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Affittacamere in condominio

Se il regolamento vieta l'attività di affittacamere non si può fare anche se in passato altri condomini l'hanno fatta.
Avv. Paolo Accoti 

Qualora il regolamento condominiale vieti di destinare gli appartamenti a determinati scopi, la condotta contraria allo stesso tenuta in passato da altri condòmini non può legittimare un attuale utilizzo scorretto delle medesime abitazioni.

Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 109, del 7.01.2016.

Nell'immobile in condominio una società che conduceva in locazione un appartamento di proprietà di terzi soggetti, preannunciava all'assemblea condominiale la volontà di adibire detto appartamento ad uso affittacamere.

Detta volontà, tuttavia, suscitava le proteste di alcuni condòmini che, pertanto, evocavano in giudizio sia il locatario che i proprietari dell'appartamento, affinché fosse dichiarata la contrarietà al regolamento condominiale di un tale utilizzo dell'immobile.

La domanda in primo grado veniva dichiarata inammissibile per carenza di attuale interesse, in considerazione del fatto che tale volontà fosse solo stata preannunciata ma non realizzata.

Proposto gravame avverso la predetta declaratoria di inammissibilità, la Corte d'Appello di Roma, accoglieva l'originaria domanda, considerando meritevole di tutela l'accertamento della condotta contraria alle regole pattizie da parte dei convenuti.

Neanche a dirlo il giudizio proseguiva dinnanzi la Suprema Corte, nel quale i ricorrenti eccepivano l'erronea interpretazione del regolamento condominiale, risalente al lontano 1920, nonché la circostanza per la quale altri inquilini dello stesso stabile avevano intrapreso attività commerciali, imprenditoriali e professionali che, a norma del regolamento, sarebbero state loro precluse.

Che, pertanto, la concreta volontà dei condòmini avrebbe fatto sì che il contratto dovesse essere interpretato secondo l'effettiva intenzione degli stessi, per come rinvenibile dalla condotta tollerante tenuta rispetto ad un siffatto pregresso utilizzo.

Di contrario avvisa la Suprema Corte, la quale ritiene che stante il tenore del regolamento condominiale che recita: "E' vietato di destinare gli appartamenti ad uso di qualsivoglia industria o di pubblici offici, ambulanze, sanatori, gabinetti per la cura di malattie infettive o contagiose, agenzie di pegni, case di alloggio, come pure di concedere in affitto camere vuote od ammobiliate o di farne, comunque un uso contrario al decoro, alla tranquillità, alla decenza ovvero al buon nome del fabbricato", la condotta contraria ad esso tenuta nel passato da altri condomini non può influenzare la interpretazione e la vigenza dello stesso.

Quando è lecita l'attività di affittacamere in condominio.

Analogamente: "Del tutto infondato è poi il richiamo "storicizzante" del regolamento che vorrebbe ricondurre il divieto contenuto del testo negoziale contrattuale a quelle attività che inciderebbero solo sul decoro, sulla tranquillità e sul buon nome del fabbricato, basato sull'osservazione che le rigide prescrizioni stilate del 1920 non potrebbero valere nell'epoca attuale" (Cass. civ., Sez. II, 7.01.2016, n. 109).

La Corte di Cassazione ricorda inoltre che la definizione di "affittacamere" data dal regolamento regionale 16/2008 della Regione Lazio che, si basava sulla perdurante coabitazione dei proprietari con gli ospiti, non fa venire meno l'ontologica sovrapponibilità di detta attività - in contrapposizione all'uso abitativo - con quella alberghiera e quella di bed and breakfast.

Pertanto, se una siffatta attività risulta pattiziamente vietata, tale rimane, a prescindere dall'epoca del regolamento condominiale e dal rinnovato contesto socio-economico, nonché dall'utilizzo, quand'anche vietato, consumato in passato da altri condòmini, salvo non intervenga una modifica al regolamento condominiale.

A tal proposito va ricordato che il regolamento può essere di provenienza convenzionale, siccome adottato dall'assemblea dei condòmini con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, ovvero di origine contrattuale, quando è predisposto dal costruttore o dall'unico originario proprietario, ovvero dall'unanimità dei condomini, e deve essere allegato ai contratti di acquisto delle unità immobiliari.

Va da sé che la modifica del regolamento varia a seconda della sua natura: quello convenzionale può essere modificato, su iniziativa di ciascun condomino, dall'assemblea con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio; quello contrattuale solo ed esclusivamente dall'unanimità dei condomini.

Il divieto di destinazione diversa da quella abitativa è compatibile con l'apertura di un B&B

STUDIO LEGALE AVV. PAOLO ACCOTI

Sentenza
Scarica Cass civ 109 7 gennaio 2016
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