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Appalto per lavori di notevole entità: il consiglio di condominio o una commissione di condòmini può scegliere la ditta appaltatrice?

È legittimo il mandato conferito dall'assemblea condominiale al consiglio di condominio o ad una delegazione di condòmini, per scegliere la ditta appaltatrice?
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 

Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione sulle parti comuni dei fabbricati condominiali sono sempre più frequenti le delibere assembleari che generano contrasti e contenziosi in condominio, soprattutto quando si tratta di appalti per riparazioni straordinarie di notevole entità.

Al riguardo si osserva che non è raro assistere a contenziosi generati perlopiù dalle carenze legislative in materia.

Come è noto, infatti, il codice civile non detta una disciplina vincolante in merito agli appalti condominiali e pertanto, al di fuori delle norme suggerite dagli artt. 1665 c.c. e seguenti, non sembrano sussistere particolari prescrizioni da seguire per appaltare i lavori in condominio.

Peraltro il legislatore non ha inteso fornire neanche una definizione delle c.d. riparazioni straordinarie di notevole entità, limitandosi soltanto a specificare che tali riparazioni, ex art. 1136 comma 2 c.c., devono essere sempre approvate dall'assemblea con la maggioranza degli intervenuti, che rappresentino almeno cinquecento millesimi di proprietà.

Quando si può parlare di lavori di manutenzione straordinaria di notevole entità?

È ovvio che in assenza di norme specifiche in materia di appalto condominiale, ad orientare l'assemblea condominiale non restano che le pronunce giudiziali nel merito ed i suggerimenti dettati dell'amministratore.

Alla luce della normativa vigente, uno dei casi che fa discutere di più si realizza quando l'assemblea di condominio, a maggioranza, delibera di delegare la scelta della ditta appaltatrice per l'esecuzione di lavori straordinari di notevole entità al consiglio di condominio o ad una delegazione ristretta di condòmini indicati nel verbale assembleare.

Può accadere, infatti, che l'assemblea, in un'unica riunione, decida di realizzare dei lavori di ristrutturazione e contestualmente deliberi di conferire mandato ad alcuni condòmini per la scelta della ditta appaltatrice. Di solito tale ipotesi si verifica nei fabbricati condominiali con numerosi comproprietari, dove per prassi consolidata, quando vengono presentati diversi preventivi di spese, l'assemblea, nell'intento di sveltire l'iter di realizzazione dei lavori di ristrutturazione, decide di rimettere la scelta della ditta al consiglio di condominio, se nominato, oppure a quei condòmini che in riunione si siano dichiarati disponibili ad analizzare gli stessi preventivi.

Tale modus operandi può risultare conveniente per far approvare decisioni dal contenuto non chiarissimo o ben compreso da tutti i condòmini, che all'esito di un eventuale indottrinamento in materia potrebbero decidere di esprimere il loro dissenso, sullo stesso argomento, in una successiva riunione.

Sotto tale profilo, quindi, conviene avallare la scelta di pochi, per evitare all'amministratore di dover convocare nuovamente un'assemblea che decida in merito, scongiurando così il rischio che non si raggiungano più i quorum per deliberare, soprattutto nei casi in cui, facendo due conti, si prospetta un sacrificio economico rilevante a carico dei condòmini. Di conseguenza, una volta operata la scelta da parte dei condòmini, all'uopo incaricati dall'assemblea condominiale, l'amministratore procederà ad appaltare direttamente i lavori alla ditta prescelta, senza interpellare nuovamente l'assemblea.

Ma in questo caso è legittimo il mandato conferito dall'assemblea condominiale al consiglio di condominio o ad una delegazione di condòmini, per scegliere la ditta appaltatrice, che dovrà eseguire le riparazioni straordinarie di notevole entità sul fabbricato?

Anzitutto si osserva che nel caso di affidamento in appalto dei lavori di notevole entità, che nella prassi possiamo intendere come quelle opere eccezionali necessarie a rifare e/o sostituire parti strutturali del fabbricato condominiale, il committente, cioè l'amministratore o il responsabile dei lavori nominato in atti, nella fase antecedente alla stipula del contratto d'appalto, è tenuto ad accertare la sussistenza delle competenze tecniche in capo alla ditta appaltatrice.

Vale a dire che, prima di affidare l'incarico per l'esecuzione dei lavori, ci si deve accertare che la ditta sia affidabile, cioè sia in possesso dei c.d. requisiti di idoneità tecnico-professionale.

