La questione oramai da diverso tempo agita i sonni di amministratori e condòmini ma ora, la Corte di Cassazione, con due recenti sentenze particolarmente interessanti mette ordine alla materia con l'affermazione di principi, per alcuni aspetti, anche innovativi.
Per quanto concerne il posto auto, l'art. 41 –sexies, della Legge 17.08.1942, n. 1150, prevede che, nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione (articolo aggiunto dall'art. 17, L. 6 agosto 1967, n. 765, e sostituito dall'art. 2, comma 2, L. 24 marzo 1989, n. 122).
Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse (comma aggiunto dall'art. 12, comma 9, L. 28 novembre 2005, n. 246).
Fatta questa premessa, c'è da chiedersi se è possibile vendere un appartamento riservandosi la titolarità dell'uso del relativo posto auto.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4733, del 10/03/2015, si esprime in senso negativo, escludendo l'anzidetta possibilità.
Il caso è quello di coniugi che avevano stipulato un contratto di acquisto di un immobile in condominio, per il quale tuttavia i venditori si erano riservati il diritto d'uso del posto auto scoperto, contraddistinto dal n. 10 dello spazio condominiale.
Gli stessi convenivano in giudizio i venditori per sentire affermare la nullità del contratto di compravendita (stipulato il 28 novembre 1991), nella parte in cui non prevedeva il contestuale trasferimento del diritto di uso del posto auto, con condanna degli stessi al rilascio del bene e al risarcimento dei danni.
Dopo due sentenze, primo grado e appello, di segno diametralmente opposto, la causa è giunta in cassazione che, in definitiva, ha accolto le doglianze dei coniugi acquirenti.
La Suprema Corte, ricordando i propri precedenti, afferma come la fattispecie in esame regolata, ratione temporis, dalla L. n. 1152 del 1942, art. 41 sexies, prescrive un vincolo di destinazione inviolabile tra spazi destinati a parcheggio e cubatura totale dell'edificio, determinando pertanto un diritto reale d'uso sugli spazi predetti in favore di tutti i condomini (Tra le tante: Cass. civ., 23/01/2006, n. 1221;Cass. civ., 16/01/2008, n. 730; Cass. civ., 14/07/2011, n. 15509; Cass. civ., 27/12/2011, n. 28950).
(Arriva una mini-rivoluzione per i parcheggi in condominio.)
Tanto è vero che: “In tema di aree destinate a parcheggio, la norma dell'art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotta dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell'edificio, senza imporre all'originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione.
Pertanto, ove l'azione per il riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice di merito può individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli di proprietà del condomino istante, senza che di tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso immobiliare, il quale potrebbe astrattamente usucapire la rimanente parte dell'area vincolata.
Il diritto all'uso dell'area pertinente ad un fabbricato per parcheggio dell'auto è di natura reale, e, pertanto, si prescrive - per il combinato disposto degli artt. 1026 e 1014 cod. civ. - dopo vent'anni dall'acquisto dell'unità immobiliare” (Cass. civ., 27/01/2012, n. 1214).
Ciò posto, precisa la sentenza in commento, che la realizzazione successiva di un locale mansarda, così come realizzato dai venditori, comporta l'alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e metri cubi di costruzione, in danno del diritto degli acquirenti dell'appartamento a fruire del posto auto, sotto forma di diritto reale d'uso, di talché il vincolo di destinazione, imposto dalla normativa speciale richiamata, risulta eluso mediante l'alterazione del precedente standard urbanistico, attuata con la realizzazione ex post di una unità immobiliare abusiva, pertanto, risulta illegittimo l'omesso trasferimento del diritto di uso del posto auto agli acquirenti.
In virtù di ciò, enuncia il principio di diritto per cui: “… costituisce violazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, l'alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e metri cubi di costruzione che si produce attraverso la realizzazione ex post di unità immobiliari abusive”.
In buona sostanza, con la vendita dell'appartamento, necessariamente deve essere trasferito il diritto d'uso del posto auto, che deve essere non inferiore ad un metro quadro per ogni venti metri cubi di costruzione, per le costruzioni realizzate dopo il 1° settembre 1967 (data di entrata in vigore della Legge Ponte, L. 6 agosto 1967, n. 765), ovvero in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione, per le costruzioni realizzate in epoca successiva al 7 aprile 1989 (data di entrata in vigore della Legge Tognoli, L. 24 marzo 1989, n. 122).
Va da se che, una volta che siano stati riservati per parcheggi gli spazi nella predetta misura, ogni spazio ulteriore può essere liberamente venduto, locato o formare oggetto di altri negozi giuridici.
Da evidenziare, tuttavia, che l'articolo 12, comma 9, Legge n. 246/2005, ha aggiunto all'art. 41 –sexies L. n. 1150/1942, sopro vista, il seguente comma: “Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”, con ciò liberalizzando il trasferimento e la vendita delle aree destinate a parcheggi, ora non più vincolate all'unità immobiliare e, pertanto, vendibili separatamente anche a soggetti estranei al condominio, norma tuttavia applicabile alle costruzioni realizzate dopo il 16 gennaio 2005.
