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Se i balconi sono troppo “invadenti” si blocca la costruzione del palazzo.

I balconi non sono ornamenti, ma corpi di fabbrica e quindi rientrano nel concetto civilistico di costruzione.
Ivan Meo 

(Sentenza del Tar Lombardia n. 1622 del 24/6/2013)

Le funzioni del dato normativo Quello delle distanze tra costruzioni rappresenta un classico paradigma dove la norma deve essere applicata al caso concreto, individuando se e quale regola utilizzare in relazione a ogni elemento costruttivo degli edifici. Partiamo dal dato normativo.

La regola fondamentale in tema di distanze fra costruzioni è disciplinata dall'art. 873 del codice civile.

Secondo la giurisprudenza la fun¬zione sottesa della norma non sarebbe solamente quella di evitare "intercapedini dannose", ma anche quella, di "soddisfare ulteriori e più ampie finalità, quali l'ordinato assetto urbanistico del territorio e la tutela dell'ambiente" e "l'equilibrata composizione spaziale della città".

Per cui tale norma mira a tutelare tanto gli interessi generali, quanto gli interessi dei proprietari dei fonti/edifici confinanti (Cass. n. 11280/1998;Cass., n. 4087/2000).

In merito alle conseguenze scaturenti dalla violazione delle distanze il nostro ordinamento giuridico prevede delle specifiche disposizioni, contenute sia nel Codice civile che nelle norme regolamentari locali, che consente la richiesta sia il risarcimento dei danni che la riduzione in pristino.

Inoltre, in tema di distanze tra costruzioni, le norme regolamentari locali hanno carattere integrativo di quelle contenute nel Codice civile, sì che la loro violazione è sanzionata non soltanto con il risarcimento dei danni, ma anche con la riduzione i pristino.

Ma nonostante la chiarezza del dettato normativo molteplici sono le controversie infatti la giurisprudenza sull'argomento è molto vasta.

Balconi aggettanti
La sentenza emessa dal Tar Lombardia (n. 1622 del 24/6/2013) analizza il caso in cui, un costruttore nel costruire un palazzo, realizza dei balconi troppo sporgenti.

Per tali motivi il ricorrente rileva che l'edificio è stato posizionato a distanza inferiore dei tre metri rispetto al confine di proprietà, ed inoltre possiede una parete finestrata munita di balconi aggettanti, che confinano a 1,80 metri di distanza rispetto al confine e alla sua autorimessa, violando l'articolo 9 del D.M. n.144/1968, l'art. 873 del codice civile ed infine anche il regolamento edilizio comunale.

Il fatto che la parete, su cui il nuovo edificio incombe risulta occupata soltanto da un garage, e non da l ocali abitati, non legittima il costruttore a sostenere che i balconi sono soltanto elementi ornamentali e non dovrebbero essere considerati nel calcolo delle distanze minime, perché, secondo i giudici amministrativi, sono pur sempre manufatti che accrescono la consistenza dell'edificio.

Per tali motivi il ricorso sollevato dal dirimpettaio è stato accolto in quanto il Comune non ha neanche valutato, che in corso di presentazione del Dia, il costruttore aveva richiesto non solo la demolizione del vecchio palazzo ma anche la contestuale ricostruzione di un edificio di 5 piani.

L'ente preposto quindi doveva preliminarmente valutare che tale intervento edilizio poteva ledere i diritti del vicino in quanto troppo a ridosso dei confini o delle pareti. Per tali motivi il Comune doveva sospendere i lavoro di costruzione.

Va precisato inoltre che le norme previste dal D.M. 1444/1968, hanno una forza precettiva nel determinare il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché è da ritenersi inderogabile la distanza di metri 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti e vincolano anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici.

Anche la giurisprudenza ha chiarito la natura di norma di ordine pubblico dell'art. 9 del D.M. 1444/1968, che prescrive la distanza minima di 10 mt. lineari tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, precisando tuttavia che il balcone aggettante può essere ricompreso nel computo della predetta distanza solo nel caso in cui una norma di piano regolatore preveda ciò (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 07.07.2008 n. 3381; TAR Lazio, 31.03.2010 n. 5319; TAR Liguria, Genova, sez. I, 10.07.2009 n. 1736).

