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Nominano l'amministratore di condominio senza la maggioranza legale: condannati a pagare 26 mila euro

Cosa succede se l'amministratore è nominato con un quorum sotto la soglia legale?
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

I fatti. Ventitré condòmini hanno impugnato la delibera dell'assemblea dei condòmini con la quale erano state approvate le dimissioni del precedente amministratore e la nomina del successore, con la presenza di sedici condomini su centodieci per un totale di millesimi 115,343.

Con l'atto di impugnazione, i predetti "ricorrenti" hanno sostenuto l'annullabilità di tale delibera per violazione delle norme contenute nell'articolo 1136 Codice civile, il quale prescrive che, ai fini della regolarità della costituzione dell'assemblea in seconda convocazione, devono sussistere due condizioni:

  • l'intervento di tanti condomini che rappresentino la metà del valore dell'intero edificio;
  • la maggioranza dei partecipanti al condominio.

Non solo, la citata norma viene assunta come violata anche in ragione delle previsioni ivi riportate riconducibili al quorum deliberativo.

L'articolo in disamina, invero stabilisce che la deliberazione, avente ad oggetto la revoca o la nomina dell'amministratore condominiale, debba essere approvata con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell'art. 1136 Codice civile, ossia: con un numero di voti che rappresentino la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Nomina amministratore: la delibera resta valida anche se manca il compenso.

I ventitré condòmini "ribelli" hanno, infine, condito la domanda giudiziaria predetta con quella volta a chiedere il risarcimento del danno per "lite temeraria", a rigore dell'articolo 96 Codice procedura civile. Il Condominio, in persona dell'amministratore p.t., convenuto in giudizio, a fronte di quanto sopra, ha preferito rimanere contumace; quindi: non si è costituito nel procedimento giudiziario.

Piccolo condominio e nomina dell'amministratore anche se non obbligatoria

La Sentenza. Il giudice palermitano ha rilevato, innanzitutto, che il Condominio convenuto, soltanto in epoca successiva alla instaurazione del presente giudizio, ha annullato la delibera impugnata.

Per cui il decidente ha dichiarato la "cessazione della materia del contendere" e deciso la controversia in funzione dell'applicazione del principio della cosiddetta "soccombenza virtuale".

Quanto innanzi, in applicazione dell'art. 2377, comma 8, c.c., dettato in materia societaria ma ritenuto applicabile anche all'assemblee di condominio, ai sensi del quale "l'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto (in punto, cfr, Corte di Cassazione, n. 3069/1988).

Con tale comportamento la compagine ha, quindi, palesato l'intenzione di rivedere la propria posizione. Tuttavia, il "cambio di rotta" è avvenuto solamente a seguito del giudizio proposto dagli odierni attori, non prima.

In tal caso, la condotta assunta da parte della compagine è stata ritenuta censurabile - a parere del decidente - sotto due diversi profili di rilievo processuale e sostanziale.

In primo luogo il Decidente ha ritenuto applicabile alla fattispecie la norma sulla "responsabilità aggravata" di cui al citato articolo 96 codice procedura civile, e, tanto, nonostante la contumacia del Condominio.

La norma in analisi sanziona quel comportamento illecito della parte, poi risultata soccombente nel giudizio, che dia luogo alla c.d. "lite temeraria": quel comportamento della parte che nonostante sia consapevole dell'infondatezza delle sue ragioni (mala fede), costringa taluno a partecipare e/o a dare luogo ad un processo immotivato.

In questi termini, è stata sanzionata la mancanza di quel minimo di diligenza richiesta per l'acquisizione della consapevolezza (colpa grave) da parte del Condominio di non dare luogo all'esecuzione del deliberato.

Il Giudice palermitano ha condannato il Condominio a rifondere agli attori la somma pari ad € 2.400,00, valutando tale condotta così censurabile, laddove non accompagnata dalla tempestiva adozione dei provvedimenti sostitutivi.

Il secondo profilo "patrimoniale" trattato dalla Sentenza afferisce il "titolo" della condanna alle spese di lite. Nello specifico la particolarità della Sentenza si rinviene nella quantificazione delle medesime, laddove approssimate nella astronomica somma di euro 21.563,60, di cui euro 518,00 per spese documentate, oltre rimborso spese generali e I.V.A. e C.P.A.

In realtà, tale quantificazione non è frutto di una determinazione discrezionale del decidente. Anzi, tutt'altro.

Il Giudice della causa ha dato luogo, su sollecitazione del procuratore degli attori, all'applicazione delle regole previste dal tariffario forense (Decreto Ministeriale, 08 marzo 2018), il quale prevede, in punto, che "nel caso in cui l'avvocato assista più soggetti, è previsto che il compenso spettante passi dal 20% al 30% per ogni soggetto oltre il primo e fino a 10; il compenso passa inoltre dal 5% al 10% dagli 11 e fino ad un massimo di 30 assistiti"

Sentenza inedita
Scarica Tribunale di Palermo, del 25 maggio 2018
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