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Il creditore può agire esecutivamente sui beni del condominio nelle forme dell'espropriazione dei crediti presso terzi?

In mancanza di una norma che lo vieti espressamente il terzo creditore può agire esecutivamente sui beni del condominio.
Avv. Maurizio Tarantino 

Il debito del condomino può essere assoggetto a pignoramento da parte del creditore del munito di un titolo di credito ottenuto in danno del condominio e la relativa esecuzione può avvenire nelle forme dell'espropriazione dei crediti presso terzi ex art. 543 e segg. c.p.c.

La vicenda. In questa vicenda, il creditore ha agito in via esecutiva nei confronti del Condominio, procedendo al pignoramento dei crediti da quest'ultimo vantati nei confronti di alcuni condòmini per contributi, in base a una sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali relative ad un giudizio di cognizione.

A seguito di tale azione, hanno proposto opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., il condominio debitore nonché Tizio (uno dei condòmini terzi pignorati). Sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito hanno rigettato l'opposizione.

Avverso tale decisione, il condominio e Tizio hanno proposto ricorso in cassazione; in particolare, trai i vari motivi, hanno eccepito la circostanza per la quale il condominio non è dotato di personalità giuridica, sia pure attenuata, ovvero di autonoma propria soggettività, nonché la violazione e falsa applicazione del principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali e del principio di indisponibilità delle somme dovute per quote, quali principi informatori della specifica disciplina.

Il creditore, a sua volta, ha eccepito il difetto di autorizzazione in capo all'amministratore e l'inesistenza della pretesa avanzata dalle parti.

La questione preliminare del difetto di autorizzazione. Sul punto, la Suprema Corte ha precisato che in base alla propria giurisprudenza, deve essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall'amministratore del condominio senza la preventiva autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato, in ordine a controversie che non rientrano tra quelle per le quali è autonomamente legittimato ad agire ai sensi degli artt. 1130 e 1131, comma 1, c.c., né può essere concesso un termine per la regolarizzazione, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., allorché il rilievo del vizio, in sede di legittimità, sia stato sollevato non d'ufficio, ma dalla controparte nel suo controricorso (Corte di Cassazione, Sez. Il, Sentenza n. 12525 del 21/05/2018).

Detto ciò, la presente controversia ha ad oggetto la contestazione del diritto di un creditore del condominio di procedere, in base ad un titolo giudiziale, ad esecuzione forzata nei confronti dello stesso condominio, mediante pignoramento dei suoi crediti verso i condòmini per contributi.

Invero, non si tratta di una controversia avente ad oggetto direttamente la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese di manutenzione o la gestione di una o più cose comuni, né viene dedotta l'estinzione (successiva alla formazione del titolo) del credito fatto valere contro il condominio, ma solo una pretesa inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, secondo le modalità concretamente adottate dal creditore, onde la proposizione dell'opposizione non può ritenersi rientrare tra le ordinarie attribuzioni dell'amministratore di cui all'art. 1130 c.c. Per i motivi esposti, è stata negata la autonoma legittimazione dell'amministratore a proporla senza autorizzazione dell'assemblea.

Il ricorso del condominio, pertanto, è stato dichiarato immediatamente inammissibile, al pari dell'opposizione del condomino terzo pignorato; difatti, quest'ultimo, secondo gli ermellini, non poteva neanche più ritenersi rivestire in concreto la posizione di terzo pignorato e, di conseguenza, non avrebbe avuto legittimazione neanche a proporre eventuali questioni attinenti alla regolarità della procedura esecutiva nei suoi confronti, quale terzo pignorato (questioni che avrebbero comunque dovuto essere fatte valere ai sensi dell'art. 617 c.p.c. ovvero nell'ambito dell'eventuale giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, in quanto non configurabili in termini di opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c.).

Nonostante l'inammissibilità del ricorso, la Corte ha ritenuto anche di esaminare il merito della vicenda.

Questioni di diritto: il creditore in possesso di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, può procedere all'espropriazione dei crediti del condominio nei confronti dei singoli condòmini per i contributi dagli stessi dovuti? Tale azione può avvenire nei modi e nelle forme previste per il pignoramento presso terzi? La citata procedura viola il principio di parziarietà?

Su tale aspetto, i giudici di legittimità hanno osservato che secondo i principi generali (artt. 2740 e 2910 c.c.), mediante l'espropriazione forzata è possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti.

Dunque, affinché l'espropriazione dei crediti vantati dal condominio verso i singoli condòmini per contributi sia legittima, è quindi sufficiente che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino avente ad oggetto il pagamento dei contributi.

Del resto, è innegabile un rapporto obbligatorio tra condominio e singolo condomino, con riguardo al pagamento dei contributi condominiali; in tal senso, l'art. 63 disp. att. c.c. prevede infatti che l'amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo (immediatamente esecutivo), in favore del condominio e contro il singolo condòmino per il pagamento dei suddetti contributi (in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea).

A parere dei giudici di legittimità del presente pronuncia, tale disposizione normativa "conferma espressamente, e/o quanto meno presuppone, l'esistenza di un rapporto obbligatorio tra condominio e singoli condòmini avente ad oggetto i contributi dovuti in base agli stati di ripartizione approvati dall'assemblea condominiale, consentendo al condominio, rappresentato dall'amministratore, di agire in giudizio contro il condòmino per il pagamento delle quote condominiali.

Premesso quanto innanzi esposto, in risposta ai quesiti di diritto, gli ermellini hanno precisato che essendo configurabile sul piano sostanziale un credito del condominio (rappresentato dal suo amministratore) nei confronti dei singoli condòmini, laddove esista altresì un titolo esecutivo in favore di un terzo e contro lo stesso condominio (sempre rappresentato dall'amministratore), in mancanza di una norma che lo vieti espressamente, "tale credito può certamente essere espropriato dal creditore del condominio, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., e la relativa esecuzione orzata non può che svolgersi nelle forme dell'espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss."; né può ritenersi che tale conclusione violi il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali.

Difatti, il suddetto principio, pertanto, implica che laddove l'esecuzione avvenga direttamente contro il condominio, e non contro il singolo condomino, non solo l'esecutato è il condominio, debitore per l'intero (onde non entra in realtà in gioco in nessun modo il principio di parziarietà), ma "l'espropriazione dei beni e diritti del condominio, cioè di beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condòmini, finisce addirittura per attuare, in linea di principio ed in concreto, il richiamato principio di parziarietà senza affatto violarlo".

In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

La Corte, ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c., ha enunciato il seguente principio di diritto:

"il creditore del condominio che disponga di un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso, ha facoltà di procedere all'espropriazione di tutti i beni condominiali, ai sensi degli artt. 2740 e 2910 c.c., ivi inclusi i crediti vantati dai condominio nei confronti dei singoli condòmini per i contributi dagli stessi dovuti in base a stati di ripartizione approvati dall'assemblea, in tal caso nelle forme dell'espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 c.p.c. e ss".

Sentenza
Scarica Corte Suprema di Cassazione SEZ. III CIV. n. 12715 del 14/05/2019
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