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Il regolamento condominiale

Breve panoramica sul regolamento di condominio.
Avv. Alessandro Gallucci 

Leggendo sentenze e articoli sul regolamento condominiale è facile imbattersi in una definizione simile alla seguente: il regolamento condominiale è una sorta di statuto della compagine nel quale sono inserite le norme necessarie alla sua gestione e conservazione.

In effetti è così: il regolamento disciplina la vita condominiale e, nei limiti in cui ciò è consentito, crea delle regole specificamente previste per il condominio cui si riferisce.

Innanzitutto è bene ricordare che il regolamento è obbligatorio in quei condomini con almeno undici partecipanti. Se i partecipanti sono più di dieci, a dirlo è l'art. 1138 c.c., l'assemblea deve adottare un regolamento che contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.

A differenza della nomina dell'amministratore e delle tabelle millesimali (che pure ne sono un allegato), l'obbligatorietà del regolamento non può portare mai ad una richiesta di approvazione giudiziale del medesimo.

Tutti i condomini ed anche l'amministratore possono prendere l'iniziativa per la formazione e la revisione del regolamento che devono essere sempre approvate dall'assemblea con il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti all'assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi. Il regolamento è obbligatorio per i condomini e per i loro eredi ed aventi causa (art. 1107 c.c.).

Si è soliti, in dottrina e giurisprudenza, distinguere due tipologie di regolamenti:

a) quello assembleare, votato dai condomini con le maggioranze appena indicate;

b) quello contrattuale, adottato con il consenso di tutti i condomini o al momento dell'acquisto delle singole unità immobiliari oppure in un momento successivo.

Il regolamento contrattuale può contenere limiti e divieti d'uso delle cose comuni e delle unità immobiliari di proprietà esclusiva (es. no studi professionali), può derogare i criteri legali di ripartizione delle spese, può prevedere il divieto assoluto di alterazione del decoro dell'edificio ma non può mai derogare quanto previsto dagli artt. 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 c.c. e 63, 66, 67 e 69 disp. att. c.c.. (cfr. in tal senso art. 1138, quarto comma, c.c. e 72 disp. att. c.c.).

Il regolamento contrattuale, come qualunque contratto, vale solo tra coloro che l'hanno accettato (cfr. art. 1372 c.c.), salvo che non sia trascritto presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari (in tal caso sarebbe opponibile anche ai terzi, cfr. art. 2643 e ss. c.c.). Come dire: se uno dei nuovi condomini che ha acquistato da uno dei firmatari non ha accettato il regolamento, salta tutto.

La riforma ha previsto, inoltre, che il regolamento condominiale non possa vietare la detenzione di animali domestici nelle unità immobiliari. La norma, almeno secondo i primi orientamenti interpretativi, parrebbe valere solamente per i così detti regolamenti assembleari.

Sebbene si sia soliti parlare di regolamento di origine contrattuale o assembleare, la giurisprudenza (cfr. su tutte Cass. SS.UU. 30 dicembre 1999 n. 943) ha specificato che ciò che conta non è l'origine dell'atto ma la natura del regolamento.

Ciò, rispetto ai regolamenti contrattuali vuol dire solamente una cosa: anche se questi atti sono stati adottati con il consenso di tutti i condomini, le clausole che hanno natura regolamentare (cioè quelle che si potrebbero trovare anche in un regolamento assembleare) possono essere modificate con le maggioranze indicate dall'art. 1138 c.c.

Regolamento condominiale giudiziale

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