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La nullità della delibera non è ben vista dal legislatore

Il Tribunale di Roma chiarisce come cogliere le differenze tra delibere annullabili e nulle.
Avv. Caterina Tosatti 

Il difetto assoluto di attribuzioni - tale da comportare l'impossibilità giuridica dell'oggetto - è un vizio che non attiene al quomodo dell'esercizio del potere, ma attiene all'an del potere stesso; esso non dipende dal cattivo esercizio in concreto di un potere esistente, ma dalla carenza assoluta in astratto del potere esercitato: in tali casi, la deliberazione non è idonea a conseguire l'effetto giuridico che si proponeva, risultando affetta da nullità radicale per "impossibilità giuridica" dell'oggetto.

Non così avviene, invece, quando l'assemblea adotti una deliberazione nell'ambito delle proprie attribuzioni, ma eserciti malamente il potere ad essa conferito; quando essa adotti una deliberazione violando la legge, ma senza usurpare i poteri riconosciuti dall'ordinamento ad altri soggetti giuridici: in tali casi, la deliberazione "contraria alla legge" è semplicemente annullabile, secondo la regola generale posta dall'art. 1137 c.c.

La sentenza n. 6212 del 18 aprile 2023 del Tribunale di Roma, pur essendo alquanto stringata, getta luce su un nodo ancora difficile da sciogliere, cioè valutare se una delibera condominiale sia annullabile oppure nulla.

Fatto e decisione

Tizio impugna una delibera del proprio Condominio con la quale venivano approvati i rendiconti 2017 e 2018.

Il Giudice di Pace rigetta l'impugnativa, ritenendo l'azione tardiva perché proposta oltre i termini di cui all'art. 1137 c.c. (30 giorni).

Tizio appella pertanto la decisione al Tribunale di Roma, sostenendo l'errore del primo Giudice, in quanto i vizi dedotti in I° rivelavano la nullità della delibera impugnata, così da permettere l'azione in ogni tempo.

Il Tribunale di Roma rigetta l'appello, ritenendo che effettivamente vi fosse stata decadenza dall'azione di impugnazione ai sensi dell'art. 1137 c.c. e qualificando quanto eccepito da Tizio come vizio di annullabilità e, pertanto, soggetto al termine di 30 giorni dalla delibera o dalla sua conoscenza.

Infatti, ci riporta il Giudice dell'appello, Tizio aveva dedotto, a fondamento dell'impugnativa, gravi irregolarità commesse dall'Amministratore, peraltro irrilevanti in quella sede perché non si versava nel contesto di cui all'art. 1129 c.c., nonché la violazione dell'art. 1130 bis c.c. nella compilazione dei rendiconti, la previsione di spese non imputabili al Condominio o non documentate e l'illegittima suddivisione delle spese per consumo idrico in parti uguali anziché in maniera proporzionale all'utilizzo effettivo.

Considerazioni conclusive

Il Giudice romano, nella motivazione cui fa seguito il rigetto dell'appello, richiama la recente pronuncia a Sezioni Unite n. 9839/2021, laddove la Corte di Cassazione ci ha rammentato il generale disfavore legislativo verso l'applicazione dell'istituto della nullità alle delibere assembleari, che i magistrati leggono nelle norme che attengono al Condominio.

Di qui, il noto adagio per cui: "sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell'assemblea previste dall'art. 1135, numeri 2) e 3), cod. civ. e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell'esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall'art. 1137, secondo comma, cod. civ.".

Oltre a ciò, la Cassazione insegna che "sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell'assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali (volontà della maggioranza; oggetto; causa; forma) quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico…e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a "norme imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume".

Riteniamo, sommessamente, che la difficoltà per l'interprete, pure addetto ai lavori, nel cogliere le differenze tra delibere annullabili e nulle sia dovuta all'utilizzo improvvido di terminologia che, nel più ampio panorama giuridico, ha un significato diverso e viene utilizzata in accezione diversa rispetto a quanto si fa nel contesto condominiale.

Per contestualizzare, si insegna sui banchi dell'università che il contratto è nullo laddove (art. 1418 c.c.):

- sia contrario a norme imperative, salvo diversa disposizione di legge;

- manchi uno dei requisiti indicati dall'art. 1325 c.c. (accordo, oggetto, causa, forma se prevista a pena di nullità dalla legge)

- la causa sia illecita

- i motivi comuni ed esclusivi delle parti a contrarre siano illeciti

- l'oggetto sia impossibile, illecito, indeterminato o indeterminabile

e che la nullità è imprescrittibile e rilevabile d'ufficio.

Poi però il povero interprete si ritrova a leggere l'art. 1137 c.c., il cui 2° comma recita "Contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento ogni condòmino … può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni".

La Cassazione, sul punto, cerca di spiegare che, nel contesto condominiale, con "delibera contraria alla legge" dovremmo in realtà intendere sia la modifica o l'istituzione di criteri di riparto delle spese (con il metodo maggioritario anziché all'unanimità dei condòmini) in aperto contrasto con quanto previsto dalla legge (e qui inteso come previsione inderogabile, a mente dell'art. 1138 c.c., quindi come norma imperativa ai sensi dell'art. 1418 c.c. visto sopra) sia la delibera cui manchino gli elementi essenziali (volontà della maggioranza, oggetto, causa e forma, elementi che richiamano quelli previsti dall'art. 1325 c.c.) sia quella il cui oggetto sia impossibile oppure illecito (anche qui, richiamo ai vizi dell'oggetto menzionati dall'art. 1418 c.c.).

In tutti i contesti ove questa contrarietà alla legge manchi, ricadremo nell'ipotesi del mero annullamento e, pertanto, nel termine di decadenza di 30 giorni.

Nel caso di specie, peraltro, l'unico elemento che avrebbe valso la pena indagare, ma del quale non sappiamo nulla, perché il magistrato non amplia la propria argomentazione sullo stesso, cioè l'eccezione sollevata da Tizio circa la previsione di spese non imputabili al Condominio, ci riporta all'affermazione con cui abbiamo aperto l'articolo, concernente il difetto di attribuzioni, che a volte viene incluso a volte escluso dal più ampio vizio dell'eccesso di potere da parte dell'Assemblea.

Insomma, l'utilizzo di terminologia più adatta al contesto di cui parliamo permetterebbe meno confusione nell'interprete ed eviterebbe impugnative strumentali.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 18 aprile 2023 n. 6212
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