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Il locatore ha il diritto di richiedere anche dopo la cessazione della locazione il pagamento degli oneri condominiali arretrati

Spese condominiali non pagate dall'inquilino e cessazione del contratto di locazione, il proprietario ha diritto al pagamento.
Corte App. Firenze, Sez. II Civ., sentenzadel 6 febbraio 2012, n. 62 

Una volta approvato il rendiconto annuale o anche cumulativamente quello relativo a più esercizi precedenti i, purché l’impegno di spesa riguardi il passato e non anche il futuro, sorge il credito del locatore verso il conduttore, anche dopo la cessazione del rapporto di locazione,, e l’eventuale inerzia prolungata del locatore può solo riverberarsi in suo danno ove lasci trascorrere il termine di prescrizione biennale ma non lo assoggetta a nessuna sanzione ove, anziché provvedere alla richiesta di rimborso nell’immediatezza dell’approvazione, si risolva ad esercitare il suo diritto fino a un giorno prima dello spirare del termine prescrizionale.

Nella sentenza si legge:

Il decreto ingiuntivo n. 3610/08 risulta emesso dal Tribunale di Firenze per il pagamento di oneri condominiali a carico dei conduttori M***. per la gestione 2001/2007 per complessivi € 4.496,28, già detratta la somma di € 876,74, indicata come versata in acconto (ma la circostanza risulta smentita dagli stessi appellati, i quali hanno sempre negato, fin dall’atto di opposizione, di avere pagato alcunché e per tale ragione le appellanti formulano anche domanda di pagamento della suindicata differenza.

Le questioni affrontate dalle parti nella presente causa sono molteplici e vanno esaminate nell’ordine, a partire dalla qualificazione della clausola n. 7 del contratto di locazione, che costituisce la fonte dell’obbligazione, per come interpretata dagli appellanti, in contrasto con la decisione del primo giudice che ha riferito la medesima ai servizi erogati per il quartiere e non anche per il condominio. Si procederà, quindi, ad una disamina analitica ripartita nei seguenti paragrafi.

1S. ulla clausola contrattuale.- L’art. 7 del contratto di locazione reca che “sono interamente a carico del conduttore le spese relative al servizio di pulizia, alla fornitura di acqua, dell’energia elettrica e allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni, se esistenti” ed il primo giudice reputa che tale clausola, facendo menzione di spese comuni, sia riferita al godimento dell’appartamento e non di spese condominiali e che, pertanto, in assenza anche di richiesta di rimborso se non successiva di circa un anno alla cessazione del rapporto, nulla sia dovuto dai conduttori.

La Corte non condivide l’interpretazione, poiché, pacifico essendo in causa che il quartiere concesso in locazione è ubicato in un condominio (sia pure composto di due soli proprietari), gli oneri indicati nella predetta clausola devono ritenersi, secondo l’id quod plerumque accidit, riferiti ai servizi comuni (e del resto l’uso della parola “servizio” porta a confermare tale conclusione) che si traducono nella pulizia (evidentemente delle parti comuni costituite dalle scale), nella fornitura dell’acqua (per effettuare le pulizie delle parti comuni), nella fornitura dell’energia elettrica (relativa all’illuminazione delle parti comuni), cui sono aggiunti servizi specifici relativi al singolo appartamento (spurgo pozzi neri e latrine) e altri servizi, se esistenti.

Non può, quindi, ritenersi da un lato la menzione della proprietà dell’immobile come enunciazione di una proprietà esclusiva dell’intero stabile, con la predetta locuzione intendendosi l’appartamento oggetto della locazione e dall’altro il riferimento alle spese poste a carico dei conduttori come spese di utenze private, per le quali, si deve ritenere in re ipsa che fossero a carico degli stessi senza bisogno di specificazione (ed occorrendo, semmai, una contraria pattuizione per il contrario), trattandosi di utenze destinate all’ordinario godimento del quartiere.

Così stando le cose, deve procedersi oltre nell’esame delle domande ed eccezioni formulate dalle parti.

2. Sull’eccepita prescrizione biennale.- La questione che deve essere subito esaminata, stante la sua natura di eccezione preliminare di merito, come tale suscettibile, se fondata, di portare alla definizione del giudizio, è quella della prescrizione.

La Corte non reputa, tuttavia, fondata l’eccezione.

