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Allagamento acque reflue, deposito negozio e danno all'immagine

Il danno all'immagine deve essere provato dall'attore e valuto dal giudice sulla base del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima.
Avv. Marco Borriello Avv. Marco Borriello 

La lite, appena terminata con la sentenza n. 902 del 20 aprile 2023 emessa dal Tribunale di Taranto, ha avuto ad oggetto un negozio in locazione e i danni patiti dal titolare del medesimo a seguito di un allagamento dovuto alla rottura di una tubatura facente parte dell'impianto condominiale.

Ancora una volta, perciò, un fabbricato è stato chiamato a rispondere delle conseguenze determinate da una res comune ed attribuite all'ente in quanto custode della conduttura e responsabile della sua mancata manutenzione.

La particolarità del provvedimento in esame sta, però, nella domanda risarcitoria dell'attore. Questi, infatti, ha chiesto il ristoro anche del danno d'immagine patito dalla propria attività a seguito del cattivo odore proveniente dai locali, già allagati, durante il periodo necessario al loro ripristino.

Approfondiamo meglio, perciò, quanto accaduto in questo procedimento.

Fatto e decisione

Nel gennaio del 2015, a causa della rottura di una tubatura di pertinenza condominiale, nei locali sottostanti un esercizio commerciale in locazione, si verificava un rilevante sversamento di acque reflue. Ciò, evidentemente, determinava danni e disagio al titolare del negozio.

Per queste ragioni, nel dicembre del 2016, in vista dell'inevitabile contenzioso sull'accaduto, si svolgeva la mediazione a cui partecipavano, oltre al danneggiato, il proprietario locatore dell'immobile e il condominio. Ebbene, al termine dell'incontro, le parti addivenivano ad un accordo.

L'ente si impegnava a ripristinare i locali e, contestualmente, a versare al conduttore, che accettava, € 5000,00 a titolo di risarcimento. La diatriba, però, non si esauriva qui.

Secondo l'esercente, infatti, nel periodo successivo al patto, in attesa che i promessi lavori di ripristino fossero eseguiti, egli subiva un rilevante calo di fatturato, un danno all'immagine della propria attività e un forte disagio per l'inagibilità dei locali, normalmente, destinati al servizio del negozio. Per tale motivo, citava dinanzi al competente Tribunale di Taranto il locatore. Quest'ultimo, ritualmente costituitosi, chiedeva ed otteneva la chiamata in causa del condominio.

Il Tribunale pugliese, al termine dell'istruttoria, caratterizzata anche dall'acquisizione di una prova testimoniale, ha rigettato la domanda principale del conduttore. Non era stato, infatti, provato che l'attore avesse subito un lucro cessante durante il periodo in osservazione.

È stato, invece, ammesso il danno all'immagine. Secondo il magistrato, l'odore nauseabondo, proveniente dal seminterrato privo di aperture, aveva, presumibilmente, infestato anche i soprastanti locali al piano terra. Ciò aveva pregiudicato l'immagine dell'attività dell'attore. Tale danno, però, è stato liquidato in via equitativa nella misura di euro 2.000,00.

Considerazioni conclusive

Nel provvedimento in commento, il Tribunale di Taranto riconosce il danno all'immagine patito dal titolare dell'esercizio commerciale sulla presumibile conclusione che provenisse cattivo odore dai locali interessati dallo sversamento delle acque reflue e che questo avesse danneggiato l'immagine dell'attività, ad esempio, durante le vendite e l'afflusso della clientela.

Sul danno all'immagine è bene ricordare che, per giurisprudenza, esso deve essere allegato e provato dall'attore e che la sua valutazione è compito del giudice "sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé. (ex multis Cass 2968/2021)".

Ebbene, nella sentenza in esame, la motivazione sul punto appare, quanto meno, molto succinta. La presunzione su cui si baserebbe il danno patito dall'attore sembra più frutto di un'intuizione che di un fatto emerso dall'istruttoria. Non è, inoltre, chiaro quale sarebbe stato il concreto pregiudizio patito dalla vittima.

Anzi, non essendo emerso alcun calo del fatturato, si sarebbe potuto presumere che l'immagine del negozio fosse rimasta inalterata.

Sentenza
Scarica Trib. Taranto 20 aprile 2023 n. 902
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