In pratica si tratta di acquisire, preventivamente, il certificato di iscrizione della ditta alla camera di commercio, congiuntamente all'autocertificazione dell'impresa appaltatrice (oppure dei lavoratori autonomi) circa il possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale.

In ogni caso l'autocertificazione del soggetto affidatario deve assumere contenuti specifici e dettagliati e non può limitarsi ad una generica attestazione sul possesso dei requisiti adeguati allo svolgimento dei lavori (Cass. Pen. sez. IV, 21 settembre 2009; Trib. Milano, 25 gennaio 2000).

Pertanto è l'amministratore di condominio committente (oppure il responsabile dei lavori nominato dall'assemblea), che deve verificare l'idoneità tecnico-professionale, e quindi l'affidabilità delle imprese e dei lavoratori autonomi, ai fini dell'esecuzione dell'opera (Cass. Pen., sez. IV, 14 gennaio 2008).

Partecipazione per delega al consiglio di condominio

La violazione di tale obbligo comporterebbe una responsabilità penale in capo al committente. In altri termini, nel caso in cui il datore di lavoro-committente, prima di affidare un incarico lavorativo, non avesse accertato che la ditta appaltatrice fosse in possesso delle competenze tecniche per eseguirlo, risponderebbe della cosiddetta "culpa in eligendo" (Cass. Pen., Sez. 3, 15 ottobre 2013, n. 42347).

Di conseguenza, nel caso in cui sia una cerchia ristretta di condòmini a scegliere la ditta, l'amministratore dovrebbe sottostare alla scelta inopinabile operata da coloro che erano stati incaricati nel merito dall'assemblea, facendosi carico di tutte le relative conseguenze.

È risaputo, infatti, che i condòmini sono soliti lasciarsi convincere dall'offerta economicamente più bassa, altro che capacità tecnica e capacità finanziaria e serietà dell'impresa, che invece dovrebbero costituire la vera garanzia per il condominio.

Peraltro i condòmini eletti non potrebbero neanche essere ritenuti responsabili, con riferimento alla verifica delle competenze tecniche in possesso della ditta appaltatrice.

Le conseguenze negative non potrebbero che ricadere sull'amministratore che, ai sensi dell'art 1130 c.c., ha la competenza a firmare il contratto di appalto.

Ciò posto è il caso di analizzare, nello specifico, i poteri riconosciuti dal legislatore ai consiglieri di condominio. L'art. 1130 bis c.c. dispone che "l'assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari", spiegando, in modo chiaro, che il consiglio di condominio ha soltanto "funzioni consultive e di controllo".

La collocazione codicistica del "consiglio di condominio", che è un istituto citato all'ultimo comma dell'articolo sul "rendiconto condominiale", conferma l'intento del legislatore di voler riservare ai consiglieri di condominio soltanto poteri generici di controllo sulla contabilità condominiale e di supporto all'amministratore nell'adempimento del proprio mandato.

Di solito i consiglieri di condominio verificano le spese che compongono il rendiconto condominiale, anche se tutti i condòmini hanno identico potere, oppure propongono all'amministratore un ordine del giorno dell'assemblea o ancora segnalano disfunzioni presenti sul fabbricato, cioè esercitano poteri d'impulso riconosciuti, comunque, anche agli altri condòmini.

In altri termini il consiglio di condominio controlla e manifesta pareri sugli aspetti della gestione condominiale ma non ha il potere decisionale tipico dell'assemblea condominiale.

In tal senso l'assemblea di condominio è "autorità sovrana a decidere delle questioni relative alle opere di straordinaria manutenzione delle parti comuni dell'edificio" (Trib. di Lecce, sentenza n. 4925 del 18 novembre 2016).

Per tali ragioni, in conclusione, è logico ritenere che l'assemblea condominiale non abbia il potere di delegare la sua funzione esclusiva ad una commissione di condòmini o al proprio consiglio di condominio.

L'assemblea condominiale può legittimamente deliberare di nominare una commissione di condomini con l'incarico di esaminare i preventivi, con le relative spese, al fine di valutare quale possa rispondere meglio alle esigenze del condominio, ma la decisione relativa all'affidamento dell'incarico ed il riparto delle spese spetta comunque alla stessa assemblea, in quanto trattasi di una funzione non delegabile (Cass., sezione II Civile, sentenza n. 5130 del 06/03/2007).

Pertanto sarà necessario che l'amministratore sottoponga all'approvazione dell'assemblea la decisione sul conferimento dell'appalto ad apposita ditta, in quanto è da ritenere illegittima l'eventuale delibera di delega a decidere nel merito, conferita ad un gruppo di condòmini.

Avv. Michele Orefice

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