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Interdizione giudiziale di un condòmino e amministratore di condominio

Cosa deve fare l'amministratore di condominio che viene interdetto?
Avv. Valentina A. Papanice 

Interdizione giudiziale e condominio

L'interdizione è il più estremo dei rimedi (gli altri, meno gravi sono l'inabilitazione e l'amministrazione di sostegno) che il nostro ordinamento prevede per il caso in cui una persona non sia nelle condizioni di provvedere a se stessa.

L'interdizione cui ci si riferisce è quella prevista dal codice civile agli artt. 414 e ss., detta appunto interdizione giudiziale.

È giusto dunque che l'amministratore di condominio sia a conoscenza delle norme inerenti all'interdizione, perché per effetto della pronuncia di interdizione potrebbe ritrovarsi ad interagire per legge con un soggetto diverso dal condòmino, ma con i poteri del condòmino.

Si tratterebbe di un caso eccezionale, sappiamo infatti che in condominio diritti e obblighi sono propri dei partecipanti alle parti comuni, cioè di coloro che acquisiscono diritti sulle parti comuni in virtù dei diritti che hanno sulle unità immobiliari esclusive.

Un'eccezione giustificata dalla legge per ragioni di tutela del soggetto interdetto.

Interdizione nel codice civile

Riportiamo qui le norme di principale interesse.

L'interdizione giudiziale, dopo le modifiche ad opera della L. n. 6/2004, in maniera espressa - è quel provvedimento che viene emesso nei confronti di soggetti "in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi", "quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione" (v. art. 414 c.c.).

Possono essere interdetti anche sordi e ciechi dalla nascita o dalla prima infanzia se sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi.

Possono essere interdetti anche i minori non emancipati, in tal caso l'interdizione vale dal passaggio all'età maggiorenne.

Procedimento di interdizione

L'interdizione viene pronunciata con sentenza in seguito a procedimento attivato presso il tribunale civile (volontaria giurisdizione); se la domanda riguarda un minore va proposta presso il tribunale dei minori.

La sentenza (e il decreto provvisorio di nomina di tutore eventualmente emesso nel corso del procedimento) devono essere immediatamente annotati dal cancelliere nell'apposito registro e comunicati entro dieci giorni all'ufficiale di stato civile perché ne faccia annotazione in margine all'atto di nascita.

Con riguardo agli atti compiuti dall'interdetto l'art. 427 c.c. prevede per un verso che il giudice (nella sentenza di pronuncia dell'interdizione o in altri atti successivi) può autorizzare l'interdetto a compiere alcuni atti di ordinaria amministrazione senza l'intervento ovvero con l'assistenza del tutore.

Gli altri atti, se compiuti dopo la sentenza (o il provvedimento provvisorio se ad esso segue la sentenza d'interdizione), possano essere annullati.

L'annullamento può essere richiesto anche per gli atti compiuti prima della sentenza o del decreto provvisorio, qualora l'altro contraente sia in malafede.

L'interdizione può essere revocata se viene meno la causa per cui è stata pronunciata; in ogni caso, il giudice tutelare deve vigilare che la detta causa permanga.

Nel corso del giudizio di revoca dell'interdizione (come anche in quello di pronuncia) il tribunale può ritenere opportuna la pronuncia dell'amministrazione di sostegno. La sentenza di revoca deve essere annotata al pari di quella di pronuncia dell'interdizione, ma ha effetto con il passaggio in giudicato.

All'interdetto si applicano le norme in materia di tutela dei minori (artt. 343 e ss. c.c.). Ad es. a mente dell'art. 357 c.c. "il tutore ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni"; effettua l'inventario dei beni; può compiere determinati atti solo con l'autorizzazione del giudice tutelare (es. "promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi", ex art. 374 c.c.) ed altri atti solo con l'autorizzazione del tribunale dietro parere del giudice tutelare (ad es. vendere beni, ex art. 375 c.c.).

Oltre al tutore è nominato il protutore, che sostituirà il primo nei casi di conflitto d'interessi e chiederà la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui quello venga meno o abbandoni l'ufficio (v. art. 360 c.c.).

Interdizione e amministratore di condominio

In sintesi, salvo eccezioni espresse, l'interdetto è totalmente privo della capacità di agire ed è rappresentato dal tutore (e dal protutore).

Non è sufficiente che l'amministratore di condominio sappia per via informale che il condòmino è stato interdetto. Certo in tal caso diligenza e gestione dei rapporti (se la situazione lo consente) vogliono che egli si informi visionando elenchi e documenti su cui sono resi pubblici con l'annotazione l'interdizione (v. sul punto Trib. Di Parma n. 274/2014); peraltro, dovrebbe trattarsi di situazioni talmente estreme da non essere confondibili. In ogni caso, è necessario verificare lo stato legale della situazione.

Certamente a sua volta, anche il tutore dovrà svolgere l'incarico con diligenza e dunque informare debitamente l'amministratore.

L'amministratore deve dunque essere a conoscenza del provvedimento giudiziale. Una volta reso pubblico il provvedimento, sarà escluso che l'interdetto possa compiere atti di straordinaria amministrazione, mentre, ove permesso in un provvedimento giudiziale, potrà svolgere atti di ordinaria amministrazione, autonomamente o con assistenza.

Nella generalità dei casi, però, il tutore svolgerà tutti gli atti, dunque, dovrebbe essere una presenza costante in assemblea (tanto più che è tenuto a gestire gli interessi dell'interdetto con la diligenza del buon padre di famiglia v. art. 382 c.c.).

Gli atti compiuti in violazione delle norme, potrebbero essere annullati, quindi attenzione!

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