Che il credito del locatore per il pagamento degli oneri condominiali posti a carico del conduttore dall'art. 9 della legge 27 luglio 1978 n. 392 si prescriva nel termine di due anni indicato dall'art. 6 l. 22 dicembre 1973 n. 841 per il diritto del locatore al rimborso delle spese sostenute per la fornitura dei servizi posti, per contratto, a carico del conduttore (Cass. civ. sez.

III 12 aprile 2006 n. 8609), non è oggetto di contestazione, tale essendo, invece, il momento della decorrenza del termine prescrizionale. Ad avviso del decidente (in adesione a Cass. civ. sez.

III 12 maggio 2003 n. 7184) nel caso, come quello qui in esame, in cui l'immobile locato sia compreso in un edificio in condominio, la decorrenza della prescrizione del diritto del condomino locatore al rimborso degli oneri accessori posti per legge o per contratto a carico dei conduttori, dalla data in cui l'assemblea dei condomini approva il bilancio consuntivo annuale con il riparto delle spese condominiali tra i condomini, trova giustificazione nella circostanza che solo in tale momento sorge il debito del condominio verso il condomino e, correlativamente, il credito del medesimo verso il conduttore (si veda anche Cass. civ. sez. II 5 novembre 1992 n. 11981).

A nulla vale eccepire che non essendo state tenute assemblee annuali nulla sarebbe dovuto perché, dovendosi far decorrere il termine iniziale della prescrizione dalla chiusura di ogni gestione annuale, quanto meno fino al febbraio del 2006 risulterebbe prescritto il diritto al pagamento, da un lato perché nessuna norma codicistica o di normativa speciale fissa i termini di inizio e di fine della gestione annuale e, dall’altro, perché, pur prevedendosi dall’art. 1135 c.c. l’approvazione annuale del rendiconto, nulla vieta che si possa procedere ad approvazioni cumulative per più anni, purché l’impegno di spesa riguardi il passato e non anche il futuro, per il quale, invece si deve ritenere operante una dimensione annuale della gestione condominiale il cui mancato rispetto comporterebbe la nullità della delibera di impegno di versamenti a carico dei condomini per più anni a venire (Cass. civ. sez. II 21 agosto 1996 n. 7706).

Del resto, una impugnativa per nullità della delibera non risulta formulata in questa sede, né avrebbe potuto esserlo, trattandosi di questione rimessa alla potestà del condomino e non anche del conduttore.

A ben vedere, tuttavia, la questione del momento dell’approvazione del riparto delle spese costituisce un falso problema, poiché non si comprende in che cosa la situazione qui in esame si differenzierebbe dall’ipotesi di regolare approvazione annuale dei consuntivi seguita all’inerzia del locatore di richiedere il rimborso al conduttore della sua quota: in entrambi i casi il diritto al pagamento non sorge se non dal momento della richiesta, posto che, per giurisprudenza più che consolidata, il soggetto debitore in tema di spese condominiali non pagate è sempre il condomino locatore che può solo rivalersi sul conduttore (Cass. civ. sez. II 9 dicembre 2009 n. 25781).

Una volta approvato il rendiconto sorge il credito del locatore verso il conduttore e l’eventuale inerzia prolungata del locatore può solo riverberarsi in suo danno ove lasci trascorrere il termine di prescrizione biennale ma non lo assoggetta a nessuna sanzione ove, anziché provvedere alla richiesta di rimborso nell’immediatezza dell’approvazione, si risolva ad esercitare il suo diritto fino a un giorno prima dello spirare del termine prescrizionale.

Sulla stessa linea di pensiero si pone la S.C. che afferma non potersi tenere conto del fatto che il conto consuntivo, relativo al conguaglio dovuto per uno specifico esercizio (nella specie 1990-1991), fosse stato approvato in data largamente successiva (nella specie dopo il marzo 1994), perché i ritardi dell'ente proprietario o comunque le eventuali norme che dispongono l'approvazione dei consuntivi in epoca successiva a quella di chiusura della gestione annuale, non sono idonee ad incidere sul rapporto privatistico di locazione dal quale nasce il credito per gli oneri accessori (v. Sez.

III, 7 febbraio 2000, n. 1338, dalla quel sono tratte le suddette argomentazioni e Cass. civ. sez. III 12 maggio 2003 n. 7184).

