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Accettazione dell'opera, vizi e conseguenze

L'appaltatore, come suo obbligo fondamentale, è tenuto ad eseguire bene l'opera affidatagli, con materiali idonei e a perfetta regola d'arte.
Avv. Caterina Natalotto - Foro di Palermo 

L'inosservanza delle regole base (uso di materiali idonei e esecuzione a regola d'arte), essenziali nell'esecuzione degli appalti, porta ad affermare che l'assuntore è tenuto a garantire il risultato tecnico dell'opera dedotta in contratto.

In materia di appalto la consegna dell'opera e la sua accettazione ex art. 1665 c.c. liberano l'appaltatore dalla responsabilità per vizi palesi e riconoscibili dal committente ex art. 1667 c.c., i quali devono necessariamente essere fatti valere in sede di verifica o collaudo (cfr. Cass. 2019/n. 11; conf. Cass. 2000/n. 7969) è 'questo il principio ripreso dal Tribunale di Foggia con sentenza n. 1094/2020.

Appalto e difetti dell'opera: l a garanzia legale per le difformità e i vizi

Il contenzioso in materia di appalto concerne, frequentemente, l'asserzione del committente che l'opera non è stata eseguita a regola d'arte, ponendosi cos?` un problema di responsabilità civile dell'appaltatore.

Vi è di conseguenza un'ampia giurisprudenza in materia. La responsabilità dell'appaltatore, derivando da contratto, ha proprio natura contrattuale.

Il principio è stato confermato da recente giurisprudenza, laddove di garanzia per le difformità e i vizi nel contratto di appalto si indica che la garanzia ex artt. 1667 e 1668 c.c. costituisce un'applicazione della comune responsabilità per inadempimento o inesatto adempimento, differenziata dall'ordinario regime solo dalle particolari disposizioni attinenti ai termini di contestazione e decadenza.

La responsabilità per le difformità e i vizi dell'opera nel contratto di appalto è sostanzialmente di tipo oggettivo, nel senso che prescinde dalla colpa dell'appaltatore. Ne consegue che l'appaltatore potrà andare esente da responsabilità solo nel caso estremo in cui riesca a dimostrare l'impossibilità della prestazione.

La diligenza con cui è tenuto a operare l'appaltatore è sicuramente di tipo professionale (art. 1176, 2º co., c.c.).

Tuttavia, la legge prevede che la garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché' in questo caso non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore (art. 1667, 1º co., 2º periodo, c.c.).

Bisogna, pertanto, anzitutto, capire cosa si intenda con «accettazione» dell'opera.

Di norma l'accettazione dell'opera consiste in una dichiarazione espressa, dopo che sono state effettuate le necessarie verifiche da parte del committente.

Il committente dispone di un vero e proprio diritto di verificare l'opera compiuta (art. 1665, 1º co., c.c.). il così detto «collaudo». Le verifiche possono avere esito positivo oppure negativo.

In caso di esito negativo del collaudo, l'opera non viene accettata dal committente (e la garanzia legale rimane viva). In ipotesi invece di esito positivo del collaudo, il committente accetta l'opera c.d. «accettazione espressa».

Appalto e difetti dell'opera: onere della prova

Cominciamo col dire che ogni volta che il committente abbia accettato l'opera, anche in maniera tacita (come quando la riceve senza riserve, art. 1665 comma 4 c.c.), è lo stesso committente a dover provare l'esistenza dei vizi scoperti successivamente.

Relativamente all'onere della prova la Cassazione negli anni ha ragionato partendo da due principi. Il principio di vicinanza della prova che è alla base della sentenza n. 13533/2001, in tema di riparto dell'onere probatorio nelle obbligazioni contrattuali, secondo il quale, in materia di appalto, il committente che, avendo accettato l'opera, ha la disponibilità materiale e giuridica della stessa, è la parte che può meglio accertare il vizio (Cass. Civ. n. 19146/2013 confermata da Cass. Sez. Un. 11748/2019) ed il principio negativa non sunt probanda, secondo il quale la prova dell'esistenza del vizio della cosa è una prova positiva, più agevole di quella negativa di inesistenza del vizio medesimo.

