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Chi tra inquilino e proprietario deve pagare le spese per il compenso dell'amministratore di condominio?

Il compenso dell'amministratore di condominio è spesso oggetto di contrasti tra proprietari e conduttori: chi lo deve pagare? Che cosa dice la legge? Che cosa possono stabilire i contratti?
Avv. Alessandro Gallucci 

Amministratore di condominio, il rapporto con i condòmini

L'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (così, ex multis, Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148).

La conclusione cui è giunta la massima espressione della Corte nomofilattica è stata sostanzialmente recepita dal Legislatore, che, con la nota legge n. 220 del 2012, novellando l'art. 1129 c.c., al suo quindicesimo comma, ha stabilito che ai rapporti tra condominio ed amministratore, oltre che quanto disposto dal medesimo art. 1129 c.c. si applicano le regole dettate in materia di mandato.

L'amministratore di condominio, è cosa nota, è nominato dall'assemblea con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti alla riunione che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio (500 millesimi). Per l'incarico affidatogli il mandatario ha diritto ad essere retribuito.

Al riguardo è bene ricordare che, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, in considerazione del fatto che i rapporti amministratore condominio sono regolati dalle norme sul contratto di mandato, «per quanto riguarda la retribuzione, dall'art. 1709 cod. civ., secondo cui - contrariamente a quanto stabilito dal corrispondente art. 1753 del codice civile previgente e, per quanto riguarda espressamente l'amministratore del condominio, dall'art. 16 del r.d.l. 15 gennaio 1934, n. 56 - il mandato si presume oneroso.

In tale contesto normativo, l'art. 1135, n. 1, cod. civ., che considera "eventuale " la retribuzione dell'amministratore, va inteso nel senso che l'assemblea può determinarsi espressamente per la gratuità» (Cass. 16 aprile 1987 n. 3774).

Il quattordicesimo comma dell'art. 1129 c.c. specifica che l'amministratore, all'atto della nomina ovvero di ogni suo rinnovo deve indicare il compenso richiesto per l'attività richiestagli, pena la nullità della nomina medesima.

Compenso dell'amministratore di condominio nei rapporti tra proprietario e conduttore, il silenzio della legge

Appurato che l'amministratore ha diritto, salvo diverso accordo, ad una retribuzione per l'opera svolta è utile domandarsi: se l'unità immobiliare è concessa in locazione, chi paga le spese inerenti il compenso del legale rappresentante della compagine? Il conduttore o il proprietario?

Ai sensi dei primi due commi dell'art. 9 legge n. 392/78 (c.d. legga sul'equo canone):

«Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore, alla fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell'aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni.

Le spese per il servizio di portineria sono a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore».

Non viene menzionato il compenso per l'amministratore. Per parte della giurisprudenza l'art. 9 appena citato contiene un'elencazione tassativa delle spese che possono essere addebitate all'inquilino.

Nemmeno i decreti ministeriali attuativi della legge n. 431/1998 riguardanti particolari tipologie contrattuali (così detti contratti a canine concordato, transitori e per studenti universitari) in materia di locazione ad uso abitativo stabiliscono nulla sul compenso dell'amministratore condominiale.

La questione, normativamente parlando, è sostanzialmente rimossa: che il compenso dell'amministratore sia spesa afferente alla proprietà e quindi che debba essere assolta dal proprietario, ovvero anche al godimento dell'immobile e quindi che deve essere sostenuta, in tutto o in parte, dal conduttore è affare che è stato rimesso all'opera della giurisprudenza.

Compenso dell'amministratore di condominio nei rapporti tra proprietario e conduttore: la soluzione giurisprudenziale e il contenuto dei contratti

In alcune sentenze è stato affermato che «le spese relative al compenso corrisposto all' amministratore del condominio e le spese sostenute dallo stesso nell'esercizio della sua attività non rientrano tra gli oneri accessori che l'art. 9 della legge n. 392 del 1978 pone a carico del conduttore dell'immobile, sicché del relativo importo non può essere tenuto conto ai fini di accertare la sussistenza o meno della morosità del conduttore medesimo» (così Cass. civ., sez. III, 3 giugno 1991, n. 6216).

Ciò nonostante molti accordi contrattuali prevedono (e molte associazioni di categoria rispondono) che la spesa debba essere ripartita tra proprietario ed inquilino al 50%. Come considerare questa presa di posizione?

Secondo la lettura più accreditata della norma, l'art. 9 dev'essere letto in questo modo: le parti nel contratto possono stabilire che alcune spese elencate nella norma o ad esse assimilabili possono essere poste in capo al proprietario, ma nessuno dei costi non indicati può essere addebitato al conduttore, perché la norma in esame ha carattere imperativo e come tale è da ritenersi inderogabile.

Conseguenza naturale, dunque, sarebbe quella di considerare queste clausole insanabilmente nulle, con la conseguenza che quanto versato dal conduttore in ragione di partecipazione alle spese inerenti al compenso dell'amministratore condominiale possa essere richiesto indietro.

È bene rammentare che non è obbligo dell'amministratore ripartire i costi condominiali tra proprietario e conduttore e che questa mansione, ove specificato al momento dell'assunzione dell'incarico, può avere un costo specifico.

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