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Se la l'assemblea decide l'esecuzione di un'innovazione vietata la deliberazione è nulla

Perchè se la l'assemblea decide l'esecuzione di un'innovazione vietata la deliberazione dev'essere considerata nulla?
Avv. Alessandro Gallucci 

Il codice civile non definisce le innovazioni. La Cassazione ha sopperito a questa mancanza specificando che

per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).

Asfaltare una strada che porta al parcheggio condominiale non è un’innovazione ma al massimo un intervento finalizzato al miglior uso di una parte comune. Decidere d’installare un ascensore è sicuramente un’innovazione.

Quanto a quest’ultima tipologia d’intervento, il secondo comma dell’art. 1120 c.c. specifica che “

sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilita o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino”.

Se l’assemblea delibera un’innovazione vietata, la decisione dev’essere considerata nulla. Essa, infatti, dev’essere valutata alla stregua di una decisione che lede i diritti dei condomini sulle parti di proprietà comune e/o esclusiva. Dello stesso parere la Corte di Cassazione che in una propria pronuncia del mese di luglio ha chiarito che

ai sensi dell'art. 1120 c.c., comma 2, infatti, devono ritenersi vietate non solo le innovazioni che, ancorchè adottate con le maggioranze qualificate di cui all'art. 1136 c.c., compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti nell'utilizzazione della cosa comune, ma anche quelle che pregiudichino la proprietà esclusiva dei singoli condomini.

In tali sensi si è già pronunciata questa Corte, rilevando, in particolare, che la L. 9 gennaio 1989, n. 13, art. 2, (recante norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), dopo aver previsto la possibilità per l'assemblea condominiale di approvare le innovazioni preordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell'art. 1136 c.c., commi 2 e 3 – così derogando all'art. 1120 comma 1, che richiama l'art. 1136, comma 5, e, quindi, le più ampie maggioranze ivi contemplate –, dispone, al comma 3, che resta fermo il disposto dell'art. 1120 comma 2, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità secondo l'originaria costituzione della comunione.

Ne deriva che, a maggior ragione, sono nulle le delibere che, ancorchè adottate a maggioranza al fine indicato, siano lesive dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali avevano dichiarato la nullità della deliberazione adottata a maggioranza in base alla L. n. 13 del 1989, art. 2, cit. di installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, che comportava un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino sita a piano terra) (Cass. 25-6-1994 n. 6109).

Per le stesse ragioni, deve ritenersi la nullità della delibera di installazione dell'impianto di ascensore adottata nell'interesse comune, se da essa consegua la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva; con la conseguenza che tale causa di invalidità non è soggetta ai termini di impugnazione di cui all'art. 1137 c.c., u.c., ma può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse e, quindi, anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole (cfr. Cass. 19-3-2010 n. 6714, Cass. 24-5-2004 n. 9981; Cass. 18-4-2002 n. 5626)” (Cass. 24 luglio 2012 n. 12930).

Insomma il divieto posto dal secondo comma dell’art. 1120 c.c. regge anche nel caso di eliminazione delle barriere architettoniche; in tal caso, infatti, l’unica agevolazione è rappresentata dall’abbattimento dei quorum deliberativi.

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