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Ancora sul decorso del termine di impugnazione della delibera assembleare in caso di assenza del destinatario.

Impugnazione della delibera condominiale, decorrenza del termine per gli assenti e contrasti giurisprudenziali.
Avv. Paolo Accoti 

Come è noto, contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti (art. 1137).

La norma evidentemente si riferisce alle sole delibere annullabili, atteso che quelle ritenute nulle, vale a dire quelle prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini e, comunque, le delibere invalide in relazione all'oggetto, per come chiarito dalle Sezioni Unite (Cass. n. 4806/2005), risultano impugnabili con l'azione di nullità, ex art. 1421 Cc, in ogni tempo, fatto salvo il decorso del termine di prescrizione ordinario, da chiunque vi abbi interesse e, quindi, anche dai condòmini assenzienti.

La questione dibattuta attiene al decorso del termine per impugnare la delibera annullabile, evidentemente per i condòmini assenti all'adunanza assembleare, in caso di comunicazione del deliberato a mezzo posta raccomandata, in caso il destinatario risulti assente nel momento del tentato recapito da parte dell'ufficiale postale.

Orbene, secondo l'interpretazione comunemente fornita dalla giurisprudenza di legittimità, è dal momento in cui la comunicazione giunge all'indirizzo del destinatario, sia pure assente, che la stessa entra nella sfera di conoscenza del ricevente, in particolare, ciò avviene dal tempo del rilascio dell'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, e non già con il momento in cui la missiva fu consegnata (Ciò fin da epoca risalente: Cass. n. 628/1978; Cass. n. 4909/1981; Cass. n. 8399/1996; Cass. n. 2847/1997; Cass. n. 7370/1998).

Pertanto, in applicazione del suddetto principio, si è abitualmente ritenuto come la comunicazione del verbale assembleare inviato a mezzo posta raccomandata, nel caso di momentanea assenza del destinatario o di altra persona abilitata a riceverlo, dovesse ritenersi entrata nella sfera di conoscibilità del destinatario nello stesso momento in cui veniva rilasciato l'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, da quel momento, pertanto, si sarebbe computato il termine di giorni trenta per impugnare la delibera condominiale, a nulla valendo il giorno dell'effettivo ritiro del plico presso l'ufficio postale.

Ciò perché la prova dell'avvenuto recapito della raccomandata contenente il verbale dell'assemblea condominiale all'indirizzo del condomino assente all'adunanza, comporta l'insorgenza della presunzione iuris tantum di conoscenza in capo al destinatario posta dall'art. 1335 Cc e, con essa, la decorrenza del dies a quo per l'impugnazione della deliberazione (Cass. n. 22240/2013; Cass. n. 6813/2016).

Con l'ordinanza n. 24399, pubblicata in data 4 ottobre 2018, relatore dott. A. Scarpa, la Corte di Cassazione è ritornata sulla questione, ribadendo come la sopra detta interpretazione è meritevole di essere ribadita, per cui «ai fini del decorso del termine di impugnazione, ex art. 1137 c.c., ove la comunicazione del verbale assembleare al condomino, assente all'adunanza, sia stata data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, la stessa deve aversi per eseguita, in caso di mancato reperimento del destinatario da parte dell'agente postale, alla stregua dell'art. 1335 c.c., al momento del rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro (e quindi indipendentemente dal momento in cui la missiva viene ritirata), salvo che il destinatario deduca e provi di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la detta conoscenza (cfr. Cass. Sez. L, 06/12/2017, n. 29237; Cass. Sez. 2, 06/10/2017, n. 23396; Cass. Sez. 2, 03/11/2016, n. 22311; Cass. Sez. 6 - 2, 27/09/2013, n. 22240)».

Ciò posto tale interpretazione è stata, altrettanto di recente, messa in discussione dalla stessa Suprema Corte (Sent. 25791/2016), la quale ha dato atto del sopra detto (quasi) costante orientamento ma, nondimeno, ha osservato che «questa Corte ha affermato che la prova dell'avvenuto recapito della lettera raccomandata contenente il verbale dell'assemblea condominiale all'indirizzo del condomino assente all'adunanza comporta l'insorgenza della presunzione "iuris tantum" di conoscenza, in capo al destinatario, posta dall'art. 1335 cod. civ., nonché, con essa, la decorrenza del "dies a quo" per l'impugnazione della deliberazione, ai sensi dell'art. 1137 cod. civ. (cfr. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 22240 del 27/09/2013 Rv. 627897)», ritenendolo condivisibile, ma che, tuttavia, solo «ove lo si colleghi effettivamente "all'avvenuto recapito dell'atto all'indirizzo del condomino assente", ma il problema per l'interprete sorge allorché l'atto non venga di fatto recapitato all'indirizzo ma venga compiuto solo un tentativo di recapito stante l'assenza del destinatario o delle persone abilitate alla ricezione: in tale ipotesi appare davvero arduo estendere la suddetta regola perché il presupposto è ben diverso». La stessa ricorda come la fattispecie, in assenza di esplicita previsione normativa, dovrebbe essere trattata alla stessa stregua della notificazione degli atti giudiziari effettuata a mezzo posta, disciplinata dall'articolo 8 Legge n. 890/1982.

