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Assemblea condominiale e interpretazione del regolamento

Se i condomini non si trovano d'accordo con la soluzione deliberata in riunione.
Avv. Alessandro Gallucci 

L'assemblea condominiale è l'organo deputato all'interpretazione del regolamento di condominio per il caso di incertezze sulla sua applicazione.

Che cosa accade se alcuni condòmini non si trovano d'accordo con la soluzione approntata e deliberata in riunione?

Quali sono i limiti di sindacato dell'Autorità Giudiziaria in merito a tale problematica?

Proviamo a spiegare meglio la problematica con l'ausilio di un esempio.

Si supponga che una clausola di un regolamento reciti: “nel caso di violazioni delle norme del regolamento condominiale inerenti l'uso del cortile comune, l'assemblea può irrogare al trasgressore una sanzione pari ad € 100,00. Per l'irrogazione della sanzione l'amministratore deve convocare l'assemblea alla prima occasione utile dopo la violazione”.

Come intendere esattamente la locuzione “alla prima occasione utile”? Deve intendersi che l'amministratore deve convocare l'assemblea non appena gli è possibile oppure che la riunione dev'essere convocata quando ne ricorra l'occasione, ad esempio in concomitanza della discussione su altre questioni.

La diatriba non è di poco conto, specie nel caso di continue violazioni regolamentari da parte di uno o più condòmini.

Regolamento di condominio. Natura assembleare o natura contrattuale. Contenuto delle clausole. Divieti, limiti e quorum deliberativi.

Al riguardo è utile volgere lo sguardo ad una datata, ma pur sempre attuale, pronuncia resa dalla Suprema Corte di Cassazione in materia di interpretazione del regolamento condominiale.

Correva l'anno 1975 quando i giudici del Palazzaccio ebbero modo di affermare che “compete all'assemblea condominiale procedere a interpretazione del regolamento di condominio, correttiva di altra precedentemente adottata; essa può essere censurata solo quando la diversa interpretazione non sia giuridicamente corretta, sia in relazione ai principi di ermeneutica che avrebbero dovuto essere osservati per identificare l'esatta portata dei criteri stabiliti nel regolamento, sia in relazione ai risultati che siano derivati dalla loro concreta applicazione, in quanto non consentiti da norme legislative inderogabili” (Cass. n. 3936 del 25 novembre 1975).

Come dire: che cosa stiano a significare le clausole del regolamento lo può dire l'assemblea con una sorta d'interpretazione autentica e per farlo deve seguire le regole dettate dal codice civile in materia d'interpretazione dei contratti.

La regola principe, ad esempio, prevede che sia necessario valutare sempre l'intenzione delle parti senza limitarsi al senso delle parole. Come dire, tornado all'esempio di cui sopra: per capire che cosa s'intendesse dire con “alla prima occasione utile” bisogna fare riferimento al momento della formazione del regolamento (ed alle eventuali delibere di discussione) per comprenderne la ratio com'anche alle modalità applicative nel corso del tempo (cfr. artt. 1362-1371 c.c.).

Qualora uno dei condòmini ritenesse l'interpretazione fornita dall'assemblea contraria al vero senso della clausola oggetto dell'attenzione, egli potrebbe impugnare quella delibera per chiederne l'invalidazione.

Si badi: l'impugnativa non potrebbe mai avere come effetto quello di sostituire l'interpretazione assembleare con quella giudiziale, ma solamente la possibilità di accertare se il modus operandi dell'assemblea sia stato corretto rispetto ai canoni interpretativi legislativi.

Insomma: ad una dichiarazione d'illegittimità della delibera interpretativa non corrisponde la sostituzione di essa con una imposta dal giudice, ma la necessità di rimettersi nuovamente a lavoro per fornire una nuova interpretazione.

Niente impugnazione se la delibera condominiale è conforme alla dichiarazione di voto

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