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Ripartizione errata delle spese condominiali: attenzione ai tempi d'impugnazione

Quando la delibera deve essere contestata nei modi e nei tempi di cui all'art. 1137 c.c. Come fare a capire se si tratta di deroga o di errore? La questione pende dinanzi alle Sezioni Unite.
Avv. Alessandro Gallucci 

In tema di condominio negli edifici, al fine di valutare il vizio da cui è affetta la deliberazione assembleare di approvazione delle spese e dei relativi piani di riparto e di conseguenza i tempi per l'impugnazione, è necessario distinguere tra utilizzazione di un criterio errato e delibera di deroga ai criteri legali.

La differenza, infatti, incide (e non poco) sulla tempistica di contestazione.

La questione è ampiamente dibattuta in sede giurisprudenziale ed è stato richiesto l'intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione.

Ad un orientamento, all'apparenza maggioritario che riconosce questa distinzione, se ne contrappone ad un altro, minoritario in un certo quale modo preferito (vedremo dopo da chi e perché).

Poiché, si diceva, un orientamento, quello maggioritario, consente una distinzione tra errore nel riparto e deroga nei criteri previsti dalla legge o dal regolamento (contrattuale), si ritiene utile partire da questo orientamento per poi arrivare alle ragioni del contrasto.

Così, si dice che cl fine di valutare la tipologia d'invalidità è di fondamentale importanza comprendere perché s'è applicato un criterio piuttosto che un altro.

Errore e deroga nei riparti delle spese

Ai sensi dell'art. 1123, primo comma, c.c.

Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

I successivi commi e gli articoli 1124 (manutenzione scale ed ascensore), 1126 (manutenzione lastrico solare di uso esclusivo), 1130-bis (revisione contabile) e 71-ter (sito internet condominiale) disp. att. c.c. indicano i criteri da utilizzare in relazione a specifiche fattispecie.

L'inciso finale del primo comma dell'art. 1123 c.c. "salvo diversa convenzione" ha portata generale e sta a significare che solamente con l'accordo di tutti i condomini è possibile derogare a quanto stabilito dalle norme appena citate ed in generale da tutte quelli riguardanti la ripartizione delle spese condominiali.

Se l'assemblea, senza il consenso di tutti i condomini, decide, ad esempio, che le spese per la ristrutturazione dell'edificio debbano essere ripartite in parti uguali e non secondo i millesimi di proprietà, allora la deliberazione dev'essere considerata nulla e quindi impugnabile in ogni tempo, restando salvi gli effetti della prescrizione (cfr. art. 1421 c.c.).

Diverso il caso della deliberazione che erroneamente (ad esempio perché è stato l'amministratore nel predisporre il piano di riparto o la stessa assise ad equivocare) applica un criterio piuttosto che un altro.

Ad esempio l'assemblea decide di applicare i millesimi di proprietà per la ripartizione delle spese di manutenzione del lastrico, quando invece, nel caso di specie, doveva trovare applicazione l'art. 1126 c.c.

In casi del genere, affermano gli ermellini nella sentenza n. 1439, "è solo annullabile la delibera con la quale erroneamente si applichi il criterio legale di riparto delle spese condominiali" (Cass. 23 gennaio 2014 n. 1439). Di conseguenza la delibera, in simili ipotesi, deve essere contestata nei modi e nei tempi di cui all'art. 1137 c.c.

Come fare a capire se si tratta di deroga o di errore?

Il tutto dipende dal contenuto del verbale che, per costante giurisprudenza, dev'essere interpretato secondo i criteri adottati per l'interpretazione dei contratti (e quindi principalmente indagando la comune intenzione delle parti anche ma non solo secondo il senso delle parole usate, cfr. art. 1362 c.c.).

Errore e deroga nessuna distinzione

Come si diceva in principio, la questione della distinzione tra errore e deroga all'apparenza di semplice comprensione a livello teorico, può portare notevoli incertezze in termini concreti.

È questo uno degli aspetti di maggior rilievo che ha portato la Seconda Sezione Civile della Suprema Corte, Giudice relatore dott. Scarpa, a richiedere l'intervento delle Sezioni Unite.

Nell'ordinanza di remissione n. 24476 dell'1 ottobre 2019, quella Sezioni specificò, tra i vari aspetti problematici, che non è chiaro quale sia il senso «di inibire all'organo assembleare con la più grave sanzione invalidante unicamente l'adozione di deliberazioni "normative" in materia di ripartizione delle spese, aventi, cioè, ad oggetto la disciplina di esborsi eventuali e futuri, dei quali vengano fissate preventivamente le modalità di distribuzione in difformità della preesistente disciplina legale o regolamentare. D'altro canto, l'avversato distinguo tra ripartizioni di spesa errate annullabili e nulle imporrebbe una malsicura ricostruzione dell'effettivo contenuto della dichiarazione di volontà dell'assemblea, se ed in quanto limitata alla ripartizione di quella determinata spesa, mentre apparirebbe comunque indispensabile prescegliere un metodo tipologico che dia rilievo unicamente agli oggettivi effetti pregiudizievoli della delibera sulle sfere patrimoniali individuali».

Ove dovesse prevalere questo orientamento, ossia quello che non vede differenze tra errore nell'uso di un criterio di riparto e deroga dello stesso, allora tutte le delibere andrebbero annoverate nell'ambito delle decisioni derogatorie con la conseguenza che in assenza di accordo tra tutti i condòmini esse dovrebbero essere considerate insanabilmente nulle e quindi impugnabili in qualunque momento.

Unico limite: la prescrizione decennale dell'azione di restituzione dell'indebito.

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