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È illecito il rumore della birreria se chi abita vicino è addirittura costretto a mettere in vendita l'appartamento

La Cassazione ha confermato la condanna per il reato previsto dall'articolo 659 c.p. del titolare del locale colpevolmente indifferente al rumore prodotto dai clienti.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

L'esercizio di una birreria non può considerarsi di per sè mestiere rumoroso, in quanto la rumorosità dipende proprio dalle modalità e dalle scelte di gestione. In ambito condominiale il pericolo rumore derivante da un'attività di questo tipo può essere neutralizzato se una norma del regolamento di utilizzare non consente di utilizzare le unità immobiliari per aprire birrerie, bar o ristoranti nel caseggiato.

Del resto l'apertura di una birreria con musica dal vivo non è possibile neppure qualora una norma del regolamento contrattuale vieti di utilizzare le proprietà individuali per usi contrari alla tranquillità della collettività condominiale: in tale ipotesi il problema non è l'attività in sé, ma l'intrattenimento dei clienti con musica e spettacoli, la presenza del magazzino dell'esercizio nel detto cortile con il connesso andirivieni, il protrarsi e la particolare collocazione temporale della situazione di disturbo in relazione all'apertura al pubblico dell'esercizio sino a tarda ora notturna.

Se mancano però queste norme di protezione è possibile che i locali in questione possano rendere difficile la vita dei condomini, arrivando a costringerli a scelte dannose ma inevitabili.

La questione è stata affrontata in una recente decisione della Cassazione (sentenza 27 marzo 2023 n. 12555).

Rumore della birreria e vicino costretto a mettere in vendita l'appartamento. Fatto e decisione

Alcuni residenti nelle vicinanze di una birreria per anni avvertivano costantemente, nelle ore notturne, rumori derivanti dallo spostamento di sedie in ferro, urla, voci, risate e grida provenienti dal detto locale. Successivamente le persone offese proponevano querela e alcune di loro si costituivano parti civili. Il reato contestato era quello (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) di cui al primo comma dell'articolo 659 c.p. ("chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309").

Il Tribunale condannava il titolare della birreria nel centro storico alla pena di euro 300 di ammenda, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.

La Cassazione ha confermato tale decisione. I giudici supremi hanno ricordato che il gestore del locale deve impedire gli schiamazzi prodotti dagli avventori sia all'interno che fuori dell'esercizio. Inoltre hanno notato che la motivazione del giudice, logica e non contraddittoria, si è basata sulle dichiarazioni dei testimoni ed in particolare di uno degli stessi il quale riferiva di avere messo in vendita il suo appartamento a causa del rumore; tali elementi hanno dimostrato la perduranza nel tempo e la diffusività del rumore, ma anche la sua idoneità a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone.

Del resto l'imputato ha violato il regolamento di polizia urbana del Comune che imponeva allo stesso di attivarsi in modo di evitare i comportamenti rumorosi degli avventori.

Considerazioni conclusive

Secondo l'art. 40 c.p., comma 2, risponde di un evento dannoso o pericoloso colui il quale abbia l'obbligo giuridico di impedirlo. Sulla base di questa norma risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne: in altre parole la veste di titolare della gestione dell'esercizio pubblico comporta l'assunzione dell'obbligo giuridico di controllare che i comportamento dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell'ordine e della tranquillità pubblica (Cass. pen., sez. III, 22/01/2020, n. 14750).

Il gestore del locale, quindi, deve ricorrere a vari mezzi per impedire il rumore quali, gli avvisi alla clientela, l'impiego di personale dedicato, la somministrazione di bevande soltanto in recipienti non da asporto, in modo che vengano consumate all'interno del locale, la richiesta dell'intervento della polizia e all'esclusione degli avventori che permangono rumorosamente in sosta in sosta davanti al locale (Cass. pen., sez. III, 08/05/2017, n. 22142). Non risultano misure sufficienti l'apposizione di cartelli, né l'invito rivolto alle persone di non fare rumore.

Sentenza
Scarica Cass. pen. 27 marzo 2023 n. 12555
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