Quella degli schiamazzi notturni, della radio al alto volume, ed in genere delle immissioni rumorose intollerabili è tra le cause di maggiore litigiosità in ambito condominiale. Tutti ci siamo lamentati almeno una volta del vicino che con noncuranza teneva il volume della propria radio troppo alto rispetto all'orario. In questi casi, le vie per tutelare i propri diritti sono due:
a) quella civile, volta ad ottenere l'inibitoria del comportamento del trasgressore e l'eventuale risarcimento del danno;
b) quella penale.
Quest'ultima a dire il vero non tutela l'interesse del singolo danneggiato ma il più generale interesse della comunità all'assenza di attività rumorose o meglio sarebbe il caso di dire l'interesse all'assenza di attività rumorose e potenzialmente fastidiose.
Già, perché sebbene il diritto penale dovrebbe essere informato al così detto principio di offensività (la sanzione dovrebbe seguire un danno), residui dell'impostazione fascista del nostro codice penale fanno si che si continuino a punire, non senza che ciò non faccia venire dubbi di costituzionalità, comportamenti potenzialmente lesivi di diritti ed interessi altrui.
Questo è il caso delle attività rumorose previste e sanzionate dall'art. 659 c.p. In tal senso è sintomatica una pronuncia del Tribunale di Bari, resa nel 2007 nel solco dell'orientamento pressoché unanime sviluppatosi in seno alla Suprema Corte di Cassazione, nella quale si legge che " ai fini della configurabilita' del reato di cui all'art. 659 cod. pen., e' necessario che le emissioni sonore rumorose siano tali da superare i limiti della normale tollerabilita', anche in relazione alla loro intensita', in modo da recare pregiudizio alla tranquillita' pubblica, ovvero alla quiete ed al riposo di un numero indeterminato di persone, anche se non e' necessario che siano state tutte disturbate in concreto, atteso che la valutazione circa l'entita' del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilita' media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica, non assumendo rilievo assorbente le lamentele di una o piu' persone (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3678 del 01/12/2005-31/01/2006, Giusti).
Trattasi, invero, di reato di pericolo presunto; ai fini della sua configurazione, pertanto, non e' necessaria la prova dell'effettivo disturbo di piu' persone, ma e' sufficiente l'idoneita' del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone". (Trib. Bari 24 settembre 2007).
Su questa lunghezza d'onda (purtroppo aggiungiamo noi, riservandoci di motivare questa espressione da qui a breve) s'è nuovamente espresso il giudice di legittimità. In una pronuncia depositata in cancelleria lo scorso 26 aprile la Cassazione ha avuto modo di dire che ai fini della configurabilità del reato di cui al primo comma dell'art. 659 c.p. (disturbo delle attività e del riposo delle persone) è sufficiente che " la condotta sia idonea ad arrecare disturbo ad una serie indeterminata di persone.
E' del tutto irrilevante che una serie indeterminata di persone si sia lamentata effettivamente, essendo sufficiente che la condotta sia in sè idonea ad arrecare disturbo (Sez. 3 1 dicembre 2005 n. 3678, rv. 233290; Sez. 1 8 ottobre 2004 n. 40393, rv. 230643)"(Cass. 26 aprile 2011 n. 16291).
Resta da comprendere un perché: qual è il motivo, in una società moderna che definisce e orienta l'azione penale alla luce di precetti liberali, punire solamente perché quanto s'è fatto è idoneo a disturbare e non perché si sia davvero recato un danno? Il livello civile o amministrativo, ai fini sanzionatori, non sarebbe già di per sé sufficiente?