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Come ripartire le spese di sostituzione della pulsantiera dell'impianto citofonico in condominio?

Pulsantiera del citofono in condominio: qual è il criterio di ripartizione delle spese applicabile?
Avv. Alessandro Gallucci 

Pulsantiera del citofono, sostituzione e ripartizione spese: il quesito

«Nell'ultima assemblea condominiale abbiamo deciso di sostituire la pulsantiera dell'impianto citofonico.

Il condominio in cui abito è composto di dodici unità immobiliari e di altrettanti proprietari; siamo stati tutti d'accordo sulla sostituzione (la pulsantiera era davvero vecchia e necessitava di riparazioni ogni due per tre) ma sono sorti dei contrasti al momento di decidere sulle modalità di riparto della spesa.

Io ed alcuni vicini sosteniamo che la spesa debba essere suddivisa in parti uguali perché quella parte d'impianto è utilizzata da tutti allo stesso modo. Altri condomini, invece, ritengono che la spesa debba essere ripartita in base ai millesimi di proprietà. Non avendo trovato accordo sul punto abbiamo lasciato cadere la questione.

Adesso, però, spetta all'amministratore operare la scelta: potete immaginare le processioni presso il suo studio di chi si è incaponito sostenendo le opposte ragioni. Io non ho preconcetti, vorrei solo che si decidesse secondo legge. Che cosa deve fare l'amministratore?»

Questo il quesito che c'è giunto da un nostro lettore; gli diamo risposta spiegandone il perché.

Pulsantiera del citofono, la tipologia incide sulla natura condominiale

Per rispondere alla domanda è necessario prima di tutto capire se l'impianto citofonico (in tutte le sue componenti) è da ritenersi un bene comune.

La risposta è la seguente: dipende dalla sua conformazione. Non è raro, ma si tratta di casi di piccoli condominii o più che altro di condominii minimi, che ogni abitante abbia una propria pulsantiera e che essa sia collegata direttamente ed esclusivamente con l'unità immobiliare di riferimento.

In tal caso siamo davanti ad impianti ad uso individuale (e di proprietà individuale) posizionati su parti di proprietà comune.

Diverso è il caso descritto dal nostro utente: in esso, infatti, la pulsantiera è comune a tutti.

L'art. 1117 c.c. non menziona espressamente l'impianto citofonico tra i beni di proprietà comune. Poco male; com'è noto, invero, tale elencazione ha carattere meramente esemplificativo e non esaustivo di parti dell'edificio, servizi ed impianti che devono essere considerati condominiali (cfr. tra le tante Cass. 4 giugno 2014 n. 12572).

L'importante, per essere tale, è che il bene non menzionato dall'art. 1117 c.c. assolva ad una funzione strumentale all'uso delle unità immobiliari e che la sua condominialità non sia esclusa a priori da titolo (leggasi atto d'acquisto o regolamento condominiale contrattuale trascritto o comunque sempre richiamato negli atti d'acquisto).

La pulsantiera, non sorgono dubbi, svolge questa funzione in quanto consente di citofonare direttamente nella singola unità immobiliare, un po' come, successivamente, la scala consente l'accesso.

Pulsantiera del citofono, il criterio di ripartizione della spesa

In questo contesto, pertanto, è utile ricordare che ai sensi dell'art. 1123, primo comma, c.c. «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione».

In buona sostanza il criterio principe di ripartizione delle spese condominiali per la conservazione dei beni comuni (la sostituzione della pulsantiera lo è, in quanto salvaguarda la corretta utilizzazione dell'impianto citofonico) è quello della suddivisione secondo millesimi di proprietà, salvo diverso accordo tra tutti i condomini. Ergo: l'amministratore del condominio dovrà ripartire tale spese secondo il criterio sopra indicato.

Pulsantiera del citofono, ripartizione in parti uguali e conseguenze

Che cosa succede se l'amministratore suddivide quella spesa in parti uguali? Se lo fa senza dar corso ad una delibera assembleare, quel suo provvedimento è contestabile ai sensi dell'art. 1133 c.c. e comunque emendabile in sede di approvazione del piano di riparto finale unitamente al rendiconto annuale condominiale.

E se è l'assemblea, in sede di approvazione dell'operato dell'amministratore, ovvero di propria iniziativa, a specificare che il costo della sostituzione della pulsantiera del citofono debba essere suddiviso in parti uguali.

A meno che quella decisione non sia frutto di errore, ossia di applicazione di un criterio esistente, ma dettato per altre spese (in tal caso la delibera andrebbe considerata annullabile), allora la scelta di derogare a maggioranza alle norme dettate in materia di ripartizione delle spese renderebbe quella decisione insanabilmente nulla.

Riguardo alle prerogative dell'assemblea in relazione alla scelta dei criteri di ripartizione delle spese condominiali, infatti, è stato più volte affermato in seno alla giurisprudenza di legittimità che «in mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell'art. 1123, comma primo, c.c., e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio 'capitario' le spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune» (Cass. 4 dicembre 2013, n. 27233, in senso conf. Cass. 21 febbraio 2018 n. 4259).

La conclusione che tale delibera sarebbe affetta da nullità, la traiamo sia da specifiche decisioni giurisprudenziali (es. Cass. 13 novembre 2018 n. 29220 ), sia dal fatto che è opinione unanime che la decisione dell'assemblea condominiali su argomenti esulanti le sue attribuzioni sia nulla (su tutte Cass. SS.UU. 8 marzo 2005 n. 4806).

Sulla possibilità del ricorso alla suddivisione delle spese in parti uguali, ma solamente per espressa disposizione contenuta in un regolamento contrattuale (ovvero in una delibera adottata col consenso di tutti i condòmini n.d.A.), cioè in ragione di una diversa convenzione, si veda tra le tante Cass. 7 ottobre 2013 n. 22824.

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