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Quando un inquilino è moroso?

Cosa si intende e quando si verifica la morosità dell'inquilino in un contratto di locazione e quali sono le conseguenze.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Il contratto di locazione, ai sensi dell'art. 1571 del codice civile, è quello con il quale una parte si obbliga a far godere dell'altra di una cosa, mobile o immobile, per un dato tempo e verso un determinato corrispettivo.

Per quanto riguarda la disciplina per gli immobili a uso abitativo e non abitativo, le disposizioni codicistiche vanno integrate con quelle di cui alla Legge n. 431/1998 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo) e della Legge n. 392/1978 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani o c.d. "equo canone").

Il contratto così descritto rientra nella categoria di quelli c.d. "a prestazioni corrispettive", anche detti "sinallagmatici", in quanto le prestazioni che gravano sull'una e sull'altra parte sono tra loro legate da un rapporto di interdipendenza. Nel caso della locazione, le obbligazioni "principali" delle parti sono disciplinate già dallo stesso codice civile.

Nel dettaglio (cfr. art. 1575 c.c.), il locatore è tenuto a consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione, a mantenerla in stato da servire all'uso convenuto e garantirne il pacifico godimento durante la locazione.

Per quanto riguarda il conduttore, questi dovrà (cfr. art. 1587 c.c.) prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze.

Ancor più importante, il conduttore, che in caso di locazione a uso abitativo viene definito comunemente "inquilino", è tenuto a versare il c.d. "canone", ovvero il corrispettivo della locazione, nei termini convenuti.

L'obbligo di versare il corrispettivo (il canone di locazione) è dunque un aspetto fondamentale per questa tipologia di contratto, in quanto previsto direttamente dalla stessa legge. I contratti si occupano poi di disciplinare nel dettaglio aspetti ad esso collegati, quali l'importo del canone e i termini entro i quali l'inquilino è tenuto a versarli all'affittuario.

La morosità dell'inquilino

Non è raro, tuttavia, che quest'ultimo non rispetti le prescrizioni contrattuali e non provveda al pagamento del canone pattuito alle scadenze prestabilite e questo determina una situazione che nel linguaggio giuridico viene definita di "morosità".

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In particolare, l'inquilino viene ritenuto "moroso" qualora ritardi in maniera ingiustificata e a lui imputabile l'adempimento dell'obbligazione a suo carico, ovvero, nel caso della locazione, pagamento del canone.

La morosità, tuttavia, si riscontra anche in quei casi in cui l'inquilino non versi la rata d'affitto nella sua interezza, ma, ad esempio, la versi in parte oppure decida improvvisamente e arbitrariamente di ridurla, come molti fanno in caso di disservizi legate all'immobile, come le infiltrazioni.

Tuttavia, va chiarito come anche in tali casi, salvo il risarcimento danni e altre azioni di rivalsa nei confronti del locatore, in capo all'inquilino grava comunque l'obbligo di versare il canone alle scadenze pattuite, a meno che non si tratti di circostanze che determinano il totale venir meno della prestazione in capo al locatore, come nei casi in cui l'immobile sia totalmente inagibile.

Il ritardo nei pagamenti non è evenienza rara, soprattutto in periodi di forte crisi economica. Talvolta il tutto si risolve con il dialogo, diverse sollecitazioni o con la concessione di una proroga, magari nei casi in cui l'inquilino, sempre in ordine con i pagamenti, versi in uno stato di difficoltà transitorio e necessiti di più tempo per saldare la rata.

Tuttavia, pagare la quota d'affitto è un dovere ed è diritto del conduttore pretenderla, anche con eventuali oneri e interessi accessori. Questioni che si risolvono molte volte adendo le vie legali con tutte le conseguenze del caso, gravose anche per lo stesso locatore.

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Non è raro, dunque, che proprio per tutelarsi dalla mora e dalle difficoltà conseguenti a tale situazione, l'affittuario proponga il bene in affitto solo a inquilini "referenziati", anche dal punto di vista lavorativo o economico, oppure richieda ulteriori garanzie come mensilità anticipate, depositi cauzionali, fideiussioni bancarie, la stipula di polizze assicurative, oppure faccia firmare il contratto anche da un terzo che "garantisca" il pagamento dei canoni e subentri in caso di morosità dell'inquilino Ancora, nel contratto potrebbe essere presente una "clausola risolutiva espressa" che in caso di morosità e di omesso versamento di un certo numero di mensilità, il contratto si intenda automaticamente risolto.

Immobili adibiti a uso abitativo e inadempimento del conduttore

Per quanto riguarda gli immobili urbani adibiti a uso di abitazione, la Legge n. 392/1978 al'art. 5 afferma che il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile.

In questo caso è dunque direttamente la legge a chiarire quando il mancato pagamento del canone mensile è idoneo a far ricadere l'inquilino in uno stato di morosità che potremmo definire "qualificata", stante il trascorrere di un periodo (20 giorni) ritenuto dal legislatore particolarmente significativo, al punto da far venir meno l'affidamento nei successivi adempimenti del conduttore.

Si tratta, dunque, di un inadempimento tale da alterare indissolubilmente la dinamica contrattuale, legittimando il conduttore a chiedere che venga pronunciata la risoluzione contrattuale, a cui farà seguito la liberazione dell'appartamento o del locale preso in affitto.

La norma fa salvo quanto previsto dall'art. 55 della medesima legge che, a tutela della parte debole del rapporto (il conduttore), consente eccezionalmente di sanare la morosità in via giudiziaria (per non più di tre volte nel corso di un quadriennio) e, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, consente al giudice di assegnare il c.d. "termine di grazia" per adempiere e scongiurare la risoluzione del contratto.

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