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Infiltrazioni in due alloggi adiacenti uno sopra l'atro per eventi atmosferici identici ma distanti di tre anni: chi e come devono essere risarciti i danni?

In tema di giudizio per responsabilità del condomino da cosa in custodia, è sufficiente per chi agisce dimostrare il potere di custodia sulla cosa.
Avv. Anna Nicola 

Il Trib. Sondrio n. 266 del 18 luglio 2022 esamina questo caso particolare.

Infiltrazioni in due alloggi adiacenti uno sopra l'atro per eventi atmosferici identici ma distanti di tre anni. Il caso di specie

Con atto di citazione le due condomine, proprietarie ciascuna di un appartamento facente parte del condominio convenuto, evocavano in giudizio il condominio lamentando danni da due episodi di infiltrazioni provenienti dalle parti comuni, occorsi rispettivamente il 18.12.2010 e il 25.4.2013.

Riferivano che, all'esito di previo procedimento per a.t.p. avanti al Tribunale di Sondrio, svoltosi in contumacia del condominio, il nominato c.t.u. depositava la relazione il 15.11.2016 e quantificava il danno per complessivi € 51.750,00.

Domandavano pertanto la condanna del condominio al risarcimento del danno così quantificato, al netto di € 4.180,00 percepiti dalla propria assicurazione, oltre alla rifusione delle spese tecniche e legali per il procedimento di a.t.p.

Il condominio, ritualmente costituitosi, contestava le domande avversarie rilevando in primo luogo

La nullità della notifica nei propri confronti del ricorso per a.t.p., l'inutilizzabilità della relazione depositata e la conseguente prescrizione della domanda risarcitoria relativa al primo sinistro del 18.12.2010 per mancata interruzione del decorso del termine ex art. 2947 comma 1 c.c. Contestava altresì nel merito la domanda attorea.

Intervenivano volontariamente alcuni condòmini che si associavano alle difese del condominio, previa chiamata in manleva, in relazione al solo secondo sinistro, dell'amministratore che, ritualmente costituitosi, chiamava a sua volta la propria assicurazione che si costituiva ritualmente.

La decisione

Il Tribunale ha rigettato l'eccezione di nullità della c.t.u., Nel merito, in punto di an del danno, il giudice ha osservato parte attrice ha agito ex art. 2051 c.c. per il risarcimento del dei danni al proprio appartamento - ammaloramenti dei pavimenti, dei serramenti e delle pareti per umidità - in seguito al sinistro occorso il 25.4.2013, consistito in infiltrazioni d'acqua nel pavimento provenienti da parti comuni, in particolare dall'occlusione di un pozzetto condominiale di raccolta delle acque piovane.

Responsabilità del condominio da cosa in custodia

In tema di giudizio per responsabilità del condomino da cosa in custodia, è sufficiente per chi agisce dimostrare il potere di custodia sulla cosa, senz'altro sussistente in capo al condominio sul pozzetto in questione, nonché il nesso causale tra cosa (pozzetto occluso) e l'evento dannoso (ammaloramenti); per contro, il custode è tenuto rigorosamente a provare il caso fortuito, ovvero che l'evento si è verificato per un evento dal carattere eccezionale e imprevedibile.

In ordine alla prova del nesso causale, da valutarsi secondo il consolidato principio giurisprudenziale della ragionevole probabilità (da ultime, Cass. 29.4.2022, n. 13512; Cass. 29.9.2021 n. 26304), il Tribunale ha evidenziato che già dall'esame complessivo degli atti di causa ricorrevano elementi precisi e concordanti a dimostrazione della provenienza delle infiltrazioni dal pozzetto occluso:

  • in primo luogo, dal verbale di sopralluogo del 11.5.2013 del perito dell'assicurazione del condomino, risulta come causa dichiarata un'occlusione del pozzetto di scarico acque meteoriche posto sul lato est dell'abitazione, da cui vi è stata una fuoriuscita d'acqua che è penetrata attraverso il muro perimetrale e la soletta per poi invadere l'appartamento di proprietà" di un'immobiliare;
  • con successiva mail del 29.5.2013, il medesimo perito comunicava al condominio che "come [...] confermatomi successivamente dall'amministratore, in data 25.4.2013 a causa di un intasamento di uno scarico pluviale sul fronte Est del condominio, si verificavano notevoli accumuli esterni di acqua che penetravano nel terreno e nelle mura perimetrali, per poi sfociare all'interno dell'appartamento [...]";
  • il 11.5.2013 il condominio, in sede assembleare, approvava l'esecuzione di opere per il "rifacimento del pozzetto per renderlo più idoneo alle funzioni di drenaggio", comportamento all'evidenza concludente circa il malfunzionamento del pozzetto comune; ancor più se si considera che le deliberate opere furono effettivamente realizzate con la costruzione di un altro pozzetto più capiente, come accertato dal c.t.u.

