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Non sempre lo stato di vetustà dell'edificio richiede interventi urgenti

Nessuna responsabilità per mala gestio se l'amministratore esegue il mandato con diligenza, tanto più se ha dato attuazione ad un ordine proveniente da un organo amministrativo.
Avv. Adriana Nicoletti 

Le norme del Codice civile ripartiscono, in modo netto, le competenze dell'amministratore e quelle riservate all'assemblea. Al primo è stata affidata la gestione ordinaria del condominio, alla seconda il potere discrezionale di assumere le decisioni di carattere straordinario, che si vanno ad aggiungere a tutta una serie di attribuzioni di diversa natura e che sono state tutte codificate nella normativa vigente.

Nello svolgimento dell'incarico amministrativo il rappresentante del condominio, ora parificato al mandatario, è sottoposto al rispetto di un codice etico che lo rende responsabile per i danni derivanti dalla violazione delle elementari regole che disciplinano il rapporto che si instaura con il condominio e con i singoli condomini.

Rigettata la domanda di risarcimento nei confronti dell'amministratore per non essere stato scrupoloso. Fatto e decisione

Avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Velletri aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno, derivato dall'inosservanza del dovere di diligenza tipico dell'amministratore del condominio (proposta nei confronti di questi in proprio e nella qualità), il soccombente proponeva appello chiedendo che la Corte, accertata la responsabilità personale, contrattuale ed extracontrattuale, dell'amministratrice condannasse la stessa al risarcimento dei danni, materiali e morali, connessi ad una serie di omissioni ed irregolarità effettuate nel corso del suo mandato.

Mancanze che consistevano sostanzialmente nel non avere proceduto alla conservazione dello stabile (tramite l'esecuzione di lavori urgenti e necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria che interessavano tetto e facciata) e nel non avere garantito il decoro architettonico dell'edificio.

In particolare, l'appellante addebitava al giudice di prime cure l'errore di avere violato e falsamente applicato gli artt. 1129, 1130 e 1135 c.c., naturalmente preordinati a disciplinare i compiti dell'amministratore di condominio e la conseguente sua responsabilità in caso di inadempimento.

La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 3349 resa in data 14 maggio 2024, ha rigettato l'appello per infondatezza, con conseguente conferma della sentenza oggetto di gravame.

Il Collegio, nel richiamare le osservazioni del primo giudice in merito alla parificazione tra rapporto amministratore-condominio e mandante-mandatario, ha ribadito, come già rilevato dalla Corte di cassazione (sent. 25 maggio 2016, n. 10865), che "quanto al rapporto tra l'art. 1130 c.c. e l'art. 1135 c.c. (opere straordinarie), gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale" e non dell'amministratore.

Nel caso di specie, quanto ai lavori ritenuti urgenti e come tali asseritamente soggetti al disposto dell'art. 1135, co. 2, c.c., il verbale dei VVFF aveva accertato uno stato di vetustà, ma non un pericolo di imminente crollo della struttura (tetto dell'edificio), escludendo un attuale pericolo per le persone.

Situazione che non era mutata neppure a fronte dell'interdizione dell'area, da adottarsi in via meramente cautelativa, in attesa delle decisioni che avrebbe assunto l'assemblea.

Peraltro, dagli atti era risultato che l'amministratrice aveva proceduto a convocare le riunioni nelle quali si era discusso della urgente manutenzione dell'edificio e che le relative decisioni erano state rinviate all'esito dell'approvazione delle tabelle millesimali, in conseguenza delle quali era stato, comunque, conferito incarico ad un tecnico di ottemperare a quanto ordinato dall'Ufficio tecnico comunale in merito all'intervento dei VVFF.

Da ciò il corretto rigetto dell'appello.

Considerazioni conclusive

La decisione della Corte romana si inserisce nel nuovo quadro legislativo che ha definitivamente inserito il rapporto di amministrazione nell'ambito del mandato. L'art. 1129, co. 15, c.c., infatti, ha espressamente stabilito che si applicano le disposizioni relative al mandato (artt. 1703-1730, c.c.) se compatibili ed ove particolari aree di pertinenza condominiale non siano disciplinate.

