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L'amministratore ed il condominio dormono? Del crollo rispondono tutti i condomini.

Crollo parti dell'edificio, responsabilità. Perchè la negligenza del condominio inguaia i singoli condomini.
Avv. Mauro Blonda 

Sollecitare l'intervento dell'assemblea non basta per liberarsi dall'obbligo di salvaguardare la pubblica incolumità.

La rovina degli edifici: un pericolo forse troppo diffuso. La Cassazione torna ad occuparsi degli immobili mal tenuti e del pericolo che quindi essi possono costituire per la pubblica incolumità: ce ne siamo interessati agli inizi dello scorso mese di marzo (Si stacca l'intonaco? Il proprietario risarcisce e va in galera.), allorché il Supremo Collegio aveva chiarito come possa integrare gli estremi del reato di cui all'art. 677 cod. pen. ("Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina") anche il solo distacco di parte dell'intonaco dal soffitto di un'abitazione, confermando quindi la sentenza di condanna inflitta a quel proprietario che non aveva rimosso la situazione di pericolo da cui poi era infatti scaturita la caduta di parte del rivestimento murario.

A distanza di appena qualche settimana i Giudici di Piazza Cavour devono tornare a parlare di immobili pericolanti e ribadire la responsabilità dei proprietari di tali immobili, segno che questo problema è decisamente diffuso.

La negligenza del condominio inguaia i singoli condomini. Ma cosa accade quando l'edificio "che minaccia rovina" sia una parte, più o meno estesa, di una struttura condominiale? La responsabilità penale sarà ascrivibile all'inerte amministratore o ai singoli condomini interessati dalle strutture pericolanti?

Purtroppo l'inerzia del condominio inguaia i singoli condomini, che saranno ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 677 cod. pen. tutte le volte in cui il condominio non si sarà attivato per eliminare la situazione di pericolo.

Applicando di tale principio la Cassazione, con la sentenza n. 14465 del 27/03/2014, ha quindi confermato la responsabilità di alcuni proprietari di un immobile condominiale pericolante, i quali erano stati appunto condannati anche in appello per il reato in parola: per i giudici, infatti, essi non avevano provveduto "ai lavori necessari per rimuovere il pericolo per le persone derivante dallo stato di degrado dell'immobile".

(Vedi: Crolla un edificio a Napoli. Anche l'amministratore dello stabile e' indagato per disastro colposo)

A nulla sono valsi l'appello ed il ricorso per cassazione dei condomini che avevano contestato l'eccessiva onerosità dei lavori (per cui sarebbe stato possibile effettuarli solo ripartendone la spesa tra tutti i condomini) e soprattutto avevano documentato e provato di aver più volte diffidato il condominio ad intervenire: per la Cassazione non è sufficiente intimare e diffidare ma occorre fare di più.

I solleciti, pur formali, non bastano: occorre obbligare il condominio ad intervenire. La responsabilità dei proprietari-condomini discende dal loro non essersi attivati per eliminare il pericolo, non essendo a ciò sufficiente inviare lettere di diffida al condominio ma restare poi inerti se questo non si attiva per rimuovere la situazione di pericolo: ricorda infatti la Cassazione che "nel caso di mancata formazione della volontà assembleare che consenta all'amministratore di adoperarsi, sussiste a carico del singolo condomino l'obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall'attribuibilità al medesimo dell'origine della stessa.", richiamando una massima sancita per un caso identico nel 2008 (sent. n. 6596 del 17/01/2008), a sua volta confermativa di un più risalente orientamento giurisprudenziale (Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 15759 del 06/02/2001).

Ed infatti, come ricorda la stessa Cassazione, in caso di "paralisi deliberativa dell'ente condominiale l'ordinamento prevede specifici strumenti, anche di volontaria giurisdizione, atti a superare gli eventuali ostacoli frapposti alla formazione assembleare finalizzata all'esecuzione dei lavori necessari a rimuovere la situazione di pericolo" (Cass. Pen. sent. n. 14465/2014).

Solo l'effettiva rimozione del pericolo consente l'assoluzione. La responsabilità per il reato contravvenzionale in parola viene meno solo con la rimozione del pericolo e l'inerzia del condominio non costituisce un impedimento insormontabile, una "causa di forza maggiore" che da sé esonera da responsabilità i proprietari.

La contravvenzione di cui all'art. 677 cod. pen. ha infatti carattere permanente ed è "a condotta omissiva": la responsabilità deriva cioè da un non-comportamento e verrà pertanto meno solo quando colui il quale dovrebbe agire (e non lo fa) interviene per eliminare il pericolo.

La responsabilità cessa cioè "solo nel momento in cui viene meno la situazione antigiuridica, per fatto volontario dell'obbligato, o per altra causa" (Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 5196 del 28/03/1996).

Quindi i condomini, se vorranno salvarsi dalla condanna penale, non potranno limitarsi a segnalare l'esistenza di pericoli da crollo o rovina dell'edificio condominiale e non basterà loro nemmeno sollecitare ed intimare all'amministratore (o in sua assenza al condominio) di intervenire prontamente per eliminare il pericolo: essi, in presenza di una situazione rientrante nello schema dell'art. 677 cod. pen., sono tenuti a promuovere azione nei confronti del condomino e far sì che l'autorità giudiziaria si sostituisca all'inerte amministratore (se esistente) per rimuovere di fatto le situazioni di pericolo e far venir così meno il presupposto di fatto che integra il reato.

In caso contrario non potranno dirsi esenti da responsabilità e risponderanno di questo reato che prevede anche l'arresto, ove il pericolo minacci l'incolumità delle persone (ipotesi più grave, prevista dal 3° comma dell'art. 677 cod. pen.). E naturalmente dei danni che ne dovessero derivare.

L'amministratore quale garante dell'altrui responsabilità penale. Questa vicenda fa comprendere quanto importante e delicata sia la figura dell'amministratore di condominio, al pari della sua scelta: avere un amministratore che svolga con efficienza e puntualità il proprio mandato è la migliore garanzia per i condomini perché il loro diritto di proprietà sia goduto appieno e senza pensieri.

Al contrario, un amministratore di condomino spesso distratto, assente, inerte o incapace non solo costituisce il substrato fertile su cui possono attecchire e crescere i più classici problemi di convivenza condominiale (risolvibili il più delle volte con un tempestivo intervento ed una precisa normativa che regoli la vita condominiale) ma, come visto, espone i condomini anche a rischi, che possono sfociare addirittura nel campo penale, con conseguenze e problemi quindi ben maggiori di quelli che possono provenire dalle banali, ma pur fastidiose, intolleranze da vicinato.

Articolo 677 Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina

Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trecentomila a un milione ottocentomila.

La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a lire seicentomila.

(*) Il presente articolo è stato così modificato dall'art. 52 D.lgs. 30.12.1999 n. 507 (G.U. 31.12.1999 n. 306, S.O. n. 233).

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione n. 14465 del 27/03/2014
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