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Opponibilità del regolamento contrattuale di condominio

Il regolamento contrattuale non trascritto è opponibile all'acquirente se è richiamato nell'atto di compravendita?
Avv. Mariano Acquaviva 

Il regolamento contrattuale del condominio è l'unica fonte in grado di derogare perfino ad alcune previsioni di legge. Ad esempio, con regolamento approvato all'unanimità i proprietari potrebbero stabilire un criterio di ripartizione delle spese diverso da quello millesimale, oppure che determinati beni, normalmente comuni, siano attribuiti alla titolarità solo di alcuni. Il problema però è che queste clausole non sono efficaci nei confronti di tutti.

È perciò il caso di approfondire il tema riguardante l'opponibilità del regolamento contrattuale di condominio.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 6357 del 25 febbraio 2022) ha affrontato proprio questo aspetto, stabilendo se le clausole non trascritte che limitano la destinazione d'uso delle singole unità immobiliari sono efficaci anche nei confronti dell'acquirente successivo al primo, cioè di chi compra non direttamente dal costruttore bensì da chi aveva già una casa in condominio.

Qual è stata la risposta dei supremi giudici? Come funziona l'opponibilità del regolamento contrattuale di condominio? Scopriamolo insieme.

Regolamento contrattuale: cos'è?

È contrattuale il regolamento approvato all'unanimità dei condòmini. Poiché tale evenienza è a dir poco rara, a questa circostanza è equiparato il regolamento predisposto dall'originario proprietario unico del fabbricato (in genere, la società che l'ha costruito) e poi fatto accettare a tutti gli acquirenti al momento della stipula del contratto con cui diventano proprietari delle singole unità immobiliari di cui è composto lo stabile.

In questo modo, il regolamento diventa parte integrante dei singoli contratti e, poiché è uguale per tutti, finisce per diventare lo "statuto" a cui tutti devono adeguarsi.

Regolamento contrattuale: cosa prevede?

L'art. 1138 cod. civ. dice che il regolamento di condominio stabilisce "le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione".

Il regolamento contrattuale può andare ben oltre queste previsioni, potendo incidere perfino sulle singole proprietà private.

Ad esempio, il regolamento contrattuale può derogare all'elenco delle parti comuni incluse nell'art. 1117 c.c., assegnando un bene a un singolo condomino (ad esempio, il lastrico solare), così come può derogare ai criteri legali di ripartizione delle spese.

Il regolamento contrattuale può perfino incidere sulle proprietà private, vincolandone la destinazione d'uso. Ad esempio, le clausole potrebbero stabilire che le unità immobiliari presenti nel fabbricato non possano essere adibite a studio professionale o ad attività commerciale per preservare la quiete all'interno dell'edificio.

Opponibilità del regolamento contrattuale: il caso

Il regolamento contrattuale è opponibile agli acquirenti successivi al primo? Di questo si è occupata la sentenza della Corte di Cassazione (la numero 6357 del 25 febbraio 2022). Il caso sottoposto agli ermellini è il seguente.

Una fondazione benefica acquistava un immobile all'interno di un condominio; per dare attuazione ai propri scopi statutari, il bene veniva ceduto in comodato ad una Onlus che lo ristrutturava destinandolo ad ambulatorio medico per extracomunitari privi del permesso di soggiorno

L'assemblea, però, vietava all'Organizzazione di svolgere la propria attività, in quanto il regolamento condominiale avrebbe vietato lo svolgimento dell'attività ambulatoriale.

In effetti, il regolamento prevedeva testualmente che fosse «vietata qualsiasi attività dei Condomini nelle proprietà esclusive che sia incompatibile con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini o con il decoro dell'edificio e con la sua sicurezza».

La fondazione proprietaria si difendeva sostenendo che il regolamento condominiale non fosse opponibile nei suoi confronti in quanto non trascritto nei pubblici registri immobiliari.

Il giudice di primo grado accoglieva la tesi della fondazione: il regolamento condominiale, mai trascritto, non poteva valere nei confronti del convenuto che, avendo acquistato l'immobile successivamente, doveva essere considerato come "parte terza acquirente".

