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Sfratto per morosità e risarcimento del danno sono compatibili

L'intimazione di sfratto per morosità è pienamente compatibile con la richiesta di risarcimento dei danni.
Avv. Alessandro Gallucci 

In tema di risoluzione anticipata del contratto di locazione, l'intimazione di sfratto per morosità è pienamente compatibile con la richiesta di risarcimento dei danni consistenti nel mancato guadagno, la cui valutazione è rimandata al giudice di merito.

Questo, in breve sintesi, il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2865 depositata in cancelleria il 13 febbraio 2015.

In buona sostanza, dice la Cassazione, il locatore, nel caso d'inadempimento del conduttore, ha diritto alla restituzione dell'immobile conseguente alla risoluzione del contratto e tutto ciò non lo priva della possibilità di chiedere il risarcimento del danno che può corrispondere alla mancata percezione dei canoni di locazione originariamente pattuiti.

Vale la pena comprendere come e perché s'è giunti a questa decisione.

Il caso è di quelli molto ricorrenti. Il proprietario di un immobile lo concede in locazione: dopo qualche tempo il conduttore non paga più i canoni, sicché il locatore si vede costretto ad iniziare un'azione giudiziale di sfratto per morosità. Nel corso del giudizio l'inquilino paga i canoni arretrati, le spese e riconsegna l'unità immobiliare.

Con la procedura di sfratto non si pagano le tasse sui canoni di locazione mai percepiti

I giudici, tanto in primo quanto in secondo grado, non riconobbero al proprietario il risarcimento del danno conseguente alla risoluzione del contratto. Come dire: hai riavuto indietro l'immobile e ti sono stati pagati i canoni scaduti, che cosa vuoi di più?

Il proprietario non si trovava d'accordo: a suo modo di vedere, infatti, egli aveva subito un danno corrispondente al mancato guadagno, ossia alla mancata percezione dei canoni nella misura pattuita al momento della stipula del contratto dato che per la locazione successiva a quella conclusa con lo sfratto il canone pattuito era inferiore.

Insomma per il proprietario, che in ragione del primo contratto percepiva 100 e dopo lo sfratto aveva concluso un contratto per 90, l'ex conduttore doveva rifondergli il danno quantificato nella differenza (10).

Per fare valere questo principio si è arrivati fino alla Corte di Cassazione che ha dato ragione al proprietario, sia pur con una specificazione. Vediamo quale.

Gli ermellini hanno ritenuto fondata la doglianza relativamente al punto della sentenza che riteneva incompatibili richiesta di risoluzione del contratto e risarcimento del danno. Non è così, dicono da piazza Cavour, anzi l'art. 1453 c.c. – che disciplina la risoluzione del contratto – fa salvo il diritto della parte adempiente a chiedere il risarcimento del danno.

La valutazione del danno, si legge in sentenza, dev'essere fatta caso per caso verificando se l'ammontare del danno effettivamente subito dal locatore “sia pari ai canoni non percepiti fino al reperimento di un nuovo conduttore e poi, da quel momento e fino alla scadenza naturale del contratto risolto, pari alla differenza tra i due canoni se esistente” (Cass. 13 febbraio 2015 n. 2865).

Come dire: il danneggiato chiede quanto ritiene opportuno ma spetterà, poi, al giudice valutare se la richiesta è congrua e quindi se accordarla o se ricalcolarla in misura differente.

La misura del danno così decisa, se adeguatamente motivata, è incensurabile dalla Cassazione.

Insomma se il giudice di merito ha valutato bene tutte le risultanze probatorie facendo corretta applicazione delle norme, quella decisione è inattaccabile. Cosa succede se il conduttore paga i canoni di locazione scaduti all'udienza di convalida dello sfratto?

Sentenza
Scarica Cass. 13 febbraio 2015 n. 2865
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