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Danni da piogge intense: il clima cambia, le sentenze pure

Condominio e responsabilità per danni da piogge intense.
Valentina Papanice, avvocato del foro di Lecce 

Segnaliamo la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 5877, depositata il 24 marzo 2016, per una considerazione particolare in materia di responsabilità per danni da piogge intense. La sentenza dice anche dell'altro, che qui riferiremo in sintesi.

Inquadriamo innanzitutto la questione giuridica: ci occupiamo della questione assai frequente relativa alla responsabilità del custode per i danni da piogge intense. Per custode dobbiamo intendere ad esempio l'ente pubblico proprietario della strada, oppure il condominio per le parti comuni.

Tale forma di responsabilità è ricondotta alla previsione normativa di cui all'art. 2051 c.c., che attribuisce al custode la responsabilità per i danni prodotti dalle cose in sua custodia, se questi non prova la presenza del caso fortuito.

Il caso

La sentenza che si commenta ha avuto ad oggetto la richiesta di risarcimento danni, svolta in più direzioni da parte del conduttore di un immobile. Questi, subìti i danni a causa di una precipitazione piovosa, chiamava in giudizio il comune, il condominio nel quale era posto l'immobile, nonchè le compagnie assicuratrici.

Nei fatti, l'acqua era sopraggiunta per due passaggi, e cioè "sia per l'esondazione di un vicino sottopasso, sia per precipitazioni da un tubo pluviale del condominio".

Sia in primo che in secondo grado la domanda di risarcimento era stata rigettata. In particolare, per quanto ci interessa, la Corte d'Appello aveva escluso la rilevanza del mancato funzionamento delle elettropompe comunali, visto che anche funzionando regolarmente non avrebbero potuto fronteggiare il temporale, data la sua eccezionalità.

Le elettropompe comunali non avevano funzionato, dunque, ma questo non era ritenuto importante dai giudicanti.

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La domanda a cui deve rispondere la Corte di Cassazione è se la pioggia possa essere (in astratto, ma soprattutto nel caso di specie) considerata un' ipotesi di caso fortuito.

Come vedremo, il provvedimento si conclude con l'accoglimento delle domande dell'appellante ed il rinvio al giudice dell'appello (in diversa composizione) per la decisione nel merito alla luce dei principi espressi in sede di Legittimità.

Ma, andiamo per ordine.

Il caso fortuito

La Corte rammenta che "la possibilità di invocare il fortuito (o la forza maggiore) deve..., ritenersi ammessa nel solo caso in cui il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un'efficacia di tale intensità da interrompere tout court il nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, di tal che esso possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento."

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E se invece risulta che, con le opportune cautele del custode, l'evento si fosse comunque prodotto, ma in dimensioni minori? In tal caso non possiamo pretendere niente da questo custode? Secondo la Corte d'Appello no, mentre secondo la Corte di Cassazione, la risposta è sì.

Piogge e caso fortuito

La Corte richiama alcune sue sentenze e, tra queste, in particolare la n. 5658/2010 in cui, in giudizio contro ANAS, si fa applicazione dell'art. 1227, co.1, per il quale il risarcimento è ridotto secondo la gravità della colpa del danneggiato, se questi ha concorso alla creazione del danno.

La sentenza n. 5658/2010 afferma testualmente: "se la manutenzione e la pulizia fossero state idonee a diminuire gli allagamenti nonostante l'intensità delle piogge, si sarebbe eventualmente potuta verificare, ai sensi dell'art. 1227 cod. civ., comma 1, solo una diminuzione della responsabilità del danneggiante; cfr. tra le altre la già citata Cass. Sentenza n. 11227 del 08/05/2008".

Conclude così sul punto la Corte: "è evidente, perciò, che un temporale di particolare forza ed intensità, protrattesi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, in astratto, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, salva l'ipotesi - predicabile nel caso di specie - in cui sia stata accertata l'esistenza di condotte astrattamente idonee a configurare una (cor)responsabilità del soggetto che invoca l'esimente in questione."

Dunque abbiamo l'applicazione di cui all'art. 2051 c.c., se risulti che l'evento eccezionale è in grado da solo di produrre i danni che effettivamente ha prodotto, senza il contributo del custode, altrimenti questi pagherà per la sua parte.

