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La proposta irrevocabile di acquisto può considerarsi un contratto di compravendita vero e proprio?

La proposta di acquisto non può considerarsi un contratto di compravendita.
Avv. Leonarda Colucci 

Il Tribunale di Bologna si è pronunciato su una vicenda che vede protagonisti: da un lato un'agenzia immobiliare che rivendica le proprie provvigioni contestando al proponente acquirente la mancata stipula del contratto preliminare, e dall'altro il promittente acquirente che dopo aver sottoscritto la proposta di irrevocabile ha comunicato la sua intenzione di recedere dal contratto a fronte dell'atteggiamento menzognero assunto dall'agenzia immobiliare che aveva sostenuto qualità che l'immobile oggetto di compravendita non aveva.

Il fatto. L'agenzia immobiliare Alfa cita in giudizio con procedimento sommario il promittente acquirente di un immobile assumendo che quest'ultimo, in data 18 maggio 2010, aveva sottoscritto una proposta irrevocabile di acquisto, ma in un secondo momento aveva comunicato all'agenzia la propria intenzione di recedere dal contratto assumendo di essere stato tratto in inganno dall'annuncio dell'agenzia immobiliare secondo il quale l'immobile oggetto di compravendita avrebbe consentito di realizzare un nuovo edificio in base ai criteri della “bioarchitettura”, mentre in realtà il Comune aveva immediatamente smentito tale possibilità.

L'agenzia immobiliare, dal canto suo, ritiene di non aver indotto in errore il convenuto concludendo che non esistevano le condizioni che consentissero a quest'ultimo la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto e di esercitare il diritto di recesso, e pertanto, l'attrice chiedeva una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. che imponesse al convenuto l'obbligo di concludere il contratto preliminare sottoscritto in data 18.5.2010.

Dal canto suo, invece, il promittente acquirente ha respinto le pretese dell'agenzia immobiliare sostenendo che quest'ultima aveva garantito che nell'immobile oggetto di compravendita sarebbe stato possibile realizzare ben 6 unità abitative per ben 670 mq di costruzione e dopo aver preso atto che l'immobile non presentava le caratteristiche promesse, e che nessun progetto era stato presentato dalla parte venditrice, aveva comunicato il suo diritto di recesso chiedendo il doppio della caparra versata al momento della sottoscrizione della proposta irrevocabile di acquisto.

In virtù del comportamento della controparte, quindi, il promittente acquirente con domanda riconvenzionale ha chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento ed in alternativa il recesso chiedendo il doppio della caparra versata al momento della sottoscrizione della proposta. (In tema di recesso illegittimo e di inadempimento dell'altra parte di scarda importanza si segnala il seguente contributo: Preliminare di vendita. Recesso è illegittimo se la controparte ha già versato quasi tutto il prezzo pattuito).

La caparra confirmatoria ed i rimedi previsti dal secondo e terzo comma dell'art. 1385 c.c.. L'art. 1385 c.c. disciplina la caparra confirmatoria stabilendo che, nell'ipotesi di versamento al momento della conclusione del contratto di una somma di denaro o di una quantità di cose fungibili a titolo di caparra confirmatoria, nel caso di inadempimento di uno dei contraenti la parte non inadempiente ha la facoltà di scegliere fra due soluzioni.

Infatti il soggetto non inadempiente potrà scegliere: se recedere dal contratto e trattenere la caparra a ricevuta ovvero esigere il doppio di quella versata, non avendo in tal caso bisogno di dimostrare di aver subito un danno effettivo; oppure potrà decidere di agire in giudizio e chiedere risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno che, in tale caso, sarà regolato dalle norme generali e questo vuol dire che sarà onere del soggetto non inadempiente dimostrare l' an ed il quantum del danno sopportato.(Cass. civ., S.U., 14.1.2009, n. 553; C. civ., Sez. II, 17.12.2013, n. 28204)

La sentenza del Tribunale di Bologna. Il giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Bologna, dopo aver preso atto della documentazione (proposta irrevocabile di acquisto) prodotta da parte attrice ( agenzia immobiliare), ed analizzato nel dettaglio l'accordo intercorso fra le parti, ha osservato che nel caso di specie non è stata sottoscritta solo una semplice proposta di acquisto ma è stato concluso un vero e proprio contratto di compravendita nel momento in cui la proposta irrevocabile dell'acquirente è giunta a conoscenza della parte venditrice.

Tale circostanza ha indotto il giudice a respingere la domanda di parte attrice tesa ad ottenere una pronuncia costitutiva ai sensi dell'art. 2932 c.c. per ottenere il trasferimento dell'immobile oggetto di proposta irrevocabile, poiché è chiaro che fra le parti si è già perfezionato un negozio ad efficacia reale immediatamente traslativo della proprietà.

Per questo l'agenzia immobiliare avrebbe dovuto chiedere solo l'accertamento dell'avvenuto trasferimento del diritto di proprietà in capo all'acquirente in forza del contratto di compravendita, ma non di certo un sentenza ex art. 2932 c.c..

Per quanto riguarda, invece, la richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento avanzata dal convenuto, fondata sul fatto che l'immobile non corrispondesse alla descrizione dell'immobile contenuta nell'annuncio immobiliare con riferimento alla capacità edificatoria ed alla possibilità di realizzare, dopo aver abbattuto il precedente, un edificio secondo le caratteristiche della bioarchitettura: il Tribunale di Bologna, anche in virtù del contributo offerto da una consulenza tecnica d'ufficio, ha respinto le richieste del convenuto stabilendo che l'immobile oggetto di compravendita poteva essere utilizzato per la destinazione richiesta dall'acquirente seppur per dimensioni ridotte (476 mq) rispetto alle indicazioni fornite dall'annuncio commerciale.

In virtù di tali circostanze la sentenza ha ritenuto contrario al principio di buona fede il rifiuto opposto dal convenuto alla stipula del rogito, mentre ha stabilito che il venditore ha il diritto di trattenere la somma percepita a titolo di caparra.

Per quanto riguarda, invece, la domanda di pagamento della provvigione avanzata da parte dell'agenzia immobiliare il Tribunale di Bologna ha deciso per il rigetto di tale pretesa anche in virtù del comportamento osservato dal mediatore durante lo svolgimento delle trattative contrattuali, che non ha assolto l'obbligo di corretta informazione in base al criterio della media diligenza professionale, dato che non ha controllato le notizie che gli sono stato fornite dal venditore. (Cass. civ. Sez.

III, 08-05-2012, n. 6926) (Sull'obbligo del mediatore di verificare le notizie che gli vengono fornite vedasi: Il mediatore non può limitarsi a trasmettere informazioni non verificate)

Niente da fare, quindi, per entrambe le parti poiché l'agenzia immobiliare non può ottenere le sue provvigioni, mentre il promittente acquirente non può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento né tantomeno può chiedere la restituzione del doppio della caparra esercitando il diritto di recesso.

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