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Condominio allacciato abusivamente alla rete idrica pubblica: l'amministratore è responsabile in sede civile?

La Cassazione, nell'affrontare il caso di un caseggiato abusivamente allacciato alla rete idrica pubblica, chiarisce il ruolo dell'amministratore nella vicenda.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In linea generale il nuovo allaccio di un condomino all'impianto idrico centrale è legittimo.

È pertanto onere del condominio o del condomino, che ne voglia negare l'autorizzazione, dimostrare che, nel caso particolare, l'allaccio di una sola nuova utenza incide nella funzionalità dell'impianto, non potendo opporsi che il divieto all'allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unità immobiliare.

Naturalmente le considerazioni che precedono valgono se un condomino allaccia legittimamente la presa dell'acqua del suo locale con il relativo contatore alla colonna condominiale: in tal caso quindi il condominio dimostra la volontà di partecipare alle spese idriche comuni.

Diverso il caso dell'allaccio abusivo alla rete idrica condominiale: in tal caso il singolo condomino commette il reato di furto aggravato.

A tale proposito bisogna ricordare che il Tribunale di Siena, con sentenza del 17 luglio 2015, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di un condomino, riconoscendo la particolare tenuità del fatto in ordine al reato di furto aggravato, di cui il predetto era imputato per essersi impossessato, allacciandosi abusivamente alla conduttura idrica del condominio, di un quantitativo imprecisato di acqua.

Contro tale sentenza, il Procuratore Generale della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione deducendo, quale unico motivo, il vizio di violazione di legge in ordine alla ritenuta applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. al reato di furto aggravato, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

La Cassazione ha dato ragione al Procuratore Generale della Repubblica sottolineando che le circostanze aggravanti previste dall'art. 625 c.p. rientrano tra quelle ad effetto speciale perché comportano un aumento della pena in misura superiore ad un terzo e la determinazione della stessa in modo autonomo rispetto alla ipotesi criminosa tipica.

Conseguentemente, a norma dell'art. 131-bis c.p., comma 4, non risulta applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto alle ipotesi di furto aggravato, in quanto punite nel massimo con la reclusione pari a sei anni (Cass. pen., sez. IV, 08/01/2019, n. 425).

E se è l'intero caseggiato risulta abusivamente allacciato alla rete idrica di proprietà pubblica? Chi è responsabile in sede civile per l'allaccio illecito?

La questione è stata affrontata dalla Cassazione nella sentenza n. 23823 del 1 agosto 2022.

Allaccio abusivo del condominio alla rete idrica pubblica e responsabilità in sede civile: la vicenda

Un condominio dotato di impianto idrico condominiale a servizio dei singoli appartamenti, nonostante non avesse un regolare contratto di somministrazione, si approvvigionava da lungo tempo di acqua, mediante un allaccio abusivo alle condotte di proprietà pubblica.

L'azienda che gestiva le risorse idriche pubbliche citava in giudizio il condominio richiedendo al convenuto una somma a titolo di risarcimento dei danni subiti ex art. 2043 c.c., e, in subordine, che fosse accertato l'indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. che il medesimo condominio aveva posto in essere per aver consumato l'acqua di proprietà dell'attrice senza corrispondere alcunché.

Il Tribunale di Napoli, accoglieva la domanda e condannava il condominio a pagare in favore dell'azienda pubblica l'importo richiesto a titolo risarcimento danni (oltre interessi legali e spese processuali).

Allaccio abusivo al contatore condominiale. Scatta il reato di furto aggravato

Secondo la Corte territoriale, invece, l'amministratore, anche ammettendo che fosse consapevole dell'illecita fruizione dell'acqua da parte dei singoli condomini, non avrebbe mai potuto vietare, per far cessare l'azione illecita, l'utilizzo delle tubature idriche condominiali.

Pertanto, ad avviso dei giudici di secondo grado, nella condotta inerte tenuta dai vari amministratori succedutesi nel tempo, non era ravvisabile un fatto illecito, idoneo a fondare, ai sensi dell'articolo 2055 c.c., una responsabilità in solido del condominio.

Del resto, come sottolineava la stessa Corte, esula dai poteri dell'amministratore quello di attivarsi per impedire che mediante l'utilizzo di un impianto comune venga commesso un reato.

Inoltre, negavano esistesse una norma che consentisse di fondare una responsabilità del condominio, per illecita apprensione di acqua posta in essere dai singoli condomini.

La decisione

La Cassazione non ha ritenuto condivisibile il ragionamento dei giudici di secondo grado. Secondo i giudici supremi tale allaccio costituisce di per sé un illecito di cui non può non rispondere il condominio nella sua interezza ai sensi dell'articolo 2043 c.c.; in particolare tale illecito si configura come illecito permanente produttivo di danni del quale deve rispondere il condominio finché non cessa l'illecito.

Nel caso di specie - ad avviso della Cassazione - il compito dell'amministratore sarebbe stato quello di compiere gli atti idonei ad evitare il perpetuarsi dell'illecito permanente consumato, in modo determinante, attraverso l'impianto condominiale, consistente nel tratto di condotta che diparte dal punto in cui avvenne l'allaccio abusivo e attraverso il quale si è perpetuato l'illecito consumo idrico.

Pertanto, ai sensi del 2043 c.c., il condominio, in persona dell'amministratore, risponde per non aver improntato la propria condotta omettendo di compiere quelle attività che avrebbe dovuto compiere.

Sentenza
Scarica Cass. 1 agosto 2022 n. 23823
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