Con sentenzan. 9156, depositata il 2 marzo 2015, la Cassazione ha precisato che è evidente la non offensività della condotta tenuta dal giovane imputato, perché "non vi sarebbe alcuna lesione al bene giuridico tutelato dalla norma, ovvero la salute pubblica, per la irrilevanza del principio attivo contenuto nelle piante di cannabis" sequestrate.
Mentre in primo grado vi era stata una condanna per il reato di "produzione di sostanze stupefacenti", in secondo grado era stata riconosciuta l'attenuante della "lieve entità". Tuttavia, i giudici di merito trovavano inoppugnabile la colpevolezza del giovane che in casa, sul proprio balcone, aveva coltivato cinque piantine di cannabis.
I giudici della Cassazione, cambiando rotta, hanno ravvisato un errore, tra il primo e il secondo grado, nel trascurare la modestissima attività di coltivazione domestica delle cinque piantine, da cui "sono risultati estraibili 0,1048 grammi di sostanza stupefacente, di cui non è stato neanche indicato il principio attivo".
La Corte di legittimità precisa che, la stessa giurisprudenza di legittimità, ha più volte precisato che "spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile" (Cass. Sez. Un., n. 28605 del 24/04/2008).
Nel caso si specie, la Corte precisa, che il giudice di merito non abbia fatto buon governo dei principi illustrati dalla giurisprudenza, laddove non ha riconosciuto che a fronte delle oggettive circostanze del fatto e della sia pure modesta attività, la condotta non è certamente offensiva dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice.