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Indennità di avviamento e locale commerciale ad uso promiscuo

La vendita al dettaglio deve essere prevalente per assicurarsi l'indennità di avviamento.
Avv. Marco Borriello 

Al termine del periodo minimo di durata contrattuale, cioè sei anni, il locatore di un immobile adibito ad attività commerciale potrebbe avere interesse a riacquistare il pieno possesso del bene. Si pensi, ad esempio, al caso in cui voglia utilizzare personalmente i locali per la vendita al dettaglio di alcuni prodotti.

Ebbene, in questo caso, al conduttore, ritualmente disdetto, spetterebbe un'indennità di avviamento. Ciò avviene per bilanciare il potere contrattuale del proprietario del negozio e quale riconoscimento al conduttore per aver instradato l'attività. Infatti, la clientela acquisita, con buona probabilità, tornerà in loco nonostante sia mutata la titolarità dell'esercizio.

Ebbene, il diritto di cui si discute spetta in tutti i casi al conduttore? Se all'interno dei locali è stata svolta, semplicemente, la vendita all'ingrosso oppure si è trattato di un semplice magazzino, è dovuto l'indennità de quo? Qualora l'immobile sia stato adibito ad uso promiscuo, in parte come ingrosso e a latere come vendita al dettaglio, è riconoscibile l'indennità di avviamento?

Ha risposto a queste domande una recente ordinanza della Cassazione e cioè la n. 3265 del 2 febbraio 2023.

Prima, però, vediamo alla luce di quali circostanze si sono espressi gli Ermellini.

Indennità di avviamento e locale commerciale ad uso promiscuo. Il caso concreto

A seguito della risoluzione contrattuale di un contratto di locazione di un magazzino, adibito anche a vendita al dettaglio, il conduttore pretendeva il versamento dell'indennità di avviamento commerciale prevista dall'art. 34 della Legge n. 392/1978. Evidentemente, il contratto era stato disdettato su iniziativa del locatore.

Ebbene, non essendo intervenuto alcun accordo sulla questione, la lite era inevitabile e si spostava nelle aule giudiziarie.

In particolare, il Tribunale di Bologna, investito della questione, accoglieva la domanda del locatario. Secondo il magistrato felsineo, l'indennità era dovuta. Il locatore era, quindi, condannato al versamento delle 18 mensilità del canone previste dalla legge.

La diatriba, perciò, su iniziativa del soccombente, si spostava nella successiva Corte di Appello, dove il verdetto era, invece, ribaltato. Secondo l'ufficio emiliano, infatti, al conduttore non spettava alcunché.

Per l'anzidetta Corte, l'attività commerciale non era di vendita al dettaglio o, quanto meno, tale utilizzazione non era stata prevalente rispetto a quella di vendita all'ingrosso e/o di magazzino per le merci stoccate dal conduttore. Non era stata, altresì, fornita alcuna prova valida in grado di ribaltare la predetta conclusione.

Il successivo ricorso in Cassazione non ha, quindi, mutato l'esito della vertenza. Secondo gli Ermellini la decisione assunta nel precedente grado di giudizio è stata ineccepibile. Al conduttore in discussione non spetta, perciò, alcun'indennità di avviamento per la patita risoluzione del contratto di locazione commerciale.

Indennità di avviamento locale commerciale: in quali casi

In concomitanza della risoluzione del contratto di locazione di un immobile adibito ad uso commerciale, in alcuni casi la legge prevede, a carico del locatore, il pagamento di un'indennità di avviamento a favore del conduttore pari ad almeno 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto "In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dello articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere l'indennità è pari a 21 mensilità (art. 34 co. 1 Legge 392/1978)".

Ebbene, nonostante possano ricorre i presupposti per l'indennità, ad esempio perché la risoluzione è avvenuta per volontà del locatore, la giurisprudenza ha individuato alcune circostanze in presenza delle quali non è dovuto alcunché. Una di queste corrisponde al caso in cui i locali in locazione siano adibiti ad un uso commerciale promiscuo e siano utilizzati, prevalentemente, come magazzino o come vendita all'ingrosso.

Locale commerciale ad uso promiscuo: è dovuta l'indennità di avviamento?

Con la sentenza in commento, nel solco delle precedenti decisioni sull'argomento, la Cassazione ha ribadito che, in presenza di un locale commerciale adibito ad un uso promiscuo, alla risoluzione della locazione, è dovuta l'indennità di avviamento solo in determinate circostanze.

In particolare è onere del conduttore dimostrare che all'interno dell'immobile è stata svolta, prevalentemente, l'attività di vendita al dettaglio. In caso contrario, alla cessazione del rapporto, nulla gli sarà dovuto "la Corte territoriale ha ritenuto applicabile nel caso di specie la giurisprudenza di questa Corte che nel caso in cui l'immobile locato venga usato sia per la vendita all'ingrosso sia per la vendita al dettaglio, richiede al conduttore che pretenda l'indennità di avviamento di provare che l'attività al dettaglio abbia carattere prevalente (Cass. 12/12/2017, n. 29835)".

Tornando al caso concreto, per la Corte di Appello di Bologna non era stata fornita alcuna prova adeguata che il conduttore, nell'immobile in locazione, avesse avuto un contatto diretto col pubblico in forma prevalente rispetto alla vendita all'ingrosso e/o al semplice stoccaggio delle proprie merci.

Il tenore del contratto e le testimonianze assunte in corso di causa non erano stati degli elementi sufficienti a ribaltare tale conclusione. Secondo, quindi, la Cassazione, il ragionamento espresso dall'ufficio di merito era stato legittimo. Non vi è stato, perciò, motivo per accogliere il ricorso.

Sentenza
Scarica Cass. 2 febbraio 2023 n. 3265
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