Il giudice di prime cure sottolineava poi un ulteriore elemento: l'atto di acquisto non conteneva alcuno specifico riferimento al regolamento condominiale, limitandosi ad affermare, in maniera del tutto generica, che alla compratrice competeva la proporzionale quota di comproprietà sulle parti comuni dell'edificio.

Di conseguenza, eventuali divieti contenuti nel regolamento, non potevano essere azionati contro il terzo acquirente.

La Corte d'appello ribaltava la sentenza di primo grado: il regolamento di condominio, anche se non trascritto e, quindi, non legalmente conoscibile dalla fondazione-acquirente, poteva essere fatto valere indirettamente, attraverso una clausola contenuta nell'atto di acquisto con cui si attribuiva all'acquirente «la proporzionale quota di comproprietà condominiale nelle parti comuni dell'edificio, come per legge e regolamento», nonché con un richiamo all'atto di acquisto del suo dante causa «atto al quale le parti fanno ampio richiamo» in cui il precedente proprietario aveva dichiarato di «di ben conoscere ed accettare il Regolamento condominiale indicato in tutti i suoi estremi formali».

Regolamento contrattuale: i divieti sono opponibili se trascritti

Opponibilità del regolamento contrattuale: la decisione

Il regolamento contrattuale non trascritto è opponibile all'acquirente successivo al primo? La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, accoglie la tesi della parte convenuta.

Secondo gli ermellini, i vincoli limitativi la destinazione della proprietà esclusiva contenuti nel regolamento condominiale non trascritto non possono essere opposti al terzo acquirente.

La Suprema Corte ricorda come le clausole contenute nel regolamento di condominio che, vietando lo svolgimento di determinate attività, impongono dei limiti al godimento della proprietà esclusiva, devono essere approvate espressamente, col consenso di tutti i condòmini. Questo, ovviamente, vale al momento di perfezionamento ed approvazione del regolamento condominiale.

Successivamente cosa accade? Secondo la Cassazione, i vincoli regolamentari possono essere opposti ai successivi acquirenti-condòmini solo ove il regolamento sia stato trascritto.

Trascrizione del regolamento contrattuale

La Cassazione spiega anche come giungere all'opponibilità del regolamento contrattuale, a seconda della sua diversa genesi. Le possibilità, sostanzialmente, sono due:

  • il caso tipico è rappresentato dal regolamento redatto dall'unico proprietario-costruttore che, prima di procedere alla vendita del primo immobile, redige il regolamento che viene poi allegato al primo atto pubblico di vendita.

    In questo modo, trascritta la vendita, si trascrive il regolamento;

  • nel caso di regolamento contrattuale assembleare, invece, approvato il regolamento da parte dell'assemblea, bisogna rivolgersi ad un notaio per il deposito dell'atto e chiedere la relativa trascrizione.

Clausole che limitano la destinazione d'uso: quando sono opponibili?

Ponendosi nel solco di pacifica giurisprudenza (ex multis, Cass. civ., n. 21024/2016; Cass. civ., n. 6769/2018; Cass. civ., n. 24188/2021), la Cassazione ha ricordato che, nel caso di regolamento non trascritto, le clausole che impongono limiti alle proprietà esclusive valgono solo se il terzo acquirente le abbia specificatamente accettate nel contratto d'acquisto, non essendo sufficiente una clausola generica con cui si accetta il regolamento condominiale.

Opponibilità del regolamento contrattuale: il principio

A questo punto la Cassazione, nel cassare la sentenza impugnata, ha rinviato alla Corte d'appello fissando il seguente principio di diritto: «la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche; ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c.

In assenza di trascrizione, peraltro, queste disposizioni del regolamento, che stabiliscono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che nel medesimo contratto d'acquisto prenda atto in maniera specifica del vincolo reale gravante sull'immobile, manifestando tale presa d'atto con una dichiarazione di conoscenza comprendente la precisa indicazione dello ius in re aliena gravante sull'immobile oggetto del contratto».

Regolamento di condominio di natura contrattuale e limiti d'uso, come si interpretano le clausole?

Sentenza
Scarica Cass. 25 febbraio 2022 n. 6357
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