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Pagare le spese del condominio evita l'usucapione?

L'usucapione dell'unità immobiliare sita in condominio è impedita dal pagamento degli oneri condominiali da parte del proprietario.
Avv. Mariano Acquaviva 

L'usucapione consente di acquistare la proprietà altrui mediante il possesso prolungato, ininterrotto, pacifico e pubblico del bene. Per ciò che concerne gli immobili, occorre che tale condizione si protragga per almeno venti anni, senza azioni violente né clandestine. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: pagare le spese del condominio evita l'usucapione?

Si consideri il caso dell'appartamento condominiale occupato per lungo tempo da una persona diversa dal titolare: quest'ultimo potrà paralizzare l'eventuale azione volta a ottenere l'accertamento dell'usucapione dimostrando di aver regolarmente pagato le rate condominiali? Vediamo cosa ne pensa la giurisprudenza.

Si può usucapire l'appartamento condominiale?

Non ci sono dubbi sul fatto che l'appartamento condominiale sia suscettibile di acquisto per usucapione, ricorrendo i comuni requisiti brevemente elencati in apertura.

L'unità immobiliare sita all'interno dell'edificio condominiale costituisce infatti una proprietà privata a tutti gli effetti, suscettibile di usucapione ventennale come ogni altro bene immobile.

Si possono usucapire le parti comuni del condominio?

Nemmeno ci sono dubbi circa la possibilità di usucapire le parti comuni del condominio, come ad esempio il tetto, il lastrico solare, il giardino o le scale (cfr. Cass., sent. n. 20039 del 6 ottobre 2016).

Perché ciò possa avvenire occorre però che il singolo condomino, in spregio ai diritti degli altri, faccia un utilizzo egoistico ed esclusivo del bene o del servizio comune, escludendo tutti gli altri.

L'ipotesi è implicitamente contemplata nel terzo comma dell'art. 1102 c.c., secondo cui «Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso».

È il caso del condomino dell'ultimo piano che utilizza solo per sé il sottotetto o il tetto, impedendo agli altri di accedere cambiando il lucchetto della porta d'accesso, oppure del condomino che occupa stabilmente, in modo esclusivo e prolungato, lo stesso spazio all'interno del cortile.

Secondo la Suprema Corte, «il comproprietario che sia nel possesso del bene comune può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri comunisti, senza necessità di interversione del titolo del possesso e, se già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, a tal fine occorrendo che goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa comune» (Cass., sent. n. 24781/2017).

Pari uso della cosa comune e situazione di forte sbilanciamento tra i condomini

Il proprietario che continua a pagare le spese condominiali evita l'usucapione?

Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 9530 del 30 aprile 2014), il pagamento degli oneri condominiali è una condotta che manifesta, in modo inequivocabile, la volontà del titolare di continuare a interessarsi della sua proprietà esclusiva, anche se la stessa è occupata da un'altra persona.

Ciò significa che l'assolvimento dell'obbligo inerente al pagamento delle rate condominiali è idoneo a paralizzare l'altrui pretesa volta ad ottenere l'accertamento dell'usucapione del bene.

Insomma: l'usucapione dell'unità immobiliare sita in condominio è impedita dal pagamento degli oneri condominiali da parte del proprietario, trattandosi di condotta che manifesta un'evidente volontà di non disinteressarsi del bene stesso.

Il pagamento delle imposte è sufficiente per usucapire un immobile?

Dalla lettura a contrario dei principi finora illustrati deriva un'altra circostanza: il semplice pagamento delle spese riconducibili all'immobile non è sufficiente a far maturare l'usucapione, essendo invece necessario quel rapporto materiale con il bene stesso che è tipica manifestazione dell'animus domini.

Tanto si evince dall'orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass., n. 5226 del 12 aprile 2002) secondo cui, affinché il coerede possa usucapire la quota degli altri, occorre che egli abbia goduto del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziale una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus.

Ma c'è di più: «Tale volontà non può essere desunta dal semplice fatto che il coerede abbia amministrato il bene ed abbia provveduto alla sua manutenzione e al pagamento delle imposte giacché si deve presumere che tali attività siano state compiute nella qualità di coerede.

Ne discende che per invocare l'usucapione del bene ereditario occorre dimostrare che il rapporto materiale con il bene stesso si è verificato in modo tale da escludere, con palese manifestazione del volere, gli altri coeredi dalla possibilità di instaurare analogo rapporto con il medesimo bene».

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