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Se l'inquilino subisce danni fisici o muore per cause dovute all'appartamento ne rispondono il proprietario e l'amministratore di fatto

Locazione e responsabilità per danni da cattiva manutenzione.
Avv. Alessandro Gallucci 

Il proprietario di un bene come anche il suo custode (figure che possono anche non coincidere) rispondono dei danni causati da quella cosa. Il principio, sancito nel diritto civile dall’art. 2051 c.c., è inoltre valevole in sede penale. Ma facciamo degli esempi:

Il marciapiede sconnesso provoca lesioni al passante?
-L’amministratore o in mancanza tutti i condomini rispondono per il reato di lesioni colpose.

Una persona muore a causa di un accidente occorsole in un’unità immobiliare?
-Il proprietario ne risponde e può andare incontro ad una condanna per omicidio colposo.

La norma di diritto penale di riferimento, in linea generale, è il secondo comma dell’art. 40 c.p. a mente del quale:

Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Per quanto riguarda l’amministratore di condominio, in più occasioni, è stato affermato che " la responsabilità penale dell'amministratore di condominio va considerata e risolta nell'ambito del capoverso dell'art. 40 c.p., che stabilisce che non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.

Per rispondere del mancato impedimento di un evento è, cioè, necessaria, in forza di tale norma, l'esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi allo scopo: detto obbligo può nascere da qualsiasi ramo del diritto, e quindi anche dal diritto privato, e specificamente da una convenzione che da tale diritto sia prevista e regolata com'è nel rapporto di rappresentanza volontaria intercorrente fra il condominio e l'amministratore" (Cass. Terza Sezione Penale, 14 marzo 1975 n. 4676 Ud. - dep. 14/04/1976).

Lo stesso identico discorso può essere traslato sul proprietario di un appartamento e, secondo la Cassazione, anche sull’amministratore di fatto dell’unità immobiliare. Con questa locazione s’intende individuare colui il quale, anche con il consenso tacito del proprietario, lo aiuta nella gestione dell’unità immobiliare (es. riscossione affitto, manutenzione, ecc.).

In un recente caso la Suprema Corte ha condannato per omicidio colposo il figlio della proprietario di un appartamento dato in affitto che era stato la causa della morte del conduttore.

Alle rimostranze dell’imputato, che sostanzialmente diceva di non avere nulla a che fare con quell’immobile, gli ermellini hanno replicato che non era così in quanto per sua stessa ammissione “egli si occupava, invece della genitrice, di riscuotere i canoni, rilasciandone ricevuta; egli si occupò, dopo l'evento, di fare mettere a norma l'impianto.

In definitiva, come, peraltro, appare conforme a quel che solitamente avviene in simili casi, assunse il ruolo di amministratore di fatto, vicariando la madre, oramai in età piuttosto avanzata.

Ovviamente, si tratta d'una assunzione di responsabilità e garanzia che non richiedeva formalità di sorta, a comprovare la quale è risultato soddisfacente il vaglio istruttorio (escussione testimoniale), apoditticamente avversato in ricorso, senza l'apporto di alcuna specifica allegazione che concretamente lo abbia posto in dubbio” (Cass. 10 ottobre 2012 n. 40050).

Insomma dare una mano senza occuparsi a 360° dello stato dell’immobile può essere davvero pericoloso.

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