In tema di locazioni, in assenza di un contratto scritto, il contratto verbale è nullo ed improduttivo di effetti. Nel caso in cui la forma verbale sia stata, quindi, concordata liberamente tra le parti, si applicano i principi generali in tema di nullità.
Pertanto, in questi casi, il locatore non ottiene né il pagamento dei canoni arretrati né lo sfratto del conduttore.
La domanda, infatti, è conseguente all'accertata risoluzione del contratto e risulta quindi basata su causa petendi infondata.
Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Bari con la sentenza n. 1367 del 10 marzo 2016 in merito alla nullità del contratto di locazione non registrato.
I fatti di causa. Tizio (locatore e proprietario di un immobile) con atto di citazione adiva il competente Tribunale al fine di ottenere la convalida dello sfratto per morosità nei confronti di Caio (conduttore).
In particolare l'attore precisava di aver formalizzato il rapporto locatizio mediante denuncia di contratto verbale di locazione e di affitto di beni immobili presso gli Uffici dell'Agenzia delle Entrate di Bari; per tali ragioni, chiedeva al giudice adito la fissazione della data del rilascio e l'ingiunzione dei canoni di locazione non pagati.
Costituendosi in giudizio, il conduttore contestava in toto le pretesa dell'attore; in particolare, evidenziava l'assenza di alcun contratto sottoscritto dalle parti, riconducendo il rapporto in questione nella fattispecie del comodato oneroso o modale.
Il convenuto, quindi, chiedeva al tribunale adito di far dichiarare l'inesistenza e/o nullità del contratto.
L'assenza della forma scritta: nullità del contratto e la nullità di protezione. Dal punto di vista normativo, (l'art. 1, comma 4, legge n. 431/1998) richiede la forma scritta quale requisito essenziale per la validità del contratto di locazione per usi abitativi.
Il contratto intercorso tra le parti solo verbalmente, pertanto, è nullo per difetto di forma ad sustantiam (artt. 1350 e 1418 c.c.).
Si tratta di una norma che, per la sua ampia formulazione, ingloba ogni contratto di locazione immobiliare ad uso abitativo e va, dunque, applicata anche ai contratti di locazione di porzioni (una o più stanze) di unità immobiliari abitative.
Per quanto attiene, invece, l'ultimo orientamento giurisprudenziale, la violazione di tate precetto (forma scritta) dà luogo ad una c.d. "nullità di protezione", invocabile dal solo conduttore e sanabile a determinate condizioni: "solo in presenza dell'abuso, da parte del locatore, della sua posizione "dominante", imponendosi in tal caso, e solo in esso, a causa della eccessiva asimmetria negoziale, un intervento correttivo ex lege a tutela del contraente debole"; mentre nel caso in cui la forma verbale sia stata concordata liberamente tra le parti, torneranno ad applicarsi i principi generali in tema di nullità, con la conseguenza che il locatore potrà agire in giudizio per il rilascio dell'immobile occupato senza alcun titolo, e il conduttore potrà ottenere la (parziale) restituzione delle somme versate a titolo di canone nella misura eccedente quella del canone concordato (In tal senso Cass. SS.UU. Sent, 17 settembre 2015, n. 18214).
Il ragionamento del Tribunale di Bari. Nella fattispecie in esame, secondo il giudice adito, non era emersa l''ipotesi di nullità di protezione; per meglio dire, sin dalla prima udienza era stata rilevata la presenza di un profilo generale di nullità del contratto.
Difatti, in assenza di un contratto scritto di locazione, il contratto verbale era nullo ed improduttivo di effetti, quindi, a parere del tribunale, “alcuna efficacia poteva riconoscersi alla denuncia operata - unilateralmente - all'Agenzia delle entrate effettuata dal locatore in quanto si trattava di atti idonei a produrre i loro effetti unicamente sul piano fiscale e non su quello civilistico”.
Per meglio dire, secondo la giurisprudenza prevalente, condivisa dal giudice barese, "la registrazione del rapporto di locazione verbale effettuato all'Agenzia delle Entrate ai sensi dell'art. 3, d.lg. 14 marzo 2011, n. 23 non basta a soddisfare il requisito della forma scritta imposto dalla l. n. 431/98" (In tal senso Trib. Roma, sez. VI, 24/10/2013, n. 21287).
Sicché, una volta accertata la risoluzione del contratto, la domanda del rilascio (sfratto per morosità) è risultata inaccoglibile in quanto basata su causa petendi infondata.
Difatti, in conseguenza della ritenuta nullità del contratto di locazione, il locatore avrebbe dovuto esperire un'azione diretta ad accertare l'occupazione sino titulo.
Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale di Bari con sentenza ha respinto le richiesta del locatore (sfratto e ingiunzione) con conseguente riconoscimento della nullità del contratto di locazione intervenuto tra le parti.