Una norma di un regolamento condominiale vieta l’apposizione di targhe sulla facciata dell’edificio. La ragione del divieto, evidentemente, è quella di tutelare il decoro dell’edificio.
Una volta che l’amministratore della compagine è venuto a conoscenza dell’infrazione deve attivarsi per ottenere il rispetto del regolamento condominiale. Egli può spingersi fino ad intraprendere un’azione giudiziaria per ottenere ciò.
Secondo la Cassazione, infatti, per agire in giudizio ““ l'amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare, posto che egli è già tenuto ex lege (art. 1130 c.c., comma 1, n. 1: ex plurimis, cfr. Cass. n. 14088/1999; Cass. n. 9378/1997) a curare l'osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all'abitabilità dell'edificio ” (Cass. 26 giugno 2006 n. 14735).
Soffermiamoci in questo caso alla fase precedente quella giudiziale. In sostanza, in questo articolo risponderemo alla domanda: in che modo l’amministratore potrà agire, per via stragiudiziale, per ottenere il rispetto del regolamento?
La risposta è contenuta nell’art. 1133 c.c. a mente del quale l’amministratore, nell’ambito dei propri poteri, può adottare provvedimenti con efficacia obbligatoria nei confronti di tutti i condomini.
Poiché spetta all’amministratore curare l’osservanza del regolamento condominiale e visto che per fare ciò deve adottare delle decisioni, il modo per richiamare al rispetto dello statuto del condominio è quello dell’adozione di provvedimenti ex art. 1133 c.c.
Chiarito ciò è lecito domandarsi: che cosa possono fare i condomini che reputano illegittimo il provvedimento di cui sopra?
Ai sensi del più volte citato art. 1133 c.c. “[…].“ Contro i provvedimenti dell'amministratore e ammesso ricorso all'assemblea, senza pregiudizio del ricorso all'autorità giudiziaria nei casi e nel termine previsti dall'art. 1137 ”.
Il significato della norma e la mancanza d’interdipendenza tra ricorso all’assemblea o all’Autorità Giudiziaria è stato ben spiegato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 13689 dello scorso 22 giugno.
A dar ascolto ad alcune teorie, infatti, il passaggio assembleare sarebbe propedeutico al ricorso giudiziale (un po’ come per la nomina dell’amministratore ai sensi dell’art. 1129 c.c.).
Niente di più sbagliato! Secondo i giudici di legittimità ““ è questa un'errata interpretazione dell'art. 1133 c.c., già esclusa dalla giurisprudenza (Cass. 960/77; 804/74).
La dottrina propende con certezza per la immediata impugnabilità del provvedimento per motivi di legittimità.
Minori certezze sussistono in ordine alla ricorribilità diretta al giudice quando sia controversa una questione di merito, quale quella qui esaminata.
V'è infatti chi preferisce ipotizzare che sia necessario preventivamente adire l'assemblea per contestare il provvedimento dell'amministratore. La tesi non convince.
Il testo codicistico prevede infatti il ricorso all'assemblea, "senza pregiudizio" del ricorse all'autorità giudiziaria, così lasciando trasparire dal punto di vista letterale la compatibilità tra i due rimedi.
Il favor verso la tutela giurisdizionale e il pieno esercizio del diritto di azione inducono ad escludere la costruzione in via pretoria di condizioni di procedibilità ” (Cass. 22 giugno 2011 n. 13689).
Il provvedimento, quindi, può essere contestato in assemblea o impugnato in giudizio. La scelta spetta al condomino.