In considerazione del contenuto dell'atto di citazione ciò che è stato imputato all'amministratrice del condominio era di non aver assolto il proprio mandato in conformità al disposto dell'art. 1710 c.c. secondo il quale "il mandatario è tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia", ma con la previsione di minore rigorosità nella valutazione della eventuale responsabilità nel caso in cui il mandato sia gratuito (secondo comma).

La ratio di tale mitigazione della responsabilità è stata ispirata dalla necessità di considerare con un occhio di riguardo la posizione del mandatario che presti l'incarico per amichevole favore. Questo, tuttavia, non esclude che una volta accertato l'inadempimento il soggetto non ne debba rispondere.

La norma potrebbe trovare applicazione nell'ambito dei condomìni formati da un numero pari o inferiore ad otto unità immobiliari e per i quali non sussiste l'obbligatorietà della nomina dell'amministratore.

Secondo la giurisprudenza "la diligenza del buon padre di famiglia (art.1710 cod. civ.), si identifica con quella diligenza che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, consapevole dei propri impegni e delle relative responsabilità.

Pertanto, è sulla scorta di tale criterio, di generale applicazione in tema di adempimento delle obbligazioni (art.1176 cod. civ.), che deve valutarsi la condotta del mandatario, onde stabilire se egli sia venuto meno alle sue obbligazioni nei confronti del mandante…" (Cass. 18 maggio 2009, n. 11419).

Da ciò consegue che il mandatario per liberarsi da qualsivoglia responsabilità deve dimostrare di non aver omesso di compiere gli atti che sono riferibili al contenuto del mandato a lui conferito.

Questo principio di carattere generale si deve coniugare con il contenuto delle attribuzioni proprie dell'amministratore previste dagli artt. 1130 e 1135 c.c.

Quanto alla prima disposizione occorre prendere in considerazione il n. 4, secondo il quale l'amministratore deve "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio". L'attività richiede, da parte dell'amministratore, un costante monitoraggio delle condizioni dello stabile che si realizza attraverso la messa in campo di interventi (consistenti in opere edilizie oppure azioni giudiziarie) finalizzati ad evitare pregiudizi alle parti comuni ed alle proprietà esclusive, così provvedendo ad una corretta custodia dell'edificio da lui gestito ed unitariamente considerato (Cass. 31 gennaio 2018, n. 2436).

In buona sostanza l'amministratore se vigila, previene ed interviene pone in atto quel comportamento caratterizzato dalla diligenza del buon padre di famiglia che fa escludere una sua responsabilità per infedele esercizio del mandato.

Per quanto concerne, poi, il dettato dell'art. 1135 c.c., che rimette all'assemblea e non all'amministratore la decisione di eseguire opere di carattere straordinario, ad eccezione del caso in cui queste rivestano carattere urgente, va detto che, per queste ultime, l'amministratore ne dispone l'immediata attuazione in relazione alla loro indifferibilità. Ma - come detto - questo non era il caso prospettato dall'attore.

Mentre, per concludere, giova evidenziare che nella fattispecie sussistevano documenti pubblici (il verbale dei VV.FF. ed il rapporto dei carabinieri) che, pur escludendo l'urgenza dei lavori, avevano indicato quali fossero gli interventi da adottare a scopo cautelativo e non urgente al fine di garantire la sicurezza di persone e cose. Avendo l'amministratrice dato corso a tale invito non era stato fatto altro che dare esecuzione ad un provvedimento amministrativo evitando, in caso contrario, di commettere una grave irregolarità che avrebbe potuto determinare la revoca giudiziaria della stessa ai sensi dell'art. 1129, co. 12, n. 2, c.c.

Sentenza
Scarica App. Roma 14 maggio 2024 n. 3349
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