Il balcone è un corpo di fabbrica.
Prima di approfondire la nostra analisi, sui criteri distintivi applicati dalla giurisprudenza, è opportuno fare alcune precisazioni di natura terminologica.

Con il termine sporto, o aggetto, viene identificato qualsiasi sporgenza orizzontale (balcone, pensilina, mensola, torretta, cammino di ronda, cornicioni ecc.), imperniata su un fulcro dietro il quale è ancorata.

Esso è privo di sostegni esterni, ed è autoportante; se prolunga una trave oltre uno dei sostegni, appare a sbalzo.

Per quanto possa darsi agli "sporti", una interpretazione rigorosa, sia la dottrina che la giurisprudenza, hanno rite¬nuto che vanno computati per il calcolo della distanza legale tutti quegli sporti che siano vere e proprie parti di costruzioni con individualità autonoma rispetto al muro cui sono unite (balconi scoperti o co¬perti, avancorpi, camerini o camini pensili). Possiamo quindi distinguere:

a) semplici sporti: (mensole, le lesene, i cornicioni) per la loro conformazione svolgono esclusivamente una funzione ornamentale, non sono destinati ad estendere ed ampliare la parte di edificio utilizzabile per l'uso abitativo statuito e in quanto tali non computabili ai fini delle distanze;
b) sporgenze di particolari proporzioni: (scale, terrazze, balconi, poggioli) sono atte ad estendere ed ampliare l'edificio in superficie e volume, quali e corpi avanzati di una certa consistenza, e vengono identificati nel genus delle costruzioni.

Dette strutture, presentando le caratteristiche del corpo di fabbrica, costituente per sua natura parte integrante dell'immobile, soggiacciono dunque al rispetto delle distanze legali (Corte di Cassazione, sent. del 22 luglio 2010 n. 17242).

Al fine del calcolo delle distanze, il manufatto deve avere i seguenti connotati:
-una determinata consistenza e stabilità;
una sporgenza di particolari proporzioni destinata ad incidere sulla consistenza volumetrica.

- Limitatamente alla fattispecie dei balconi, la giurisprudenza ha anche specificato che a prescindere dalla tipologia sono identificati come corpi di fabbrica:
-balcone coperto: perché essendo circondato da mura sui tre lati, formano un corpo chiuso idoneo a creare intercapedini dannose (Tribunale di. Verona 1.10.04);
balconi scoperti: nel calcolo delle distanze tra costruzioni, devono prendersi in considerazione le sporgenze costituenti per il loro carattere strutturale e funzionale veri e propri aggetti implicanti perciò un ampliamento dell'edificio in superficie e volume, come appunto i balconi formati da solette aggettanti anche se scoperti di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza. (T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 12/03/2013, n. 476)

- Deve ritenersi quindi che in tema di distanze legali tra edifici o dal confine, mentre non sono a tal fine computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano funzione meramente ornamentale, di finitura od accessoria di limitata entità, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili.

Rientrano, invece, nel concetto civilistico di costruzioni, le parti dell'edificio quali scale, terrazze e corpi avanzati come i balconi cosiddetti aggettanti che, se pur non corrispondono a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato.

Alla luce di queste considerazioni possiamo trarre le seguenti conclusioni:
-le distanze stabilite dal D.M. 1444/1968 costituiscono valori minimi inderogabili che devono essere rispettati dai Comuni all'atto dell'approvazione o della revisione degli strumenti urbanistici;
-la distanza di dieci metri tra le pareti finestrate di edifici antistanti ha la finalità di impedire la formazione di intercapedini nocive sotto l'aspetto igienico-sanitario;
-per il computo delle distanze devono essere considerati tutti gli elementi costruttivi;
-nel calcolo possono essere trascurati invece, ad esempio, i manufatti come le mensole, le lesene, i risalti verticali delle parti aventi funzione espressamente decorativa, e sono di limitata entità.

La denuncia dei difetti delle opere nel contratto d'appalto decorre dalla data in cui il committente né ha conoscenza.

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