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La festa è finita. E' reato violare i limiti dell'inquinamento acustico

Sequestro preventivo degli impianti di diffusione sonora e condanna esemplare al costruttore.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

Via libera della Corte di cassazione al sequestro preventivo degli impianti di diffusione sonora di alcuni locali notturni che, da anni, disturbavano la quiete degli abitanti dei Murazzi del Po, a Torino.

Con la sentenza n. 4466/2014 i giuridici di legittimità hanno confermato la decisione del giudice cautelare, che aveva ordinato il sequestro a fronte di "un intollerabile e prolungato disturbo del riposo delle persone" causato delle immissioni sonore provenienti dei locali. (Non basta che il rumore del bar dia fastidio a chi vi abita sopra)

A dar ragione ai residenti "insonni" era stato il Tribunale di Torino, che aveva accolto l'appello del P.M. contro la decisione del G.I.P. di rigettare la richiesta di sequestro preventivo degli impianti di diffusione sonora di quattro disco pub situati nell'area dei Murazzi.

I proprietari dei locali si erano opposti al sequestro contestando l'irrilevanza penale della loro condotta in relazione all'art. 659 c.p.,che punisce il "disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone", affermando, tra l'altro, che il superamento dei limiti sonori imposti dalle norme amministrative non è sufficiente a configurare il reato predetto

Per la suprema Corte la tesi difensiva dei gestori dei locali è infondata.

Il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore (stabiliti dal DPCM 1.3.1991) può integrare la fattispecie di reato prevista dall'art. 659 c.p., attesa la concreta idoneità della condotta rumorosa a recare disturbo ad una pluralità indeterminata di persone, con conseguente messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità e della salubrità ambientale.

Nel caso di specie, peraltro, gli accertamenti della polizia giudiziaria e le testimonianze dei cittadini hanno ampiamente dimostrato che il disturbo alla tranquillità pubblica non derivava solo dal superamento dei limiti massimi di emissione sonora, ma anche dalla violazione di altre prescrizioni di legge, quali il mancato rispetto degli orari e degli altri obblighi diretti a contenere il rumore (porte lasciate aperte, "cubiste" che ballano fuori dai locali, musica e rumori fino alle prime ore del mattino). (Da non perdere: Quando la musica diventa rumore e disturba i condomini)

Anche sostenendo l'irrilevanza penale del mero superamento dei limiti stabiliti dalle norme amministrative - osserva la Corte - la violazione delle altre prescrizioni attinenti al contenimento del rumore conferma la configurabilità del reato in questione.

La Suprema Corte ha sancito,dunque, che l'inquinamento acustico è un " intollerabile e prolungato disturbo del riposo" e che per la rilevanza penale della condotta è sufficiente la prova tale disturbo sia "causato dalle emissioni sonore".

La Corte inoltre ha precisato che non possono rientrare tra le semplici violazioni amministrative le condotte rumorose idonee a mettere in pericolo la pubblica tranquillità.

Dopo questo precedente è logico attendersi, in futuro,una maggiore attenzione di costruttori, proprietari e soggetti preposti al controllo verso l'utilizzo di materiali e tecniche costruttive idonee a garantire un adeguato isolamento acustico degli edifici, anche al fine di evitare contenziosi e pesanti condanne al risarcimento dei danni.

Spesso, infatti, i disturbi alla quiete domestica sono legati anche alla cattiva costruzione degli edifici e all'utilizzo di materiali non adatti a ridurre i rumori provenienti dall'esterno (o dagli appartamenti vicini) entro la soglia della normale tollerabilità.

In tale prospettiva, ha destato clamore una recente sentenza del Tribunale di Ravenna, che ha condannato la ditta costruttrice di un edificio in condominio a un maxi risarcimento di circa 1,5 milioni di euro a favore degli acquirenti delle unità abitative.

Motivo della condanna: il giudice ha accertato la presenza di vizi di costruzione che non garantivano un adeguato isolamento acustico dei singoli appartamenti, con notevole pregiudizio alla piena godibilità dell'immobile.

Tali carenze, specifica la sentenza non configurano una "incompetenza incosciente", bensì "una tecnica costruttiva carente strumentalmente riconducibile a una logica di velocità di realizzazione e di profitto che ha finito per ignorare qualsiasi accorgimento a tutela dell'acustica dell'edificio".

Accanto alla responsabilità penale, dunque, occorre tener conto dei possibili profili di responsabilità civile, che possono essere legati anche alla violazione della norma di cui all'art. 844 c.c. in tema d'immissioni intollerabili, che riconosce all'interessato un'azione di tipo inibitorio, per interrompere la fonte delle immissioni di rumore, oltre al risarcimento dei danni subiti in conseguenza delle immissioni stesse.

Sentenza
Scarica Cassazione sezione penale del 30-01-2014, n. 4466
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