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Geometra e amministratore di condominio. Quando il Fisco non “la spunta” con lo studio di settore

Studi di settore e svolgimento dell'attività di amministratore di condominio.
Dott. Domenico Pirrò 

Nullo l'accertamento nei confronti di un geometra ove non tenga conto che i minori compensi dichiarati rispetto a quelli calcolati da Gerico risultano la conseguenza dello svolgimento contestuale dell'attività di amministratore di condominio in qualità di socio di una società.

L'importante principio in tema di accertamenti da studi di settore è stato nuovamente ribadito dai giudici della Corte di Cassazione, con sentenza n. 2663, dell'11 febbraio 2016, che hanno respinto il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 41/2008 della Commissione Tributaria Regionale di Genova.

Questi i fatti di causa. L'agenzia delle Entrate ligure emetteva avvisi di accertamento riferiti a più periodi di imposta nei confronti di un geometra essenzialmente basati sulla divergenza tra i compensi professionali dichiarati e quelli calcolati con l'applicazione dello studio di settore, contestando così maggiori imposte dirette e sul valore aggiunto.

Per l'Ufficio accertatore i compensi dichiarati dal professionista erano incongrui rispetto a quelli calcolati con lo studio di settore “SK03U”.

=> Quando l'amministratore incassa i compensi in nero

Il contribuente allora impugnava gli avvisi innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova che con sentenza accoglieva parzialmente il ricorso. I Giudici di appello, invece, riformavano la sentenza di primo grado impugnata dal professionista rigettando il gravame incidentale del Fisco, così annullando integralmente gli avvisi di accertamento emessi nei confronti del primo.

Il giudice d'appello riteneva, in particolare, che dagli atti in causa risultava provato che il contribuente aveva indicato, nel quadro RH dei modelli Unico 2001 e 2002 (relativi agli anni d'imposta 2000 e 2001), non contestato dall'Ufficio, oltre al proprio reddito professionale anche quello di partecipazione in una società (di cui era socio) nella quale aveva fatto confluire la sua attività di amministratore di condomini.

Con sei motivi di ricorso il Fisco ricorreva in Cassazione, denunciando, tra l'altro, plurime violazioni di norme sostanziali in cui sarebbe incorso il Giudice d'appello (artt. 2697 cc., 39 del D.P.R n. 600/73, 3 comma 181 della Legge n. 549/1995 e art. 62 sexies del D.L. n. 331/1993), concernenti il riparto dell'onere della prova nonché le gravi incongruenze tra i compensi dichiarati e quelli ipotizzabili in base all'attività svolta o agli studi di settore.

Per la Cassazione, invece, nessuno di essi aveva colto la ratio decidendi della Commissione Tributaria Regionale che pertanto doveva essere confermata.

Anche secondo la Cassazione, infatti, l'esistenza di un'altra attività esercitata dal professionista nei periodi di imposta oggetto di accertamento era sufficientemente provata e in alcun modo contestata dall'Ufficio.

In tema di studi di settore, hanno affermato in sentenza i Giudici di legittimità che hanno richiamato una recente pronuncia (n. 3415/2015), il contribuente può “allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la propria attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, si da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo gli studi di settore”.

Il principio ribadito dai Giudici di legittimità con riferimento ai “tanto contestati” accertamenti da studi di settore, che implicitamente conferma la necessità di un contraddittorio sostanziale in sede di accertamento che apra ad un'effettiva possibilità per il contribuente di allegare circostanze di fatto tali da contestare la pretesa erariale prima ancora che essa trovi forma in un avviso di accertamento, offre qualche spunto di riflessione ulteriore.

Secondo la Cassazione, infatti, la prova che può offrire il contribuente per vincere la pretesa erariale basata sugli studi di settore è sostanzialmente libera, tanto nei mezzi che nei contenuti.

Qualsiasi giustificazione, purché ovviamente ragionevole e provata, può essere fornita dal contribuente al fine di dar conto del perché il reddito dichiarato è “inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo gli studi di settore” o che i modelli su cui essi si basano si riferiscono ad attività in tutto o in parte diverse da quelle esercitate effettivamente.

Al riguardo bisogna ricordare che con tale metodologia di accertamento i ricavi (o compensi nel caso dei professionisti) potenziali sono determinati all'interno dei singoli settori economici, proprio considerando le effettive condizioni di operatività e tenendo conto delle variabili di natura contabile, delle variabili strutturali interne ed esterne nonché di informazioni qualitative in grado di influenzare il risultato dell'impresa o dell'attività professionale svolta.

Orbene, se lo studio di settore utilizzato per l'accertamento nei confronti di un contribuente non “veste” correttamente sullo stesso, o meglio sull'attività da questi esercitata, non è in grado di esprimere in modo del pari corretto la sua effettiva capacità contributiva, così come è accaduto nel caso sopposto al vaglio dei Giudici di legittimità in cui il geometra, in aggiunta alla a tale principale attività, svolgeva anche quella di amministratore di condomini in qualità di socio di una società, giustificativa pertanto di un minor reddito ritratto (e dichiarato) dalla prima.

Dal punto di vista dell'Ufficio è necessario ricordare, in proposito, che non è possibile un “accertamento in base ad un banale studio di settore non corroborato da argomentazioni inerenti la specifica situazione di fatto” (C.T.R. Lazio, n. 64/06/08, del 10.4.2008) e che quindi “deve supportare la non congruità derivante dall'applicazione degli studi di settore con ulteriori prove riferite specificamente all'attività monitorata, non essendo sufficienti allo scopo elementi solo genericamente riferibili al contribuente” (Cassazione, sentenze nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del 18/12/2009).

Ciò non è avvenuto con riferimento al caso sopposto al vaglio dei Giudici di legittimità, non avendo L'Agenzia delle entrate accertato d'ufficio (bene potendo) che il geometra, a latere di quest'ultima professione, svolgeva di fatto anche quella di amministratore di condominio, ragion per cui i compensi ritratti dalla prima attività si discostavano da quelli calcolati con lo studio di settore “SK03U”.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione n. 2663, dell'11 febbraio 2016.
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