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Mancanza di un depuratore fognario, non è inagibile il condominio se l'edificio è stato costruito prima della normativa

Non è inagibile il condominio se l'edificio è stato costruito prima delle leggi sullo smaltimento dei reflui.
Avv. Gian Luca Ballabio 
Mar 26, 2014

Nessuna responsabilità diretta dell'amministratore di condominio che non deve immediatamente installare il depuratore ma può adeguare l'impianto nei tempi e nei modi previsti dalla normativa.

La fattispecie concreta. Uno stabile condominiale posto a pochissima distanza dal mare (300 mt) era assentito nel 1973 con "licenza edilizia contemplante, tra l'altro, prescrizioni in ordine allo smaltimento degli scarichi in vasca Imhoff".

Successivamente, nel 1987, il servizio igiene e prevenzione della locale USL rilevava la mancanza di un depuratore fognario e la dispersione del sottosuolo delle acque reflue proveniente dallo stabile condominiale.

Pertanto, il sindaco del Comune dove era ubicato l'immobile emetteva ordinanza con la quale, constatata la mancanza di autorizzazione specifica di cui alla legge 319/76 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), revocava l'abitabilità e l'agibilità ordinando all'amministratore di adeguare l'impianto di scarico. (L'allaccio alla rete fognaria da parte di un condominio è illegittima se....)

Il condominio, però, adiva il TAR, poiché riteneva che la disciplina "autorizzatoria" di cui all'art. 9 della legge 319/76 non potesse applicarsi ad edifici costruiti ed assentiti in data precedente, "disponendo - le norme transitorie - un obbligo in tal senso solo per gli insediamenti produttivi (vi era, secondo il ricorrente solo un obbligo di denuncia, tra l'altro ottemperato nell'87)".

Il TAR adito, però, dichiarava che "l'assenza di autorizzazione potesse giustificarsi per il periodo transitorio (13 giugno 76/ 13 giugno 86) e non anche nel periodo successivo, retto da una diversa e più rigorosa disciplina integrata dagli artt. 8, 14 e 25 della legge 319/76 e dall'art. 43 della l.r. Puglia 24/83". Il condominio appellava tale decisione.

La preesistenza degli scarichi. "Gli scarichi provenienti da insediamenti civili, segnatamente se, come nella specie, non confluenti in pubbliche fognature, e preesistenti, come pur aveva sostenuto l'opponente, all'entrata in vigore della legge suddetta, non erano soggetti a nuova autorizzazione, ove conformi al titolo edificatorio.

Tale tesi, invero, trovava supporto nelle giurisprudenza penale di questa Corte (v., in particolare, Sez. III, n. 3932/86, Sez. S.U. n. 7673/91), evidenziante come, a termini della "legge Merli" per siffatti scarichi, alla stessa preesistenti, l'unico obbligo per i titolari - peraltro non sanzionato, salvi i casi in cui lo stesso fosse imposto dagli enti territoriali con provvedimenti specifici (la cui inosservanza avrebbe comportato la violazione dell'art. 21 cpv., e art. 25, L. cit.) - fosse quello della denuncia". (Cass. pen, sez. II, sent. del 24 novembre 2008, n. 27895).

La decisione in esame. Il Consiglio di Stato ha osservato come a disciplina "autorizzatoria" degli scarichi sia stata introdotta dall'art.9 della legge 319/76, e, pertanto, dovesse ritenersi pacifico che al momento della costruzione dell'edificio condominiale essa non fosse ancora esistente.

Infatti, la normativa in via transitoria ha previsto l'obbligo di autorizzazione solo "per gli scarichi degli insediamenti produttivi anche se antecedenti, mentre per gli insediamenti civili non recapitanti in pubbliche fognature ha semplicemente previsto un obbligo di denunzia (nel caso di specie ottemperato) stabilendo che la relativa disciplina tesa all'adeguamento fosse definita dalle Regioni attraverso l'adozione di "piani di risanamento delle acque".

Ovviamente ciò non significa che l'impianto condominiale di smaltimento a dispersione sia conforme o possa essere mantenuto in essere: piuttosto esso deve essere adeguato nei tempi e nei modi previsti dalla normativa regionale primaria e secondaria. (Top: Collettore fognario rotto. E' il condominio che paga per ogni mese di ritardo.)

Pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che non fosse possibile "sostenere - come ha fatto il primo giudice - che all'obbligo di denuncia possa sostituirsi, senza bisogno di alcuna espressa previsione, l'obbligo di autorizzazione ove la Regione non proceda alla redazione del Piano di risanamento, è interpretazione che, se da un lato assicura il perseguimento degli obiettivi di salubrità, dall'altro tradisce la lettera della legge ed il principio di affidamento nel disposto legislativo".

Conclusione. Nel caso in esame il Consiglio di Stato ha ritenuto di non doversi discostare dall'orientamento giurisprudenziale che si era già formato in sede di penale (v. le pronunce della Corte Suprema di Cassazione già richiamate).

In tal modo è stato contemperato la necessità di garantire la salubrità dell'ambiente con le necessità di non eccedere nell'imposizione di adempimenti eccessivamente gravosi e drastici nei confronti del privato.

Si ricorda, inoltre, che la disposizione la 319/1976 è stata abrogata dall'art. 63, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e dall'art. 175, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. (Vedi anche: Spese per la pulizia dei pozzi neri e danni dalle condutture: il proprietario c'entra ben poco)

Sentenza
Scarica Cons. Stato, sez. IV, sent. 04 marzo 2014, n.1023
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