Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

La cessazione del diritto di usufrutto non spetta se l'abuso dell'usufruttuario non è grave

Ai fini della decadenza dall'usufrutto il nudo proprietario deve dimostrare la sussistenza, al momento della proposizione della domanda, degli abusi compiuti dall'usufruttuario.
Avv. Adriana Nicoletti 

Con l'usufrutto il titolare del diritto gode del bene rispettandone la destinazione economica, che consiste nella funzione cui lo stesso era stato adibito dal precedente proprietario. Gli abusi che possono portare alla perdita del diritto reale devono essere importanti e la Corte di cassazione ha nuovamente richiamato i principi generali in materia.

L'usufruttuario si impossessa di una parte residuale dell'immobile e ne muta la destinazione. Fatto e decisione

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 11627 pubblicata il 4 maggio 2023 resa in materia di decadenza dal diritto di usufrutto, ha rigettato il ricorso proposto dai nudi proprietari di una quota dell'immobile gravata di usufrutto.

Gli originari attori avevano lamentato che l'usufruttuario di 3/4 dell'immobile di loro proprietà aveva esteso il possesso alla restante quota mutando, altresì la destinazione del bene. Il convenuto, da parte sua ed in via riconvenzionale, aveva chiesto che fosse accertata l'intervenuta usucapione, con condanna degli attori al rimborso delle spese dal medesimo sostenute per la manutenzione straordinaria del bene.

Il Tribunale, accertato l'inadempimento del convenuto, dichiarava cessato l'usufrutto, rigettava le domande riconvenzionali e lo condannava al rilascio immediato dell'immobile, rimettendo la causa sul ruolo per quantificare l'indennità di occupazione.

La Corte di appello, in riforma parziale della sentenza di prime cure, rigettava la domanda di decadenza nei confronti del convenuto dal diritto di usufrutto, escludendo che gli interventi effettuati sull'immobile fossero di gravità tale da comportare la cessazione del diritto reale. Tali opere, infatti, avevano interessato una superficie minima dell'immobile che avrebbe potuto essere ripristinata con modesta spesa.

La Corte di cassazione, nel rigettare il ricorso nel merito, ha affermato che il giudice del gravame nell'escludere la gravità del comportamento dell'usufruttuario che potrebbe portare alla decadenza dall'usufrutto si era attenuto al principio giurisprudenziale espresso con riferimento all'art. 1015 c.c., che disciplina gli abusi dell'usufruttuario ai fini della cessazione del diritto.

Peraltro, i ricorrenti con i motivi di censura, il cui scopo era quello di riesaminare gli elementi attestanti la condotta illecita del convenuto, in sostanza chiedevano un nuovo sindacato del merito che, notoriamente, è insuscettibile di formare oggetto del ricorso in cassazione se congruamente motivato.

I giudici di legittimità hanno, altresì, ritenuto che la Corte territoriale non si era pronunciata ultra petita per avere la stessa rilevato, senza che il convenuto avesse proposto specifica eccezione, che i nudi proprietari avevano già la disponibilità di un titolo per la rimessione in pristino dell'immobile.

La Corte, infatti, osservando che il mutamento della destinazione d'uso non comportava una condizione di perimento irreversibile del bene, si erano pronunciati nei limiti della domanda.

Considerazioni conclusive

La questione oggetto di contestazione deve essere esaminata alla luce dell'art. 1015 c.c. a norma del quale l'usufrutto può anche cessare per l'abuso che faccia l'usufruttuario del suo diritto alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni.

Come posta, la disposizione rappresenta un'estensione del precedente art. 1014 c.c. che disciplina i casi di estinzione dell'usufrutto per non uso ventennale; riunione dell'usufrutto e della proprietà nella stessa persona e totale perimento della cosa su cui è costituito.

La ratio della norma va individuata nel fatto che l'usufruttuario, esercitando il proprio diritto, non può pregiudicare quello del proprietario, con conseguente intangibilità, nella sua destinazione originaria, della cosa oggetto del godimento ad iniziativa del titolare del diritto di usufrutto. In tal caso ne deriverebbe un pregiudizio grave al proprietario che può determinare la decadenza dal diritto di godimento.

Tale risalente principio (Cass., sez. 2, 27 marzo 1970, n. 854) non ha perso attualità tanto è vero che ancora di recente (Cass., sez. 6-2, 3 marzo 2022, n. 7031) è stato affermato che "la decadenza non può che riguardare i casi più gravi, in quanto per gli abusi di minore gravità la stessa legge prevede, nel comma 2 dell'art. 1015 c.c., rimedi meno rigorosi di carattere non repressivo e sanzionatorio, ma semplicemente cautelari, a tutela preventiva del diritto del nudo proprietario".

La fattispecie oggetto del ricorso non presentava evidentemente nessuna di queste condizioni tenuto conto - come rilevato dai giudici - del rapporto del tutto irrilevante tra la parte concessa in usufrutto e la parte rimasta nella disponibilità dei nudi proprietari ed alla quale si sarebbe esteso il possesso dell'usufruttuario.

Ma neppure l'asserito mutamento di destinazione del bene operato dal convenuto ha sortito effetto ai fini dell'accoglimento del ricorso, segno che la circostanza è stata ritenuta non tanto grave da portare alla decadenza dalla prosecuzione dell'esercizio del diritto in contestazione. Tanto è vero che sull'entità di tale mutamento nulla è dato sapere.

Peraltro, a questo specifico proposito giova rammentare che, se l'art. 1015 c.c. non parla di alterazione del bene (ma di suo deterioramento), nel quale può rientrare l'ipotesi di mutamento della sua destinazione originaria, la giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 14 febbraio 1995, n. 1571) aveva affermato che "l'usufruttuario che imprime al bene una destinazione economica diversa da quella in atto al momento in cui è sorto il suo diritto di goderne o che eseguendo opere su questa, ancorché rimuovibili, ne alteri la primitiva destinazione fa un uso del bene che non gli è consentito e perciò tiene una condotta che è rilevante ai fini dell'applicazione delle disposizioni dettate dai commi 1 e 2 dell'art. 1015 c.c. in relazione alla gravità delle conseguenze che in concreto ne derivino" Gli effetti di tale comportamento, inoltre, non si esauriscono nella possibile applicazione dell'art. 1015 c.c. ma si possono estendere anche al risarcimento del danno in favore del nudo proprietario se dalla alterazione della destinazione economica del bene sia appunto derivato un danno causato dall'usufruttuario che non abbia adottato, nel godimento del bene, l'ordinaria diligenza.

Sentenza
Scarica Cass. 4 maggio 2023 n. 11627
  1. in evidenza

Dello stesso argomento