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Stop alla casa vacanze in condominio se viene pregiudicata la tranquillità del fabbricato

La norma contrattuale può vietare gli affittacamere in condominio.
Dott.ssa Marta Jerovante - Consulente Giuridico 

La destinazione di unità abitative a strutture di ospitalità o attività ricettive quali B&B o affittacamere o, ancora, case vacanza come nel caso di specie, resta una fra le fattispecie più problematiche della vita dei condomini, in ragione peraltro della recente diffusione di tali formule proprio in tali contesti.

Al riguardo, preme subito rilevare che la vincolatività delle clausole regolamentari di natura contrattuale che pongono limiti all'utilizzazione delle proprietà esclusive è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, in particolare laddove si tratti di norme volte a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità e all'abitabilità dell'intero edificio.

Detti divieti possono essere formulati mediante esatta elencazione delle attività vietate, o attraverso l'indicazione dei pregiudizi che si intendono evitare: nella prima ipotesi è sufficiente, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, verificare se la destinazione sia inclusa nell'elenco, dovendosi ritenere che già in sede di redazione del regolamento siano stati valutati gli effetti come necessariamente dannosi; nella seconda, essendo mancata la valutazione in astratto degli effetti dell'attività, è necessaria un'operazione interpretativa volta ad accertare se gli inconvenienti, che si intendono evitare, si siano in concreto prodotti o meno (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 1994, n. 11126).

Analisi di una importante sentenza del TAR Lazio. Risvolti in àmbito condominiale.

Ad ogni modo, se nel regolamento condominiale le limitazioni al diritto d‘uso dell'unità immobiliare da parte del singolo proprietario risultino da espressioni rivelatrici di un intento chiaro e non suscettibile di creare incertezze interpretative, il condomino e i successivi proprietari dovranno astenersi dal dare una determinata destinazione all'appartamento, vietata perché ritenuta incompatibile con l'interesse comune dei condomini, oppure ne dovranno preservare l'originaria destinazione per l'utilità generale dell'intero edificio.

Non solo: la norma convenzionale di natura contrattuale esplica la propria cogenza anche nell'ipotesi in cui il titolare dell'attività “vietata” non sia il proprietario dell'unità immobiliare, ma un mero conduttore, oppure un soggetto succeduto al primo a titolo particolare nella proprietà del bene.

La distinzione delle clausole del regolamento contrattuale

La previsione del regolamento condominiale si pone infatti quale vincolo di natura reale che equivale a una servitù reciproca: il proprietario-locatore risponde delle violazioni del regolamento condominiale perpetrate dal suo conduttore; per evitare di incorrere nella responsabilità contestatagli, dovrà dunque dimostrare di aver adottato tutte le cautele e le misure idonee a scongiurare danni agli altri condomini, agendo con la diligenza del buon padre di famiglia non solo nella scelta del conduttore ma anche attraverso il controllo del suo operato.

In caso di inadempienze evidenti e reiterate, dovrà chiedere la risoluzione del contratto di locazione.

Il Condominio, dal canto suo, può scegliere se agire contro il proprietario o contro il conduttore.

Nel caso in oggetto il Condominio ha convenuto entrambi per ottenere la cessazione dell'attività di locazione per casa vacanze dell'appartamento di proprietà dell'uno e condotta dall'altro, in quanto lesiva della clausola del regolamento condominiale contrattuale che fa divieto ai proprietari-condomini di destinare i rispettivi appartamenti «ad uso di affittacamere ed in genere a qualsivoglia altro uso che possa turbare la tranquillità dei condomini e sia contraria all'igiene e al decoro del fabbricato».

Il Condominio ha lamentato specificamente che la locazione dell'appartamento a turisti per brevi periodi fosse assimilabile all'attività di affittacamere e che detto uso pregiudicasse «la tranquillità, la sicurezza e il decoro del condominio a cagione, fra l'altro, del continuo via vai delle persone e degli schiamazzi, anche in ore notturne, ad opera dei turisti ivi alloggiati».

Costituitesi in giudizio, la società proprietaria ha chiesto, in subordine, «di essere manlevata dalla società conduttrice da qualsiasi conseguenza derivante dal giudizio»; la società conduttrice ha affermato, dal canto suo, che «nel contratto di locazione era stato espressamente stabilito che la locazione era ad uso commerciale e segnatamente ineriva attività di locazione di casa vacanze».