3S. ulla mancata richiesta di pagamento in costanza di rapporto.- Superata la questione della prescrizione risulta anche di agevole definizione la questione su cui ampiamente disquisisce la parte appellata circa la mancata richiesta di pagamento in costanza di rapporto: ebbene, se il diritto di pagamento degli oneri condominiali posti a carico del conduttore può essere esercitato solo con il verificarsi di taluni presupposti (nella specie l’approvazione del rendiconto) e se il corso della prescrizione inizia a maturare dal momento in cui il diritto può essere fatto valere,va da sé che non solo le appellanti non avrebbero potuto richiedere detto pagamento in costanza di rapporto per mancanza del presupposto legale ma, ove avessero inteso richiederne il rimborso, si sarebbero potute legittimamente sentire opporre la mancata approvazione del rendiconto.

4S. ulla restituzione della cauzione.- A non diverse conclusioni deve condurre l’avvenuta restituzione della cauzione senza riserva alcuna ed in particolare per quanto attiene agli oneri qui in esame.

L’avvenuta restituzione implica soltanto che il locatore, con una sua valutazione autonoma e insindacabile, rinunci alla garanzia costituita dal deposito ma non anche che rinunci all’eventuale diritto di conseguire il risarcimento dei danni ove prodotti dal conduttore nel corso della locazione ovvero, come nella specie, di rinunciare al rimborso degli oneri condominiali facenti carico al conduttore.

In tale senso si è espressa anche la S.C. che vede nel deposito cauzionale una mera funzione di garanzia dell'eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante con la conseguenza che, ove avvenga lo svincolo, volontario o coattivo, dei beni oggetto di deposito, in via di principio non possa riconoscersi a siffatta evenienza, proprio in ragione della anzidetta funzione tipica dell'istituto, un effetto diverso ed ulteriore rispetto a quello della perdita della garanzia liquida dal deposito stesso rappresentata, non potendosi, quindi, inferire, sempre e comunque, dalla sua dismissione l'insussistenza di obbligazioni inadempiute del conduttore o di danni da risarcire (Cass. civ. sez. III 21 aprile 2010 n. 9442; vedi anche Trib. Roma sez. V 8 febbraio 2006 n. 2884 in Il merito 2007, 4, 42).

La restituzione della cauzione, quindi, appare come un fatto neutro, rimesso alla mera valutazione del locatore che, quale creditore potenziale del conduttore, lo reputa comunque solvibile e si risolve a rendere le somme a lui consegnate a titolo di garanzia senza implicazione ulteriore (si tratta, cioè, di un fatto giuridico e non di un atto giuridico cui siano connesse conseguenze anche non previste o non volute da colui che lo pone in essere).

5. Sul pagamento degli oneri condominiali da parte della proprietà.- Tra le varie eccezioni formulate dagli appellati per contrastare la domanda di pagamento degli oneri condominiale viene sollevata anche quella della mancata prova dell’anticipazione delle spese, che non sarebbero dovute alle appellanti in quanto si verserebbe in ipotesi di rimborso e non di pagamento diretto. La realtà non è così.

L’art. 9 L. 392/1978 più su citato pone un obbligo diretto in capo al conduttore di pagamento degli oneri ivi descritti ed oggetto del presente giudizio, senza subordinarlo al previo pagamento da parte del locatore. È, tuttavia, indubbio che, per esercitare il diritto di ripetizione, si debba trattare di spese reali effettivamente sostenute e non meramente ipotetiche ed eventuali.

L’apparente rigidità della decisione invocata dagli appellati (Cass. civ. sez. III 28 settembre 2010 n. 20348 secondo cui qualora il conduttore, “convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell'art. 2697 c.c., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell'aver indirizzato la richiesta prevista dall'art. 9 della legge n. 392 del 1978, necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l'esistenza, l'ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto”) deve intendersi ridimensionata sulla sconta della considerazione che si vuole evitare richieste indebite di pagamento e non che sia necessaria la sequenza “anticipazione spese – rimborso”, essendo sufficiente che la parte che si proclama creditrice dimostri che un onere facente capo a terzi sia stato da essa sostenuto e ciò può avvenire direttamente, mediante materiale erogazione delle somme a mani dell’amministratore una volta operato il riparto, ovvero indirettamente mediante pagamento effettuato dal condominio per il tramite dell’amministratore con fondi di cui quest’ultimo già disponeva per essergli stati messi a disposizione dai condomini.

È ciò che si deve ritenere avvenuto nel caso di specie, nel quale le appellanti forniscono la prova del pagamento delle fatture relative ai servizi condominiali facenti carico pro quota ai conduttori (docc. 6 – 7 del fascicolo di primo grado delle F.***).

Il condominio, invero, è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini e l'esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l'amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi (Cass. civ. sez.