E, per vedere se il custode almeno in parte è responsabile dei danni prodotti, è necessario andare a verificare cosa egli ha fatto per evitare detti danni; e ciò anche quando si ritiene che l'evento atmosferico verificatosi sia un evento eccezionale.

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Insomma l'evento deve poter essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento. Viceversa la condotta del custode può integrare una concausa dei danni prodotti.

Peraltro, ricorda la Corte, anche l'azione della pubblica amministrazione è soggetta al rispetto delle norme e delle regole della diligenza e della prudenza; letteralmente, la Corte afferma che la discrezionalità della p.a. "e la conseguente insidacabilità da parte del giudice ordinario, dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un'opera pubblica trova un limite nell'obbligo di osservare, a tutela della incolumità dei cittadini e dell'integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e regolamenti disciplinanti detta attività, nonchè le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che dall'inosservanza di queste disposizioni e di dette norme deriva la configurabilità della responsabilità della stessa pubblica amministrazione per i danni arrecati a terzi (tra le altre, Cass. 9 ottobre 2003, n. 15061 e 11 novembre 2011, n. 23562)."

Insomma, se, nel caso di specie, le elettropompe comunali avessero funzionato, i danni sarebbero stati inferiori; sarà il giudice di merito, a cui viene rinviato il giudizio, a decidere in che termini.

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Il clima è cambiato

In secundis, la Corte aggiunge una considerazione: ed è questa la novità che si segnalava all'inizio dell'articolo; non sono noti, infatti, a chi scrive, precedenti sul punto, ma si tratta sicuramente di un approccio "moderno".

Pur essendo possibile in astratto che un evento atmosferico sia qualificato come il fatto fortuito previsto dall'art. 2051 c.c., la realtà non può essere trascurata: data la frequenza sempre maggiore di eventi atmosferici devastanti, diciamo così, è difficile qualificare detti eventi come imprevedibili e dunque inquadrarli nel caso fortuito.

Non è una novità quella di escludere che l'evento atmosferico possa costituire un fortuito; già varie sentenze, tra cui alcune citate da quella in commento, lo hanno escluso; la novità (o tale appare a chi scrive) è quella di cominciare a considerare ahimè una normalità con cui bisogna convivere, il nuovo clima. Se gli eventi dannosi si ripetono, va da sè che, almeno in parte, si possono prevedere.

E' proprio il caso di dire che con i "tempi" che corrono, o meglio, che letteralmente "scorrono" per le nostre strade, di città e di campagna, è un po' difficile parlare di sorprese per il custode.

In tal senso, la sentenza parla di applicazione di rigore nell'accertamento e di conseguenza nell'esimere il custode da responsabilità per i danni.

Ciò tanto più in considerazione dei "noti dissesti idrologici che caratterizzano il nostro Paese" (Cass. n. 5877/2016).

Condominio e assicurazione

Il giudice del rinvio dovrà effettuare una nuova valutazione anche in merito alle responsabilità del condominio e dell'assicurazione.

In merito al condominio, il prossimo giudice dovrà accertare l'incidenza causale sui danni dell'acqua proveniente dal pluviale condominiale: infatti, il precedente giudice, qualificando l'evento come fortuito, aveva escluso l'istruttoria in merito a detti fatti; danni in merito ai quali la stessa compagnia assicuratrice aveva proposto un indennizzo.

Quanto all'assicurazione, secondo la Corte il giudice di secondo grado "ha erroneamente escluso dall'operatività della garanzia assicurativa non soltanto i danni al seminterrato, ma anche quelli al piano terra (la cui risarcibilità era stata negata in prime cure non per inoperatività della garanzia stessa - la cui validità, sia pur parziale, era stata viceversa riconosciuta -, ma per carenza di elementi probatori, pur in assenza di appello incidentale da parte della compagnia), ed ha, altrettanto erroneamente, omesso del tutto di valutare la doglianza relativa al comportamento concludente dell'(...), volto al sostanziale riconoscimento dell'operatività in parte qua di tale garanzia, corrispondendo un indennizzo, sia pur "per spirito conciliativo"."

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Sentenza
Scarica Cass. 24 marzo 2016, n. 5877
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