamento giurisprudenziale consolidato il principio secondo il quale l'amministratore non è legittimato ad esperire azioni reali contro i singoli condòmini senza autorizzazione assembleare (Cass, n. 3044/2009).

D'altronde anche per sporgere querela in relazione ad un reato per un danno perpetrato al patrimonio condominiale l'amministratore ha bisogno sempre di uno specifico mandato assembleare, in quanto la querela non rientra negli atti di gestione dei beni (Cass. n. 2347/2016).

A proposito di violenza privata, il reato di cui all'art. 610 c.p. si configura anche nel caso in cui un'auto venga parcheggiata a filo di un'altra, in modo tale da impedire al conducente di aprire lo sportello lato guida e ciò anche se lo sportello lato passeggero fosse libero (Cass. n. 53978/17).

Sotto tale profilo è meglio precisare che parcheggiare un'auto nell'area condominiale rendendo difficoltosa la manovra in entrato o uscita delle altre auto non integra il reato di violenza privata, se tale condotta si limita a ridurre la larghezza del passaggio utile, in quanto per la configurazione dello stesso reato è necessario che il passaggio sia completamente inibito al passaggio, quindi bisogna che sussista un impedimento assoluto alla libertà di movimento (Cass. n. 1912/18).

In ogni caso, non spetta all'amministratore stabilire quando un parcheggio abusivo possa integrare il reato di violenza privata, in quanto lo stesso amministratore ha soltanto il potere di richiamare al rispetto delle regole il parcheggiatore abusivo, dietro segnalazione scritta del condomino, e solo nel caso in cui lo stesso abusivo si dimostri indifferente al richiamo, al massimo potrebbe sottoporre la questione al vaglio dell'assemblea condominiale, su richiesta dell'interessato, ex articolo 1117 quater del Codice civile, a tutela delle destinazioni d'uso.

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