L'espletata c.t.u. ha poi consentito di confermare le già dirimenti risultanze documentali:

  • il pozzetto de quo risulta di ridottissime dimensioni e di scarsa profondità (10 cm. circa) insufficiente a raccogliere l'acqua piovana la quale, non potendo sfogare attraverso le tubazioni, si infiltrava nel terreno ed in parte percolava verso valle, così da interessare il muro perimetrale dell'appartamento dell'attrice posto a quota inferiore rispetto al terreno condominiale;
  • il c.t.u. ha altresì verificato che la quota del terreno del pozzetto presenta una differenza in altezza di circa 17 cm in più rispetto al piano di calpestio dell'appartamento attoreo, favorendo pertanto la convergenza delle acque esorbitanti dal pozzetto verso l'immobile attoreo.

Per contro, la prova del caso fortuito dell'occlusione, oggetto di rigoroso onere legato ai requisiti dell'eccezionalità e dell'imprevedibilità, non può essere correlata agli eventi atmosferici affermati dal condominio (precipitazioni primaverili e rapido scioglimento della neve), considerato che il sinistro è avvenuto, in località di montagna (1.700 metri di altitudine) in piena primavera (fine aprile), periodo in cui sono notoriamente frequenti i fenomeni di disgelo della coltre di neve invernale, tenuto conto della rilevante concausa dell'inidoneità del pozzetto in questione (per casi analoghi, cfr. Cass. 24.9.2015 n. 18777, Cass. 17.12.2014 n. 26545).

Quantum del danno

In punto di quantum del danno, posto che il precedente sinistro del 2010 - non risarcibile in quanto prescritto - è consistito in infiltrazioni provenienti dal soffitto dell'appartamento, in relazione al sinistro oggetto di causa si è considerato le sole infiltrazioni provenienti dal pavimento dell'appartamento e, pertanto, quelle relative alla base dei serramenti (porte, stipiti laterali, celino, coprifili, zoccolini e battiscopa), alla pavimentazione in legno di larice anticato ed al fianco di un armadio in legno.

Gli interventi, di natura sostitutiva per i serramenti e conservativa per i pavimenti e l'armadio, condivisibile in relazione al buono stato in cui si trovano, sono stati dal c.t.u. congruamente stimati nella misura di € 12.571,25; le spese tecniche, di spostamento del mobilio e del vitto/alloggio delle maestranze in cantiere della durata di giorni 15 (eccessiva si reputa la prospettata durata del cantiere di giorni 45, essendo escluso il rifacimento della pavimentazione) ammontano ad € 5.525,00.

Si reputa corretta l'esclusione dal danno risarcibile dei fenomeni di distacco del rivestimento in marmorino, posto che lo stesso risulta ben collegato al supporto, salvo che per qualche brevissimo tratto, tenuto altresì conto che l'umidità è ascesa sino al livello del battiscopa e non nello strato della finitura in marmorino al di sopra di esso; parimenti corretta si reputa l'esclusione del danno alle murature esterne, porzione condominiale estranea all'appartamento attoreo.

Al fine, poi, di evitare ingiustificate duplicazioni risarcitorie, occorre valutare i rapporti tra il sinistro in questione e quello occorso nel 2010.

Al riguardo, va necessariamente osservato che il primo sinistro, consistito in infiltrazioni nell'appartamento attoreo provenienti dal piano superiore, ha pacificamente interessato i medesimi manufatti, poi ulteriormente colpiti dal secondo sinistro a causa del percolamento verso il basso dell'umidità (in un documento allegato dall'attore, datato 1.9.2011 e riferito al primo sinistro, sono già menzionati ammaloramenti a serramenti, battiscopa e pavimento).

Considerato che la funzione del risarcimento del danno per equivalente consiste nel ripristinare il valore della cosa danneggiata al momento in cui si trovava prima del verificarsi del sinistro, tenuto conto che nel caso di specie che il primo sinistro non è risarcibile in quanto prescritto, il risarcimento in questione non può essere liquidato nel valore a nuovo dei beni danneggiati, bensì in quello in cui essi si trovavano nel 2013, nello stato conseguente al sinistro del 2010, posto che risulta pacifico che non erano stati oggetto di riparazione. In caso contrario, in capo all'attore si verificherebbe un ingiustificato arricchimento, percependo un risarcimento in misura maggiore rispetto a beni che erano già parzialmente ammalorati.

Pertanto, posto che nel caso di specie dalle fotografie prodotte né dalla relazione del c.t.u. è possibile distinguere con sufficiente adeguatezza le conseguenze del primo sinistro da quelle del secondo, si è proceduto alla riduzione del danno ut supra liquidato secondo equità ex art. 1226 c.c. (riduzione dell'importo liquidato nella misura del 60%, limitatamente ai danni alle cose, con esclusione delle spese tecniche e per le maestranze, da liquidarsi per intero).

Sentenza
Scarica Trib. Sondrio 18 luglio 2022 n. 266
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