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Garage privato. Si paga la tassa sui rifiuti se non si presenta l'adeguata documentazione.

Garage-Autorimessa, quando non va pagata la tassa sui rifiuti e come fare per dimostrarlo.
Avv. Maurizio Tarantino 

La tassa sui rifiuti non si applica se si dimostra che l'autorimessa non è idonea a produrre rifiuti. Per beneficiare dell'esenzione, il proprietario di un locale deve presentare apposita documentazione.

"Il proprietario di un garage è esente dal pagamento della tassa su rifiuti solo se comunica e dimostra al Comune che il locale adibito a garage non è idoneo alla produzione di rifiuti. L'esenzione, infatti, non opera in modo automatico.

Grava sul contribuente l'onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione".

Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza del 05 settembre 2016 n. 17623 in merito all'applicazione della tassa sui rifiuti.

I fatti di causa. Tizio adiva la Commissione tributaria regionale di Palermo per l'annullamento dell'avviso di accertamento per omessa dichiarazione e pagamento della Tarsu per l'anno 2002, in relazione all'immobile in proprietà destinato a "rimessa di veicoli".

A seguito dell'accoglimento del ricorso di Tizio, il provvedimento veniva integralmente annullato. Per tali motivi, il Comune di Catania proponeva ricorso per cassazione.

La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni. La sentenza in commento cita l'art. 62 del D.Lgs.507/1993 che prevede "La tassa è dovuta da coloro che occupano o detengono i locali o le aree scoperte di cui all'art. 62 con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse.

Sono escluse dalla tassazione le aree comuni del condominio di cui all'articolo 1117 del codice civile che possono produrre rifiuti agli effetti dell'art. 62.

Resta ferma l'obbligazione di coloro che occupano o detengono parti comuni in via esclusiva".

Orbene, premesso ciò, oggi la TARI (tassa rifiuti comunale istituita con la legge di stabilità 2014) è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani.

Sono escluse le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali che non sono detenute o occupate in via esclusiva.

Il tributo non è dovuto in relazione alla quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero. Il Comune con regolamento di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.446, può prevedere riduzioni tariffarie ed esenzioni nel caso di:

a) abitazioni con unico occupate,

b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale o altro uso limitato e discontinuo;

c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente,

d) abitazioni occupate da soggetti che risiedono o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero,

e) fabbricati rurali ad uso abitativo.

Il ragionamento della Cassazione. I giudici di piazza Cavour hanno evidenziato che nella presente fattispecie, in primo grado, il Comune aveva accertato che il locale era un garage privato, tipologia di immobile per la quale "si è concluso che la capacità produttiva di rifiuti era inesistente, atteso che in un garage e ipotizzabile una presenza umana sporadica"; sicché, secondo la Commissione Tributaria "l'uomo non avrebbe neppure avuto il tempo o l'opportunità di produrre rifiuti".

Tuttavia, a parere della Corte, la decisione in esame era stata emessa senza la prova positiva della concreta sussistenza di dette condizioni.

Difatti, la disciplina di legge richiede una previa ed apposita dichiarazione di inidoneità alla produzione dei rifiuti onde consentire lo specifico accertamento della ragione che esclude la sotto posizione a tassazione.

A tal proposito, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte quello secondo il quale, "in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani", grava sul contribuente l'onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione (e cioè che le stesse siano inidonee alla produzione di rifiuti o che vi si formino rifiuti speciali al cui smaltimento provveda il produttore a proprie spese), atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l'Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell'obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l'esenzione, anche parziale, un'eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (In tal senso Cassazione sentenze nn. 17703 del 2004, 13086 dei 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011).

Ne deriva che spettava al giudice del merito acclarare se - in concreto- la parte contribuente avesse dimostrato adeguatamente i presupposti fattuali per poter beneficiare delle citate disposizioni di esclusione dall'assoggettamento al tributo, senza limitarsi a dare atto che detta prova doveva considerarsi raggiunta in considerazione del solo presupposto della peculiare destinazione funzionale dell'immobile (ad autorimessa).

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, la Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha accolto il ricorso del Comune e per l'effetto ha cassato la sentenza con rinvio ad altro giudice affinché quest'ultimo torni ad esaminare la questione controversa sulla scorta dei principi dianzi messi in evidenza.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione - Ordinanza 05 settembre 2016, n. 17623
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