Il Tribunale di Roma ha in primo luogo confermato la legittimazione processuale passiva di entrambe le convenute: la proprietaria, non avendo posto in essere alcun comportamento idoneo a favorire l'osservanza della norma regolamentare da parte della conduttrice – come la richiesta di risoluzione del contratto di locazione al fine di riacquisire la disponibilità dell'immobile –, diviene responsabile «per fatto proprio» del predetto inadempimento (Cass., n. 11383/06); la conduttrice «acquisisce, a titolo derivativo, gli stessi obblighi propter rem e la stessa posizione del suo dante causa» (Cass., n. 15756/01).

Ribadita poi la legittimità di pattuizioni del regolamento contrattuale limitatrici dei poteri deicondomini sulle parti di proprietà esclusiva, purché espressamente enunziate, e la necessità, per altro verso, di un'interpretazione rigorosa delle predette clausole, il giudice è passato ad interpretare il divieto del regolamento e le espressioni ivi utilizzate – alla luce delle descrizioni normative rese nei Regolamenti Regionali in materia di strutture ricettive: la casa vacanze è un immobile arredato e gestito in forma imprenditoriale o meno, ceduto in locazione ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati (specificamente senza somministrazione di alimenti e bevande), con contratti aventi validità non superiore ai tre mesi consecutivi e non inferiore a tre giorni – nel caso del Reg. Lazio n. 8/2015; l'attività di affittacamere, pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, presenta analogie con la medesima, in quanto fornisce, senza predeterminazione di durata, servizi di alloggio ed eventualmente servizi complementari; il citato Reg. n. 8/2015 ha più di recente definito l'attività di affittacamere o guest house come quella che coinvolge strutturegestite in forma imprenditoriale, composte al massimo da sei camere accessibili dal medesimo ingresso.

Ebbene, la circostanza che il “servizio di case ed appartamenti per vacanze” non preveda, diversamente dalle strutture che svolgono attività di affittacamere, la somministrazione di alimenti e bevande, non è elemento idoneo ad incidere né sulla natura ricettiva – che va riconosciuta ad entrambe – né sul bene oggetto della tutela regolamentare, ossia la tranquillità della vita condominiale: anche la destinazione a casa vacanze configura un uso vietato dal regolamento, poiché, in ragione del rapido e continuo cambiamento degli affittuari, genera un rapido ricambio di soggetti del tutto estranei al contesto condominiale e, dunque, alle esigenze comuni.

La clausola regolamentare invocata dal Condominio – e che indica espressamente l'attività di affittacamere – va dunque interpretata sino a ricomprendere qualsiasi «servizio di alloggio a terzi suscettibile anche di durata assai limitata»; il termine “affittacamere” «non può considerarsi tecnico e univocamente definibile, ma comprensivo […] di una pluralità di destinazioni e servizi nell'ambito della ricezione della clientela».

Va del resto tenuto presente che il regolamento condominiale redatto nel 1961 non poteva di certo fare chiaro riferimento a modalità ricettivo-turistiche all'epoca non conosciute o diffuse.(Nello stesso senso, si segnala Trib. Torino, 13 ottobre 2009: nel caso di specie, un condomino concedeva in locazione il suo appartamento, la cui conduttrice vi avviava un'attività di B&B; gli altri condomini decidevano la cessazione di tale attività, lamentando che tale destinazione d'uso dell'immobile locato violasse il divieto, tra le altre cose, di qualsiasi uso o destinazione che potesse turbare la tranquillità del condominio.

A fronte della censura del proprietario, secondo la quale lo svolgimento dell'attività di bed & breakfast non costituisse violazione del regolamento di condominio, in quanto non sussumibile all'interno dei divieti posti dalla medesima, il Tribunale ha al contrario ritenuto che il divieto di «destinare le unità immobiliari a pensioni “e in genere a qualsiasi uso o destinazione che possa turbare la tranquillità del Condominio e che sia contrario all'igiene e al decoro dell'edificio” pare senz'altro applicabilealla attività di bed & breakfast svolta […].

Interpretando la clausola nella sua interezza […], secondo la comune intenzione dei contraenti, ex art. 1362 c.c., tenendo conto della elencazione di attività vietate e del riferimento a quelle comunque idonee a turbare la tranquillità del condominio, pare evidente che i condomini originari contraenti intesero escludere qualsiasi attività che comporti afflusso sistematico di estranei da cui possa derivare un turbamento per la tranquillità degli abitanti, come nel caso di una attività di bed & breakfast, destinata per sua natura a ricevere ospiti anche a tarda sera ed a vederli partire od allontanarsi anche di primo mattino. […] non possono presumersi esclusi i casi non espressamente compresi, anche in considerazione dell'epoca di redazione del regolamento di condominio, risalente al 1985, allorquando non era ancora disciplinato, né assai diffuso, lo svolgimento di tale attività».

Sentenza
Scarica Tribunale di Roma - 7826, sezione Quinta, del 19-04-2016
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