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Proprietà delle scale di accesso ad un'unità immobiliare e valore probatorio delle planimetrie catastali

La rilevanza probatoria delle planimetrie catastali varia a seconda dell'importanza che gli viene conferita dalle parti.
Avv. Alessandro Gallucci 

Si è soliti affermare che i dati catastali non sono probanti della proprietà di un bene immobile.

Detta diversamente: se in catasto risulta che una determinata unità immobiliare è di proprietà di Tizio ma negli atti d'acquisto essa, invece, risulta di Caio a prevalere sono questi ultimi. (Vedi anche: Chi reclama la proprietà di un immobile non può fondare le proprie pretese su quanto riportato nel catasto

Conseguenza immediata e diretta di tale affermazione è che le visure catastali ed in generale tutta la documentazione (es. planimetrie, ecc.) proveniente da questi uffici abbiano valore meramente indiziario della proprietà dei beni immobili.

Il discorso, però, cambia se la suddetta documentazione catastale è inserita e specificamente richiamata negli atti di compravendita (o divisione) di un bene immobile.

In buona sostanza, la rilevanza probatoria delle planimetrie rinvenibili in catasto varia a seconda dell'importanza che gli viene conferita dalle parti.

Se quanto rappresentato dalle planimetrie non coincide perfettamente con ciò che è affermato nel titolo (atto d'acquisto, divisione, ecc.) esse devono essere valutate nell'ottica complessiva del significato da attribuirgli in sede d'interpretazione del contratto.

Insomma anche se v'è incertezza la loro dignità non ha minor valore rispetto alle parole ma dev'essere considerata alla parti del resto.

A ricordare questo aspetto non secondario è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4934 depositata in cancelleria il 3 marzo 2014.

Nel caso di specie tutto prende il via da una lite tra vicini in merito alla proprietà delle scale di accesso ad un'unità immobiliare.

Secondo l'attore, queste dovevano essere considerate di sua proprietà e semplicemente in uso agli altri anche in ragione di quanto poteva rinvenirsi nelle planimetrie catastali richiamate ed allegate agli atti di divisione dell'immobile.

La domanda attorea veniva rigettata in primi grado ed anche in appello. Da qui il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione che ha ribaltato l'esito del giudizio cassando la sentenza impugnata.

Si legge in sentenza "che nell'interpretazione dei contratti di compravendita immobiliare, ai fini della determinazione della comune intenzione delle parti circa l'estensione dell'immobile compravenduto, i dati catastali, emergenti dal tipo di frazionamento approvato dai contraenti ed allegato all'atto notarile trascritto, e l'indicazione dei confini risultante dal rogito assurgono al rango di risultanze di pari valore".

In questo contesto, proseguono gli ermellini citando anche precedenti pronunciamenti in tal senso, ""le piante planimetriche allegate ai contratti aventi ad oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando ad esse i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene, e costituiscono mezzo fondamentale per l'interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell'immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la "quaestio voluntatis" della maggiore o minore corrispondenza di tali documenti all'intento negoziale ricavato dall'esame complessivo del contratto" (Cass. 3 marzo 2014 n. 4934).

In buona sostanza la dignità probatoria delle risultanze catastali è pari a quella contenuta negli atti d'acquisto se tale documentazione fa parte integrante di questi ultimi. (Ecco come il nuovo catasto ci porterà delle sgradite sorprese.)

Sentenza
Scarica Cass. 3 marzo 2014 n. 4934
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