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L'attività rumorosa del bar legittima la sospensione della riproduzione musicale

La musica che disturba il riposo delle persone è un comportamento sanzionabile in sede civile, penale e amministrativa.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

"In tema di accertamenti in ordine alle violazioni del Regolamento Comunale sulle attività rumorose, le risultanze dei verbali redatti dagli organi accertatori sono dotati di fede privilegiata e fanno piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale avvenuti in sua presenza.

Ne consegue che deve essere rispettata la sanzione (divieto) irrogata dalla Pubblica Amministrazione". Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale Amministrativo Regionale VENETO - Venezia con la sentenza n. 644 del 15 giugno 2016 in merito alla responsabilità da immissioni sonore.

I fatti di causa. Il ricorrente, titolare di una bar nel centro di Verona, ha impugnato il provvedimento con cui il Comune, riscontrata la reiterata violazione delle prescrizioni del regolamento sulle attività rumorose, aveva disposto la sospensione della diffusione di riproduzione musicali per 28 giorni consecutivi, deducendone l'illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.

Gli aspetti civili e le immissioni sonore. La disciplina dettata dalla legge (art. 844 c.c.) in materia di immissioni mira a tutelare un interesse privatistico, e si mantiene così distinta dalla normativa di diritto pubblico sull'inquinamento acustico, elettromagnetico, da elettrosmog, ecc., che riguarda invece la protezione di un interesse collettivo più ampio.

Si deve poi rilevare un altro aspetto: il limite della normale tollerabilità ha carattere relativo, nel senso che non può essere fissato, una volta per tutte, entro parametri predeterminati, ma deve essere individuato «con riguardo al caso concreto tenendo conto delle condizioni naturali e sociali dei luoghi e delle abitudini della popolazione». (In tal senso Cass. civ., 3 agosto 2001, n. 10735; Cass. civ., 11 novembre 1997, n. 11118; 29 novembre 1999, n. 13334; 14 agosto 1990, n. 8271; 20 dicembre 1985, n. 6534; 24 gennaio 1985, n. 318).

Premesso ciò, la normale tollerabilità deve essere intesa come soglia oltre la quale l'immissione diventa illecita: se sono superati i limiti dettati dalla normativa speciale (in materia di aria, acqua, rumore, ecc.), l'evento immissivo è sicuramente intollerabile.

Tuttavia, giova ricordare che è possibile che l'immissione sia comunque ritenuta intollerabile anche nell'eventualità in cui i richiamati limiti vengano rispettati (In tal senso Cass. civ., 25 gennaio 2006, n. 1418; Cass. civ., 17 gennaio 2011, n, 939).

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Gli aspetti penali e il disturbo del riposo delle persone. L'art. 659 del codice penale prevede che "Chiunque, mediante schiamazzi o rumori … disturba le occupazioni o il riposo delle persone … è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.

Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità".

L'illecito in esame disciplina un reato contravvenzionale, ciò vuol dire che il comportamento illecito potrà essere sanzionato sia a titolo di dolo (detto più semplicemente per aver fatto rumore volontariamente) sia a titolo di colpa (per aver tenuto non volontariamente ma incautamente determinati comportamenti). L'interesse tutelato è l'ordine pubblico ossia la quiete pubblica e privata.

La norma, a ben vedere, prevede due distinte fattispecie di reato: a) quella sanzionata dal primo comma, che punisce ogni genere di rumore che reca disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone; b) la seconda, punita dall'ultimo comma.

Sull'argomento in esame, la cassazione ha più volte affermato che i rumori eccedenti la normale tollerabilità provenienti da un locale del genere (per la musica ad alto volume o per gli schiamazzi degli avventori, specie di notte) integrano la violazione di cui all'art. 659 c.p., comma 1, e non quella di cui al comma 2 (Cass. Pen. n. 1466 in data 06.11.2007- Cass. 9 giugno 2010 n. 24503).

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Il ragionamento del TAR di Venezia. Secondo il giudice amministrativo il provvedimento impugnato richiamava tre diverse violazioni del regolamento comunale commesse dal ricorrente nell'arco di pochi mesi dall'apertura, verificate dalla Polizia Municipale e dalla Questura.

Difatti, nonostante i vari solleciti, dall'istruttoria (verbali redatti dagli organi accertatori dotati di fede privilegiata con piena prova fino a querela di falso) era emerso che il ricorrente non aveva adottato i necessari accorgimenti atti a garantire il rispetto della convivenza civile.

A tal proposito, la norma del regolamento comunale (art. 11) è chiara: "i gestori di servizi di somministrazione devono adottare accorgimenti atti a garantire il rispetto della civile convivenza idonee per impedire che il rumore prodotto dalle sorgenti sonore installate o comunque derivanti dall'esercizio dell'attività all'interno dei locali non costituisca fonte di inquinamento acustico". Premesso ciò, a parere del TAR, le considerazioni esposte sono sufficienti per respingere i motivi di ricorso con cui l'istante censurava il provvedimento impugnato, e la misura della sospensione della diffusione della musica appare proporzionata rispetto alle infrazioni che ne giustificano l'applicazione.

Quanto alla durata (dodici giorni di sospensione per la seconda violazione e ventotto giorni di sospensione per la terza violazione, ecc.) non appare irragionevole né eccessiva e si giustifica con finalità di deterrenza.

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, Il TAR Veneto ha respinto il ricorso e per l'effetto ha dato esecuzione alla presente sentenza di condanna.

Sentenza
Scarica Tribunale Amministrativo Regionale VENETO - Venezia con la n. 644 del 15 giugno 2
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