Il vizio, rispetto al concetto di inadempimento in generale, ha un sostrato materiale che rende piana l'applicazione dell'art. 2967 c.c.

Se l'appaltatore riconosce il vizio la prescrizione diventa decennale?

Dunque, riassumendo, in tema di garanzia per difformità e vizi nell'appalto, l'accettazione dell'opera segna lo spartiacque ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, mentre, una volta che l'opera sia stata positivamente verificata, anche "per facta concludentia", spetta al committente, che l'ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, giacché l'art. 1667 cod. civ. indica nel medesimo committente la parte gravata dall'onere della prova di tempestiva denuncia dei vizi ed essendo questo risultato ermeneutico in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova.

Una volta assolto da parte del committente l'onere di provare l'esistenza dei difetti, sorge a carico dell'appaltatore l'onere di provare che la cattiva esecuzione dell'opera è stata determinata dall'impossibilità di un esatto adempimento della prestazione derivante da causa ad esso non imputabile. La colpa dell'appaltatore è infatti presunta, in aderenza alla regola generale di cui all'art. 1218 c.c.

L'esecutore deve correggere anche gli errori del progettista

Appalto e difetti dell'opera: i l termine di decadenza per la denunzia (art. 1667, 2º co., c.c.)

La legge prevede che il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta (art. 1667, 2º co., 1º periodo, c.c.). Il committente è dunque anzitutto tenuto a «denunziare» i vizi.

La funzione della denunzia è quella d'informare l'appaltatore della presenza di difformità e vizi, affinché' questi si attivi.

Una volta che il committente ha denunziato i difetti, l'attivazione della garanzia implica - in capo all'appaltatore - le conseguenze previste dall'art. 1668 c.c. (eliminazione di difformità e vizi oppure diminuzione del prezzo). Il primo di tali rimedi implica un facere in capo all'appaltatore.

La legge vuole evitare che il committente segnali i difetti a lunga distanza di tempo dal momento in cui sono stati scoperti, per dare immediatamente all'appaltatore l'opportunità di difendersi e - laddove difformità e vizi sussistano effettivamente - di porvi rimedio.

Appalto e difetti dell'opera: la prescrizione delle azioni (art. 1667, 3º co., c.c.) e l'eliminazione delle difformità e dei vizi con eventuale riduzione del prezzo

L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera (art. 1667, 3º co., 1º periodo, c.c.) perché è solo da tale momento che il committente, potendo visionare l'opera, ormai completata nella sua interezza, è in grado di verificare la correttezza del lavoro svolto dall'appaltatore; laddove constati difformità o vizi, può agire in giudizio.

La Corte di Cassazione ha deciso che il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell'azione di garanzia per vizi stabilito dall'art. 1667, 3º co. c.c. deve essere individuato con riferimento al momento della consegna definitiva dell'opera (con verifica e accettazione della medesima), e non già con riguardo a un'eventuale consegna anticipata, con riserva di verifica.

Il contenuto della garanzia è stabilito dall'art. 1668 c.c. secondo il quale il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore (art. 1668, 1º co., c.c.). Vengono, dunque, identificati tre rimedi: eliminazione di difformità e vizi oppure diminuzione del prezzo ovvero risarcimento del danno.

Il committente dispone di una facoltà di scelta, nel senso che - a seconda delle valutazioni che effettua nel caso specifico - può chiedere l'esatto adempimento oppure può accettare l'opera con difformità e vizi ottenendo però una diminuzione del prezzo che è chiamato a pagare.

Il risarcimento del danno, tuttavia, può essere chiesto dal committente in via autonoma (come unico rimedio) nel caso in cui lo stesso non chiede né la eliminazione dei difetti né la diminuzione del prezzo, ovvero lo può chiedere in via cumulativa in aggiunta ai rimedi dell'eliminazione dei difetti e della diminuzione del prezzo.

Tuttavia è bene specificare che la possibilità di chiedere il risarcimento del danno presuppone la sussistenza di un elemento oggettivo (il danno, appunto) e di un elemento soggettivo (la colpa).

Sentenza
Scarica Trib. Foggia 18 agosto 2020 n. 1094
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