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Antenne in condominio. L'antenna centralizzata e quella autonoma. Il segnale analogico terrestre, quello digitale e l'impianto satellitare. Differenze normative.

Antenna in condominio, tra impianto centralizzato e individuale. I diritti e gli obblighi dei condòmini.
Avv. Alessandro Gallucci 

Antenna in condominio, tra diritto costituzionalmente tutelato e beni comuni

La ricezione del segnale radiotelevisivo è materia che, in ambito condominiale, ha generato non poco contenzioso.

Il così detto diritto d'antenna, sottintendendo la presenza del diritto all'informazione, e pertanto coinvolgendo valutazioni attinenti a situazioni giuridiche che trovano riscontro diretto nella Costituzione repubblicana, rappresenta, tra quelli dei condomini, uno dei diritti che riceve maggiore tutela.

Vale la pena capire, nell'ambito del condominio, quale sia la posizione dei singoli condomini in relazione all'impianto radiotelevisivo comune (c.d. impianto centralizzato) e quali siano le facoltà riconosciutegli dalla legge con riferimento alla possibilità d'installare un impianto autonomo.

Partiamo dalla prima ipotesi.

Impianto centralizzato

Al riguardo è necessario valutare due distinte ipotesi in relazione a due diversi tipi d'impianto.

L'impianto per la ricezione del segnale terrestre.

Se tale impianto è già presente, salvo diversa disposizione dell'atto d'acquisto (meglio: salvo differente disposizione dell'atto di cessione della prima unità immobiliare, quello che ha dato origine al condominio), dovrà essere considerato bene di proprietà comune agli appartamenti che serve.

Ciò vuol dire, sostanzialmente, che: il condomino non potrà rinunciare alla proprietà di questa cosa comune per sottrarsi alle spese ad essa relative. Se non ne farà più uso dovrà comunque partecipare alle spese per la conservazione del bene (art. 1118, secondo comma c.c.).

Il posizionamento dell'antenna in condominio tra poteri dell'assemblea ed esigenze del singolo condomino

Per quanto riguarda l'adeguamento dell'impianto terrestre alla ricezione del segnale digitale, salvo che non sia necessario operare modifiche sostanziali dell'antenna, l'intervento potrà essere deliberato dalla maggioranza semplice trattandosi d'opera d'ammodernamento di una parte comune.

Se, invece, l'impianto non esiste e i condomini vogliano provvedere ad installarne ex novo uno comune, la deliberazione che decide in tal senso dovrà essere adottata con le maggioranze previste per le innovazioni. Trattandosi, inoltre, di bene suscettibile d'utilizzazione separata, il condomino contrario potrà rifiutarsi di partecipare alla spesa.

Dismissione impianto Tv condominiale

L'assemblea condominiale può decidere di non riparare un impianto per la ricezione del segnale radio-tv o addirittura di dismetterlo ?

Per la Cassazione, o almeno per una isolata pronuncia dei giudici di legittimità, sì. Si legge in una sentenza resa nel gennaio 2014 che «l'antenna centralizzata per la ricezione di canali televisivi pur essendo cosa comune ai sensi dell'art. 1117 c.c., n. 3, non costituisce ex se bene comune, se non in quanto idonea a soddisfare l'interesse dei condomini a fruire del relativo servizio condominiale. La volontà collettiva, regolarmente espressa in assemblea, volta ad escludere siffatto uso, non si pone, pertanto, come contraria al diritto dei singoli condomini sul bene comune, perché quest'ultimo è tale finché assolva, a beneficio di tutti i partecipanti, la sua funzione; e questa, a sua volta, rientra nella signoria dell'assemblea, la quale come può attuarla istituendo il relativo servizio comune, così può sopprimerla con l'unico limite di non incidere sulle proprietà esclusive, cioè sulle parti dell'impianto di proprietà individuale» (Cass. 11 gennaio 2012 n. 144).

Se non t'impedisco di usare la Tv perché non incido sull'impianto di proprietà esclusiva, allora posso decidere di dismettere l'impianto Tv condominiale. Una presa di posizione che, almeno ad avviso dello scrivente, solleva più di qualche obiezione data la rilevanza dei diritti individuali connessi all'uso di quell'impianto comune.

Impianto satellitare

La situazione per questo tipo d'impianto è identica a quella dell'impianto terrestre se esso è coevo all'edificazione dello stabile.

Le differenze si notano allorquando si decide d'installarne uno in un momento successivo. Il legislatore, con la legge n. 66 del 2001, cercò di favorire l'installazione di tali impianti con l'intento di sostenere l'innovazione tecnologica ma anche di evitare la presenza su ogni balcone dei così detti antiestetici padelloni.

Ai sensi dell'art. 2-bis, tredicesimo comma, della legge n. 66 del 2001:

«Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefici fiscali».

La critica che più spesso è stata portata alla norma è relativa al fatto che parlando d'innovazione necessaria non consentirebbe ai condomini dissenzienti di non partecipare alla spesa al pari di quanto appare per l'impianto c.d. terrestre. Non si segnalano pronunce giurisprudenziali volte a dare soluzione a questo dubbio interpretativo.

Si segnala, invece, che la legge n. 220 del 2012, modificando l'art. 1120 c.c., al suo secondo comma ha inserito un espresso riferimento all'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite.

Ergo: a far data dal 18 giugno 2013, per espressa previsione della citata legge, che ha modificato espressamente anche la legge n. 66/01 (si veda art. 29 legge n. 220/2012), per la deliberazione di questa innovazione è sempre necessario, ossia tanto in prima quanto in seconda convocazione, il voto favorevole della maggioranza dei presenti all'assemblea ed almeno la metà del valore dell'edificio.

Installazione di un impianto autonomo

Ai sensi dell'art. 90, secondo-quinto comma, d.lgs n. 259/03 (c.d. codice della comunicazioni elettroniche):

«Il proprietario od il condominio non può opporsi all'appoggio di antenne, di sostegni, nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto, nell'immobile di sua proprietà occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini

I fili, cavi ed ogni altra installazione debbono essere collocati in guisa da non impedire il libero uso della cosa secondo la sua destinazione.

Il proprietario è tenuto a sopportare il passaggio nell'immobile di sua proprietà del personale dell'esercente il servizio che dimostri la necessità di accedervi per l'installazione, riparazione e manutenzione degli impianti di cui sopra.

Nei casi previsti dal presente articolo al proprietario non è dovuta alcuna indennità».

E' il c.d. diritto d'antenna che consente, anche in presenza d'un impianto comune, l'installazione di uno autonomo per il quale i vicini debbono sopportare la servitù di passaggio dei cavi nei limiti ed alle condizioni specificate.

L'installazione di un impianto autonomo non consente di rinunciare alla proprietà di quello comune ma, al massimo, solamente al suo uso. Ciò vuol dire che il condomino dovrà sempre partecipare alle spese di conservazione di questo bene.

Il contenuto di questa norma è stato sostanzialmente ripreso nell'art. 1122-bis c.c. dedicato agli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili; la norma, che di quella contenuta nel codice delle comunicazioni elettroniche rappresenta una specificazione più dettagliata, consente all'assemblea di disciplinare, al ricorrere di determinate condizioni questo genere d'installazione, ma non di vietarlo ovvero di sottoporlo a preventiva autorizzazione.

Ripartizione spese manutenzione antenna TV condominiale

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