III 16 maggio 2011 n. 10717) così come i pagamenti effettuati dall’amministratore non possono ritenersi eseguiti da altri soggetti che non siano i singoli condomini che vi fanno fronte con i propri versamenti, sicché aver dimostrato il pagamento delle fatture relative ai servizi comuni costituisce una prova (ancorché presuntiva) dell’avere fatto fronte alle spese che competevano, invece, pro quota ai conduttori.

6S. ulla documentazione giustificativa mancata e sulla partecipazione dei conduttori all’assemblea condominiale.- La giurisprudenza legge la nuova disciplina sancita dall'art. 9 comma 3 L. 9 l. 27 luglio 1978 n. 392 non come imposizione a carico del locatore dell’onere di comunicazione della distinta delle spese condominiali, ma, facendo obbligo al conduttore di pagare gli oneri condominiali entro due mesi dalla loro richiesta, come determinazione nel medesimo periodo di un termine massimo entro il quale il conduttore può esercitare il diritto di chiedere l'indicazione specifica delle spese e dei criteri di ripartizione e di prendere visione dei documenti giustificativi.

Il conduttore, decorsi i due mesi dalla richiesta di pagamento degli oneri condominiali, deve ritenersi automaticamente in mora, alla stregua del principio dies interpellat pro homine e non può, quindi, sospendere o ritardare il pagamento degli oneri accessori, adducendo che la richiesta del locatore non era accompagnata dalla indicazione delle spese e dei criteri di ripartizione (App. Reggio Calabria 28 gennaio 2003 in In iure praesentia 2003, I, 22; Trib. Monza 15 gennaio 2003 Giur. merito 2003, 908 in Rass. locaz. condom. 2003, 449).

Nella specie, la richiesta di pagamento delle F. risulta inviata il 6/2/2008 con lettera con cui si chiede il pagamento della somma di € 5.373,02 (doc. 6 del fascicolo di primo grado delle appellanti) cui danno riscontro gli appellati con lettera 19/2/2008 (doc. 1 stesso fascicolo), nella quale non si fa alcun riferimento a richiesta di documentazione o censure per la mancata partecipazione ad assemblee condominiali, limitandosi essi a contestare di dovere alcunché.

Solo con lettera 17/4/2008 essi invocano il diritto di esame della documentazione (ma non sollevano censure sul mancato invito o sulla mancata partecipazione all’assemblea condominiale), sicché il decorso del termine di due mesi, congiunto con la considerazione che, comunque, gli appellati avrebbero potuto partecipare a riunioni in cui si fosse discusso di servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria (non è il caso qui in esame) o di modifica degli altri servizi comuni (altra ipotesi non ricorrente nella specie). Neppure tale profilo di contestazioni risulta, pertanto, condivisibile.

7S. ulla determinazione della somma dovuta.- Del tutto inammissibile si pone la contestazione sulla pretesa iniquità delle tabelle millesimali (non competendo al conduttore il potere di contestarne la legittimità e della conseguente impugnazione) e sulla pretesa eccessività della spesa per il vuotamento delle fosse biologiche, risultante da fatture agli atti, la determinazione di quanto dovuto dagli appellati risulta agevole in quanto il riparto delle spese risulta approvato dall’assemblea con la delibera del 12/2/2008 (docc. 1 - 2 del fascicolo monitorio) e, con riferimento al riparto, vi è un preciso riscontro nel doc. 7 del fascicolo monitorio con l’indicazione delle singole voci facenti carico ai conduttori (ed in relazione alle quali non vi è una specifica ed analitica contestazione, il diniego di pagamento essendo formulato in radice e nella globalità senza dedurre che taluna delle voci del riparto di cui al citato doc. 7 non sia dovuta) per complessivi € 5.373,02.

Semmai a tale ultimo proposito si rileva che, essendosi perentoriamente dedotto dagli appellati il mancato pagamento di alcunché per la gestione complessiva dal 2001 al 2007, deve ritenersi frutto di un errore materiale l’indicazione della minor somma di € 4.496,28 contenuta in decreto ingiuntivo e dovuta la somma di € 876,74, pari alla differenza tra quanto ingiunto e quanto effettivamente dovuto, oltre gli interessi legali a far tempo dalla domanda, contenuta nella comparsa di risposta depositata il 9/1/2009.

8. Sulle spese di causa.- In applicazione del principio della soccombenza, avuto riguardo all’esito complessivo della controversia, le spese processuali di entrambi i gradi del giudizio devono essere poste a carico degli appellati e vanno liquidate come da dispositivo, applicato lo scaglione per le cause di valore fino a € 25.900,00.

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