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Tanto è vero che «come già rilevato da questa Corte, nessuna disposizione del regolamento postale contiene una regola (analoga a quella dettata in materia di notifiche effettuate a mezzo posta dal quarto comma dell'articolo 8 l. 890/02) sul momento in cui si debba ritenere pervenuto al destinatario un atto che l'agente postale abbia depositato in giacenza presso l'ufficio postale a causa della impossibilità di recapitarlo per l'assenza del medesimo destinatario o di altra persona abilitata (v. sez. sesta T. ordinanza n. 2047/2016).

Ritiene il Collegio, sulla scia della citata pronuncia, che quando una disposizione espressa manchi, il principio di effettiva conoscenza deve orientare l'interprete e, nel caso che ci occupa, tale principio non consente di ancorare il momento di perfezionamento della comunicazione (dal quale decorre il termine perentorio per l'impugnazione della delibera ex art. 1137 cc) all'esecuzione di un adempimento il rilascio dell'avviso di giacenza - ove è certo che il destinatario dell'atto incolpevolmente non ne ha conoscenza (per non essere stato reperito dall'agente postale e per non avere ancora avuto la possibilità di recarsi a ritirare l'atto presso l'ufficio postale)», pertanto, conclude in senso difforme all'interpretazione costante, affermando come «la regola da applicare per individuare la data di perfezionamento della comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, in caso di mancato recapito della raccomandata all'indirizzo del destinatario, è quella che la comunicazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell'avviso di giacenza ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore».

Tale difforme orientamento è stato altrettanto recentemente seguito da parte della giurisprudenza di merito e, in particolare, dal Tribunale di Bologna, nella sentenza depositata in data 12 Gennaio 2018, che ha ritenuto come il computo del termine di cui all'art. 1137 Cc iniziasse con il decorso di dieci giorni dalla data di rilascio dell'avviso di giacenza ovvero, se anteriore, da quella di ritiro del piego, in applicazione analogica dell'art. 8, comma 4, della L. n. 890 del 1982.

Appare indubbia la latente esistenza di un contrasto giurisprudenziale in seno alle Sezioni semplici della Suprema Corte che, si spera, venga al più presto risolo dalle Sezioni unite, a cui la questione andrebbe devoluta, stante i rilevanti interessi in gioco.

A beneficio del lettore, e per far sì che lo stesso abbia un quadro completo della vicenda, è opportuno ricordare come della questione si sia incidentalmente occupata anche la Corte Costituzionale, con l'ordinanza n. 52, del 21 marzo 2014, con la declaratoria di manifesta inammissibilità della «questione di legittimità costituzionale degli artt. 1137, 1334 e 1335 cod. civ., impugnati, in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedono che la comunicazione della delibera assembleare che, nei confronti dei condomini che non abbiano preso parte alla relativa seduta, determina il decorso iniziale del termine di trenta giorni per l'impugnazione sia presidiata dalle medesime garanzie di conoscibilità dell'atto stabilite per la notificazione degli atti giudiziari.

L'ordinanza di rimessione presenta numerose e gravi lacune in ordine alla descrizione della fattispecie concreta, poiché non specifica dopo quanti giorni la raccomandata sia stata restituita al mittente, quando la parte interessata abbia tentato di ritirare la raccomandata e dopo quanto tempo il giudizio sia stato effettivamente introdotto, né chiarisce di quale tipo di delibera si tratti e quale vizio la parte ricorrente abbia fatto valere, il che è tanto più importante alla luce della giurisprudenza secondo cui l'art. 1137 cod. civ. si applica solo alle delibere annullabili e non a quelle nulle.

Inoltre, il rimettente non prende in adeguata considerazione il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la presunzione di conoscenza prevista dall'art. 1335 cod. civ. ammette sempre la prova contraria, a condizione che il destinatario dimostri di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di avere notizia della comunicazione.

Tali carenze si traducono nell'evidente difetto di prova circa la rilevanza della questione.

Infine, non è chiaro quale sia l'auspicata correzione del sistema, non comprendendosi se venga sollecitata l'emissione di una sentenza additiva che imponga, al posto della comunicazione prevista dall'art. 1137, terzo comma, cod. civ., la notifica a mezzo posta, ovvero una sentenza che renda più lungo il termine di trenta giorni ivi stabilito, oppure se si chieda uno spostamento della data di decorrenza del termine, svincolandola dalla comunicazione a mezzo posta».

Sentenza
Scarica Cass. Civ. Ord. Sez. 2 n. 24399 del 04/10/2018
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