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Dall'equo compenso all'equo ribasso?

Se il compenso degli amministratori di condominio è talvolta minore di quello corrisposto all'addetto alla pulizia delle scale, un motivo ci sarà…
Avv. Michele Zuppardi - Foro di Taranto 

Il titolo potrà anche non piacere, ma devo confessare che l'ho scelto apposta. Se vogliamo parlar chiaro e delineare per davvero quanto giornalmente accade nel settore delle amministrazioni condominiali, la domanda che introduce questa riflessione appare più che sensata.

Il tema che affrontiamo oggi è infatti particolarmente delicato, dal momento che da un lato richiama la sordità statale nei confronti delle continue istanze provenienti dal comparto, e dall'altro sottolinea la lotta intestina che da sempre viene autoalimentata all'interno del comparto stesso.

Se l'equo compenso appare sempre più come il vero miraggio di una categoria svenduta, l'equo ribasso rappresenta l'altra faccia della medaglia e si autodenuncia continuamente, sotto gli occhi di tutti, nella sua desolante e squallida veste di grave vizio capitale degli amministratori di condominio.

I professionisti del ramo, insomma, mentre si erigono a paladini di una futuribile giustizia tabellare invocando gli ancora inesistenti parametri delle loro competenze, continuano sottobanco a giocare al ribasso, a volte quasi al limite dell'umiliazione, pur di accaparrarsi l'edificio di turno.

La nostra rubrica sui sette peccati che meglio identificano i gestori della cosa comune, giunta quest'oggi al terzo appuntamento, permette allora - proprio sul tema dei compensi - un'utile collegamento all'appassionata e approfondita analisi che ho pubblicato appena martedì scorso su queste stesse colonne, e consente altresì di richiamare - capitalizzandoli - i numerosi commenti che al medesimo articolo sono successivamente seguiti.

Avevo sottolineato ai lettori le sempre più articolate competenze che la legge attribuisce ai professionisti del condominio, i quali - come è oramai arcinoto - si trovano inesorabilmente a fronteggiare, con rilevanti responsabilità personali, infinite questioni di tipologie diverse che sempre più insistentemente impongono, in due sole parole, managerialità e multidisciplinarietà.

E avevo pure evidenziato la sostanziale paralisi della normativa statale, che proprio con l'ultima superficiale e sciapita riforma del condominio ha ben dimostrato - già otto anni fa - la sua incapacità di esprimere valore aggiunto nel rapporto fra condòmini e amministratori, consentendo il perdurare di un pericoloso immobilismo rimasto utile solo a chi ha voluto lucrare senza offrire né qualità né efficienza.

Equo compenso: l'amministratore lavora, risolve, garantisce e protegge. Equo ribasso: l'amministratore rinvia, traccheggia, dimentica e rischia. I veri professionisti spingono per l'equo compenso, e si trovano a fare i conti con gli immancabili avventurieri che agevolano l'equo ribasso.

Dicevo che i commenti non si sono fatti attendere, ed hanno generato quello che per tantissimi operatori del ramo è diventato un piagnisteo collettivo.

Gli amministratori condominiali sono malpagati, e pure maltrattati. I condòmini sono esigenti, ma non vogliono che la loro tasca si tocchi più di tanto. La concorrenza è sleale, e in qualche modo bisogna pure campare. La legge, infine, scarica continuamente adempimenti e soffoca gli studi dei mandatari.

È un circolo vizioso che alimenta la corsa all'equo ribasso, sul quale pure dovremmo riflettere proprio in considerazione del valore intrinseco di tale "equità".

Misteri del mercato? Forse. Ma come si fa a preventivare compensi che verrebbero cestinati anche da chi permane sotto la soglia di povertà? Come è possibile farcire le candidature con ingredienti tanto eccelsi da proporre poi al prezzo del "fuori tutto"? Come si possono ingaggiare lotte sfiancanti quanto assurde pure per l'assunzione di incarichi miserevoli?

Mi ricordo i tempi della liberalizzazione tariffaria imposta agli avvocati da un certo esecutivo giunto al potere, e ricordo le guerriglie tra colleghi in abito blu condotte pure per conquistare pratichette di second'ordine al prezzo di due soldi.

I clienti abboccavano all'amo del pescatore più spregiudicato, ma la selezione e gli "aggiustamenti" legislativi, negli anni, hanno contribuito a parare i colpi peggiori. Tutto questo, naturalmente, senza contare i danni arrecati alla categoria delle toghe.

Ulteriori spunti di analisi e riflessione sull'equità del compenso.

Certo che se la clientela dei tribunali è fortunatamente molto variegata, e il tempo ha aggiustato qualcosa, il pubblico dei condòmini viaggia sempre e solo a senso unico. Per gli amministrati, il loro gestore non può mancare, dev'essere sempre reperibile e deve pure accontentarsi. La legge è assente, i soldi sono pochi e per le innumerevoli incombenze chi amministra deve portare pazienza.

Se l'articolo 1135 del codice civile dispone che l'assemblea dei condòmini "provvede alla conferma dell'amministratore e all'eventuale sua retribuzione", figuriamoci quale dignità può mai essere attribuita agli amministratori stessi.

Fa sorridere che la legge, pur se riformata, ha messo paletti e imposizioni per garantire l'ordinata gestione delle cose comuni e poi scivola sulla "eventuale " retribuzione, come se per davvero tutto quanto possa pure essere svolto gratis.

E fa sorridere inoltre quanto si legge nell'articolo 1129 del codice civile, ove è affermato che "contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali", come se - già dal primo rinnovo - egli possa aver addirittura cambiato identità.

Ma soprattutto, ancora in relazione al 1129 cod. civ., se "l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta", come farà egli a farsi pagare per tutte le imprevedibili seccature che gli vengono via via imposte dalla legge?

L'osservatorio è davvero desolante, ed è un dato di fatto che l'identità degli amministratori fatichi ad essere riconosciuta per davvero.

Per fortuna, qualche buona notizia ogni tanto arriva. Un'autorevole ricerca condotta dal Centro Studi sull'Economia Immobiliare CSEI - Tecnoborsa - ha rilevato come il 60% per cento degli italiani che vivono in condominio sia soddisfatto del loro gestore, mentre un quindici per cento indica il pollice verso e la restante parte "si accontenta".

Il gioco al ribasso evidentemente funziona. Ed anche se, come dice qualcuno, il compenso degli amministratori è talvolta minore di quello corrisposto all'addetto alla pulizia delle scale, un motivo certamente ci sarà. In attesa che il legislatore si ponga il problema del mercato delle vacche, se bisogna giocoforza fare sconti, che siano almeno equi.

Equo compenso per tutte le professioni intellettuali.

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