(Arriva una mini-rivoluzione per i parcheggi in condominio.)
Motivo per cui, di fondamentale importanza riveste l'epoca di realizzazione dell'immobile, onde verificare la normativa concretamente applicabile ratione temporis.
Tanto è vero che: “In tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, la L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, che ha modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferito in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali al momento della sua entrata in vigore, non erano state ancora stipulate le vendite delle singole unità immobiliari; l'efficacia retroattiva della norma va, infatti, esclusa in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore, e, dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazione maturate prima della loro entrata in vigore” (In tale senso: Cass. civ., n. 6437/2014, n. 9090/2012, n. 1753/2013 e n. 26253/2013).
Sempre in tema di posti auto, l'utilizzazione del cortile comune a parcheggio e, quindi, l'esercizio del diritto reale d'uso di ogni singolo condomino sul relativo posto auto, non può mai determinare lo scioglimento della comunione, salvo che ciò non venga deciso dalla totalità dei condòmini.
E' quanto di recente affermato dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 6573, del 31/03/2015, per la quale, in materia di comunione, la destinazione del cortile comune a parcheggio non dà luogo alla divisione del cortile, per il quale invece è necessario il consenso di tutti i proprietari, ma al più costituisce innovazione avente ad oggetto le modalità di uso del cortile comune, con finalità di razionalizzare tale uso e quindi rendere più comodo il godimento dell'area, senza pregiudicare il godimento di alcuno dei partecipanti alla comunione.
Ed invero, la mera individuazione dei singoli posti di pertinenza dei relativi condòmini, quand'anche effettuata per mezzo di apposite strisce di segnaletica orizzontale, non dà luogo ad una immutazione materiale innovativa, né comporta lo scioglimento della comunione del bene, considerato che tali opere consento al più un ordinato e razionale uso paritario del bene, ma non ne compromette certo la destinazione, la consistenza fisica o la comproprietà del cortile.
(Assegnazione dei posti auto in misura maggiore)
Tanto è vero che: “La delibera condominiale con la quale si decide di adibire il cortile comune - di ampiezza insufficiente a garantire il parcheggio delle autovetture condominiali - a parcheggio dei motoveicoli, con individuazione degli spazi, delimitazione ed assegnazione degli stessi ai singoli condomini, non dà luogo ad una innovazione vietata dall'art. 1120 cod. civ., non comportando tale assegnazione una trasformazione della originaria destinazione del bene comune, o l'inservibilità di talune parti dell'edificio all'uso o al godimento anche di un singolo condomino” (Cass. civ., 05/03/2008, n. 5997. Nello stesso senso: Cass. civ., ordinanza, 12/07/2011, n. 15319).
Peraltro, chi dovesse ritenere di aver acquistato la proprietà del bene adibito a posto auto a titolo di usucapione (vale a dire con il possesso pacifico, non violento e ininterrotto per un periodo temporale di almeno vent'anni), deve senz'altro dimostrare di aver esercitato il possesso uti dominus, anziché uti condominas, vale a dire che deve fornire la prova di aver gestito il posto auto come se ne fosse l'effettivo proprietario e non in virtù di un possesso esercitato quale mero condomino (Cfr.: Cass. civ., 31/03/2015, n. 6573).
Per completezza evidenziamo come la delibera di assegnazione nominativa di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della seconda autovettura, da un lato, sottrae utilizzazione del bene comune a coloro che non posseggono la seconda autovettura e, dall'altro, crea i presupposti per l'acquisto da parte del condomino, che usi la cosa comune con “animo domini” (uti dominus), della relativa proprietà a titolo di usucapione - non essendo a tal fine necessaria l'interversione del possesso da parte del compossessore il quale, attraverso l'occupazione della relativa area, eserciti un possesso esclusivo, impedendo automaticamente agli altri condomini di utilizzarla allo stesso modo - rappresenta una innovazione, vietata ai sensi dell'art. 1120 co. II c.c., pertanto, la delibera risulta affetta da nullità (Cfr.: Cass. civ., 22/01/2004, n. 1004).
Al contrario, è stata ritenuta pienamente legittima la delibera assembleare che, considerata l'insufficienza dei posti auto comuni in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, anche se gli aventi diritto non occupino in quel momento l'area di parcheggio loro riservata.
Tale decisione, infatti, non si pone in contrasto con l'art. 1102 c.c., costituendo corretto esercizio del potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune da parte dell'assemblea, né risulterebbe violato l'art. 1138 c.c., considerato che la volontà collettiva espressa in assemblea in merito all'impossibilità del simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari e, pertanto, l'esclusione dall'utilizzo da parte degli altri condomini, degli spazi adibiti a parcheggio eventualmente lasciati liberi dai soggetti che beneficiano del turno, non impedisce affatto il godimento individuale del bene comune ma, piuttosto, evita che attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna, tale da negare l'avvicendamento nel godimento o da indurre all'incertezza del suo avverarsi (Cfr.: Cass. civ., 19/07/2012, n. 12485).
STUDIO LEGALE AVV. PAOLO ACCOTI