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Contratto di locazione: è valida la disdetta del proprietario se fatta per conto del nuovo acquirente.

Compravendita del bene concesso in locazione: la disdetta intimata dal proprietario originario resta valida ed efficace nei confronti del conduttore.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

Cassazione civile, sezione III, sentenza 29 maggio 2013, n. 13449

In caso di compravendita del bene concesso in locazione, la disdetta intimata dal proprietario originario resta valida ed efficace nei confronti del conduttore anche ove non contenga la contemplatio domini, purché si accerti la piena conoscenza, da parte del conduttore medesimo, del mandato conferito (anche per fatti concludenti) dal nuovo proprietario del bene al venditore di disdettare il contratto di locazione già in essere.

Quanto innanzi, anche alla luce del principio della libertà della forma, secondo cui la disdetta costituisce atto unilaterale e recettizio che si concretizza in una manifestazione della volontà diretta a impedire la prosecuzione o rinnovazione tacita del rapporto locatizio e che ben può essere comunicata in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore la suddetta intenzione.

Questo il principio di diritto che si ricava dalla sentenza della Corte di Cassazione 29 maggio 2013, n. 13449, con la quale la suprema Corte torna a occuparsi di contratti di locazioni, con particolare riferimento alla forma e all'efficacia della disdetta intimata dal proprietario originario dell'immobile locato e poi ceduto a terzi.

Il caso. L'originario proprietario e locatore citava in giudizio la società conduttrice per ottenere la convalida della licenza per finita locazione, già intimata per la scadenza del contratto del 31/03/2004.

In accoglimento delle difese eccepite dalla conduttrice, il tribunale rigettava la domanda ritenendo inefficace la disdetta, in quanto non proveniente dal reale locatore, atteso che il bene locato risultava essere stato venduto dall'intimante nel 2002; né era emerso che la disdetta contenesse espressa menzione della volontà dell'ex locatore di agire come rappresentante del nuovo proprietario per la disdetta del contratto di locazione.

In sede d'appello, la Corte territoriale ribaltava la sentenza di primo grado, dichiarando la cessazione del contratto di locazione stipulato dalle parti.

Avverso la sentenza predetta la conduttrice proponeva ricorso in cassazione, articolato in tre punti:

  1. Inefficacia della disdetta, in quanto intimata da un soggetto non più proprietario dell'immobile, né titolare del rapporto locatizio;
  2. Mancanza della contemplatio domini della lettera di disdetta, da cui si possa evincere che l'ex proprietario ha agito in nome e per conto del nuovo proprietario;
  3. Impossibilità di qualificare come ratifica alcuno dei comportamenti del nuovo proprietario successivi all'invio della disdetta.

Il potere di rappresentanza.

La decisione in commento ruota intorno all'istituto della contemplatio domini, ossia la spendita del norme del rappresentato da parte del rappresentante, che consente, da un lato, al soggetto terzo di avere consapevolezza del fatto che la controparte agisce in rappresentanza di altro soggetto e, dall'altro lato, di riferire gli effetti giudici dell'attività posta in essere dalle parti direttamente in capo al soggetto rappresentato.

Ecco i casi in cui si può recedere dal contratto di locazione.

La giurisprudenza è unanime nell'affermare che la spendita del norme non deve necessariamente emergere dall'atto (nel caso di specie, dalla disdetta del contratto di locazione), ma può risultare anche da comportamenti concludenti del rappresentante, idonei a rendere edotto l'altro contraente che egli agisce non solo nell'interesse, ma anche in nome del rappresentato, nella cui sfera giuridica gli effetti dell'atto sono destinati a prodursi direttamente (cfr. Cass. civ. 11 agosto 2011, n. 17219).

La disdetta intimata dal proprietario originario del bene. Ciò premesso, nel caso di specie l'originario proprietario, pur non avendo espressamente speso il nome del rappresentato nella disdetta, aveva sicuramente agito per conto della nuovo proprietario, atteso che quest'ultimo aveva fatto inequivocabilmente intendere di aver conferito mandato e ne aveva, in ogni caso, ratificato l'operato con il suo comportamento successivo.

Si tratta, osserva la suprema Corte, di circostanza pacifica, considerato che "il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato è all'evidenza basato sul presupposto che nel preliminare la promissaria acquirente avesse conferito alla promittente venditrice mandato a disdettare il contratto di locazione in corso" e che il conduttore era conoscenza del contenuto del preliminare, come risulta provato in sede istruttoria.

Libertà delle forme: valida la disdetta anche senza raccomandata. Sulla base di queste considerazioni, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso, confermando la validità ed efficacia della disdetta intimata dal proprietario originario e, di conseguenza, la cessazione del contratto di locazione stipulato tra le parti.

La decisione adottata risulta conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità, la quale ha costantemente affermato, con riferimento alla disdetta, il principio della libertà delle forme.

E tanto sul rilievo che la disdetta costituisce atto negoziale unilaterale e recettizio, espressione di un diritto potestativo attribuito ex lege al locatore e concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo.

Atto che può essere comunicato in qualsiasi modo, purché idoneo a portare a conoscenza del conduttore l'inequivocabile volontà del locatore di non rinnovare il rapporto alla scadenza.

In tale contesto, è stato significativamente evidenziato che la comunicazione della disdetta a mezzo lettera raccomandata, prevista dall'art. 3 della legge n. 392 del 1978, peraltro abrogato dall'art. 14 della legge n. 431 del 1998, non è forma prescritta a pena di nullità.

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